Responsabile del procedimento e RUP: un doppio modello di azione amministrativa
Avevamo pubblicato il 18 aprile l’articolo di Luigi Oliveri “Appalti: il Rup non ha funzioni dirigenziali né il codice disegna un modello "parallelo" e diver...
Avevamo pubblicato il 18 aprile l’articolo di Luigi Oliveri “Appalti: il Rup non ha funzioni dirigenziali né il codice disegna un modello "parallelo" e diverso” a proposito delle riflessioni di Stefano Usai espresse nell’articolo: “Responsabile del procedimento e RUP: un doppio modello di azione amministrativa”, in Urbanistica e appalti 2/2018, ed. Ipsoa ed arriva oggi la replica di Stefano Usai, appunto sui poteri del RUP.
Riportiamo, qui di seguito, integralmente, la risposta di Stefano Usai.
“Ringrazio, in premessa, il direttore della pregevolissima rivista, Arch. Paolo Oreto per la possibilità di una brevissima replica all’autorevole articolo di L. Oliveri “Appalti: il Rup non ha funzioni dirigenziali né il codice disegna un modello "parallelo" e diverso” a proposito delle riflessioni, di chi scrive, espresse nell’articolo: “Responsabile del procedimento e RUP: un doppio modello di azione amministrativa”, in Urbanistica e appalti 2/2018, ed. Ipsoa (ed amplius nel volume “Il RUP negli appalti” Maggioli).
Semplificando, la questione, “messa in campo” più che da un già complicato codice, dalle linee guida n. 3 (sul RUP) e dai bandi tipo dell’ANAC, è quella delle prerogative del RUP (diverso dal dirigente/responsabile del servizio) nell’ambito del procedimento contrattuale ed in particolare, della supposta competenza (secondo l’ANAC) ad adottare i provvedimenti definitivi “intermedi” quali l’esclusione per carenza formale della documentazione presentata, per mancata o inadeguata risposta al soccorso istruttorio integrativo ed infine per anomalia dell’offerta (o per altri vizi rilevati dalla commissione di gara nel caso di aggiudicazione con il multicriterio).
Le linee guida ANAC n. 3 (ma anche i bandi tipo) affidano la prerogativa in parola al RUP tenuto, nell’ambito del microprocedimento di verifica formale (che può essere variamente articolato dalla stazione appaltante), ad adottare i provvedimenti “conclusivi” – si direbbe, in senso lato, infraprocedimentali - di queste (micro)fasi e quindi anche delle esclusioni.
Per essere più chiari, del riscontro formale della documentazione può occuparsi il RUP, un seggio apposito o un ufficio della stazione appaltante ma i provvedimenti conclusivi (es. le esclusioni) sono di competenza del RUP (in questo senso le linee guida ANAC n. 3)
Questa previsione - da parte dell’ANAC non facilmente leggibile però dalle norme codicistiche - non può che essere letta, a sommesso parere, affinché il sistema possa funzionare, come introduzione di un nuovo modello di procedimento amministrativo parallelo e non in deroga a quanto previsto dall’articolo 6 della legge 241/90 (che invece, come noto, attribuisce la competenza sull’adozione del provvedimento definitivo al soggetto che ne abbia la competenza ovvero che disponga di poteri gestionali e, quindi, coincida con il responsabile del servizio).
Nel caso del procedimento contrattuale, pertanto, il RUP pur non dirigente dovrebbe adottare i provvedimenti di esclusione.
Tale prerogativa - e fondatezza della posizione espressa dall’ANAC - trova ora una prima e chiara conferma con la sentenza del Tar Veneto, Venezia, sez. I, del 27 giugno 2018 n. 695.
Il giudice, abbastanza sicuro, puntualizza che “la giurisprudenza amministrativa attribuisce alle disposizioni dell’articolo 31 del codice dei contratti (ed in particolare il comma 3) un significato più ampio rispetto alla (quasi) omologa disposizione contenuta nel previgente art. 10, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.
La previsione del nuovo codice, in sostanza, “delinea la competenza del responsabile unico del procedimento (RUP) (…) che si estende anche all’adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara, secondo un orientamento che il Consiglio di Stato ha definito “pacifico” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 19 giugno 2017, n. 2983)”.
Questo approdo della giurisprudenza esplicherebbe la volontà del legislatore - espressa nella disposizione di cui all’articolo 31, comma 3 -, di identificare nel responsabile unico del procedimento il dominus della procedura di gara, in quanto titolare di tutti i compiti prescritti, “salve specifiche competenze affidate ad altri soggetti”.
Il nuovo codice, pertanto, conferma e rimarca “l’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica”.
Queste conclusioni, prosegue il giudice, risultano “corroborate” dalle stesse indicazioni dell’ANAC declinate nelle linee guida n. 3 dedicate ai compiti del RUP.
Nel documento - come detto sopra -, infatti, si chiarisce che “il controllo della documentazione amministrativa è svolto dal RUP, da un seggio di gara istituito ad hoc oppure, se presente nell’organico della stazione appaltante, da un apposito ufficio/servizio a ciò deputato, sulla base delle disposizioni organizzative proprie della stazione appaltante. In ogni caso il RUP esercita una funzione di coordinamento e controllo, finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento delle procedure e adotta le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate”.
La stazione appaltante potrebbe decidere diversamente ma è costretta ad indicarlo nella legge di gara. Questo secondo il giudice, anche se lo stesso puntualizza che le Linee guida n. 3 sono da intendersi come vincolanti non lasciando “poteri valutativi nella fase di attuazione alle amministrazioni e agli enti aggiudicatori, che sono obbligati a darvi concreta attuazione”.
Affermazione, pertanto, che sembra contraddire la precedente e la stessa possibilità di “deroga”.
In ogni caso, nel silenzio della legge di gara i provvedimenti definitivi “intermedi” sono di competenza del RUP e non del dirigente/responsabile del servizio.”
A cura di Redazione LavoriPubblici.it