Crollo Ponte Morandi e Ricostruzione: Renzo Piano SI, Renzo Piano NO
“Ancora una volta l’architetto e senatore a vita Renzo Piano ha colpito nel segno, considerando elemento imprescindibile della sua “idea di ponte” - da lui d...
“Ancora una volta l’architetto e senatore a vita Renzo Piano ha colpito nel segno, considerando elemento imprescindibile della sua “idea di ponte” - da lui donata alla città di Genova - la rigenerazione dell’intera area della Val Polcevera, di grandissima importanza, anche se sostanzialmente periferica ma strategica per la città, in un’ottica di un suo rinnovamento economico, tecnologico, sociale oltre che culturale".
Queste le parole di Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, all'indomani dell'idea offerta da Renzo Piano e consegnata al commissario per l'emergenza e governatore ligure Giovanni Toti, di realizzare un nuovo ponte privo di stralli ma con una struttura semplice sostenuta interamente da 43 piloni che rappresenterebbero le vittime del crollo del ponte Morandi.
Un'idea piaciuta al Consiglio Nazionale degli Architetti che ha voluto ringraziare e fare un plauso a Renzo Piano. "Un grazie particolare a Renzo Piano - continua Cappochin - per aver sottolineato l’importanza che il progetto di rigenerazione venga attuato mediante concorsi di progettazione, aprendoli ai giovani e offrendo ai talenti la possibilità di emergere; concorsi di progettazione che dovranno essere in due gradi, aperti, in quanto unica modalità, questa, per rispondere ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e per selezionare il progetto migliore, garantendo al gruppo vincitore l’incarico degli altri livelli della progettazione, della direzione lavori o, quanto meno, della direzione artistica”.
Nel suo intervento, Cappochin ha ricordato uno dei temi centrali del recente VIII Congresso Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani “Abitare il Paese – Città e Territori del Futuro Prossimo”, ossia l’esigenza strategica di “costruire sul costruito” e di trasformare le periferie degradate in pezzi di città policentrica, chiedendo con forza al nuovo governo l’elaborazione di un “Piano di Azione Nazionale per le città sostenibili” accompagnato da un programma decennale di finanziamento strutturale per la progettazione e l’attuazione di interventi che, in forma coerente ed integrata, siano finalizzati ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Un programma che anziché disperdere risorse a pioggia, in mille rivoli, le concentri in progetti integrati, esemplari in termini di eccellenza ambientale, architettonica e di innovazione, riproducibili in diversi contesti”.
“L’auspicio del Consiglio Nazionale degli Architetti PPC - ha concluso Cappochin - è che l’immensa tragedia che ha colpito Genova possa diventare, attraverso una esemplare rigenerazione dell’area della Val Polcevera, non solo occasione di riscatto della città, ma anche un modello di riferimento per l’elaborazione del “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”.
Le parole di Cappochin sono seguite a quelle del Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti che ha commentato: "Per un volta possiamo farla semplice. Autostrade apre il cantiere e paga il conto. Fincantieri costruisce il ponte (se serve con altre primarie imprese necessarie per il loro know-how). Renzo Piano regala a Genova il disegno di un ponte bellissimo. Così, senza polemiche, la città può riavere in fretta un’opera indispensabile, sicura e meravigliosa. Così si onora davvero chi ha perso la vita". Parole che in realtà non dovrebbero piacere al mondo delle professioni tecniche perché lancerebbero messaggi chiari e limpidi verso una fase progettuale che dovrebbe limitarsi a fornire un "disegnino" del ponte...cosa che tutti sappiamo non corrisponde a verità.
La reazione della "rete"
Non si è fatta attendere la reazione del popolo dei social che si è spaccato in due tra chi ha apprezzato le dichiarazioni di Renzo Piano che da genovese si è subito messo a disposizione della sua città e chi invece ne ha contestato la gratuità (dannosa e pericolosa in un momento storico in cui la professione tecnica ha perso qualsiasi valore agli occhi della gente) e il pressappochismo molto simile a quando successivamente al terremoto di Amatrice aveva proposto "dieci prototipi che coprano tutte le tipologie costruttive, vecchie e recenti, dieci abitazioni che abbiano la funzione di modello per i futuri interventi" e "cantieri leggeri che permettano i lavori senza dover mandare via le famiglie", proposte che avevano avuto l'unico obiettivo di far salire il nome di Renzo Piano alla ribalta di tutti i media ma che nella pratica non hanno avuto alcun risvolto.
Sull'argomento riportiamo il commento dell'Architetto Giuseppe Scannella che riteniamo abbia colto il vero senso della proposta di Renzo Piano e che vi invitiamo a leggere.
L’INCONTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE (PIANO)
Non sono passate che poche settimane da quando, da varie
parti, si commentava l’assenza dell’architetto-senatore all’VIII
Congresso nazionale degli architetti che, purtroppo causa il
disastro del Morandi, Piano riconquista la scena del dibattito
mediatico.
Piano è genovese, un segno identitario che non ha perso mai
occasione di evidenziare, ed è comprensibile che, di fronte ad un
evento di tali proporzioni come il crollo del ponte, abbia sentito
la necessità di dare, a modo suo, un contributo. Inoltre è anche
senatore e lui stesso ha dichiarato che, anche per questa sua
carica, non ha potuto tirarsi indietro. Credo che si possa
concedere a Piano il fatto che ami la sua città e si sia sentito in
dovere di dare un contributo! Ha dovuto e voluto farsi promotore di
quello che i media e gli osservatori meno accorti hanno fatto
passare per il “progetto del nuovo ponte” quando, ad una lettura
più attenta (e più verosimile) si tratterebbe di una idea (forse
delle linee guida) sul riassetto infrastrutturale della città in
cui un nuovo attraversamento aereo è parte fondamentale; e lo
stesso Piano ci dice, a più riprese anche con interviste rilasciate
prima della consegna del plastico in Regione (ha battuto sui tempi
persino Bruno Vespa - chiosa qualcuno) quale secondo lui dovrebbe
essere il mood - lo spirito guida - del nuovo ponte: la memoria
dell’infrastruttura, la memoria della tragedia, l’eleganza delle
forme collegata allo spirito austero dei genoves... insomma una
serie di valori etici da rendere intimamente connessi alla
tecnologia costruttiva e funzionale. D’altronde - dice lo stesso
Piano - il ponte lo costruiscono gli ingegneri! ma il ponte è anche
“metafora” e prendo a prestito una citazione di Enzo Siviero che è
attualmente uno dei massimi esperti italiani di ponti.
Ciò però non ha impedito il nascere di dubbi e qualche
accenno polemico (tralascio il livore da tastiera dei tanti
#coraggiosi di FB) su alcuni aspetti della questione.
La più rilevante credo sia che questo autoproporsi non è in linea
con quanto la comunità professionale sostiene - da tempo - circa la
necessità di ricorrere al sistema concorso quando si parla di opere
importanti; è stato fatto notare che, così facendo, Piano, sembra
aver messo il cappello su una “sedia” precedendo tutti gli altri.
C’è anche la lunga polemica legata alla resa di prestazioni
gratuite, un malcostume tutto italiano nel nostro campo, dove -
solo per il nostro lavoro di architetti - anche bottegai e
commercianti si permettono di pubblicizzare che “l’architetto te lo
regaliamo noi” o, ancora oggi, Amministrazioni pubbliche chiedono
gravose prestazioni professionali a compenso zero. Se anche Piano
“regala” la sua opera è chiaro che a chi conduce sacrosante
battaglie contro lo svilimento della professione ciò possa non
piacere. Luigi Prestinenza Puglisi, non sbagliando, nota che un
personaggio come Piano, architetto di fama mondiale e anche
senatore, dovrebbe impegnarsi per sostenere la proposta di una
Legge sull’Architettura che, in questo campo, sarebbe anch’essa un
sistema infrastrutturale di ordine generale per rigenerare
l’esausto Bel Paese… c’è altro, ovviamente, ma sarebbe troppo lungo
attardarvisi.
La questione però, a mio avviso, ha altre possibili chiavi di
lettura.
Intanto, per una intera giornata, su tutti i media, si è
parlato di architettura e - attraverso Piano - del contributo che
la figura professionale può dare nella rigenerazione del Paese
anche in tema di infrastrutture. Tutti i TG, i giornali di ogni
foggia e dimensione, hanno dato spazio e tempi alla questione ponte
dal punto di vista progettuale almeno paragonabile a quello
giudiziario e sensazionalistico oscurando le, chiamiamole così,
imprudenze governative. Poi, Piano è un genio (non è un’opinione ma
un dato di fatto) ed è sciocco pensare di confinare il “genio”
all’interno di regole, codici e codicilli, che valgono nella
quotidianità mediocre alla quale siamo costretti. E’ un genio anche
nelle scelte comunicative e ciò si abbina ad una piccola (direi
fisiologica nel nostro campo) propensione all’esaltazione dell’ego
personale, cui si può forse legare il tema del “dono” non casuale
nell’opera dell’ultimo Piano, di RPBW e della Fondazione collegata:
piano periferie, G124, la scuola innovativa, l’ospedale modello, il
porto di Genova, il dov’era com’era e i cantieri leggeri per il
cratere sismico di due anni fa… dimentico sicuramente qualcosa. In
ultimo, c’è la voglia, più volte dichiarata, di trasmettere il
proprio sapere - l’architetto/senatore ben sa di sapere - voglia
che credo sia rafforzata da ineluttabili ragioni d’età, anche se
quella intellettuale, nel suo caso, è quella di un “giovane
entusiasta”; che non dimentica come l’Accademia per lungo tempo
l’abbia sottovalutato se non avversato e a cui risponde creando da
se stesso una “scuola” , cui tutti possono accedere anche se non
interagirvi.
Credo che allora, facendo un bilancio tra quello che l’opera di
Piano ha restituito alla figura dell’architetto italiano e i
“regali” o le piccole manifestazioni di ego personale, si possa
accettare che -da genovese uomo di mare che ritorna sempre al porto
dal quale è partito- abbia voluto dire la sua, da par suo, per la
sua città; magari non smettendo di sollecitarlo a spendere una
parte del suo tempo “senatoriale” nel sostegno alla Legge
sull’Architettura” ma, tuttavia, senza considerarlo l’uomo che-da
solo-può e deve salvare la professione in Italia.
Ringraziamo l'arch. Scannella per il prezioso contributo e lasciamo a voi ogni commento.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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