Previdenza Architetti e Ingegneri: contributo Inarcassa solo in caso di utilizzo del titolo
Architetti e ingegneri devono pagare il contributo previdenziale ad Inarcassa solo per le attività professionali per le quali si utilizzano le cognizioni pos...
Architetti e ingegneri devono pagare il contributo previdenziale ad Inarcassa solo per le attività professionali per le quali si utilizzano le cognizioni possedute in ragione del titolo conseguito.
Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 20389 dell'1 agosto 2018, interpellata nuovamente sul tema della contribuzione alla Cassa di Previdenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti.
In particolare, gli ermellini hanno chiarito che in tema di previdenza di ingegneri e architetti, l'imponibile contributivo va determinato alla stregua dell'oggettiva riconducibilità alla professione dell'attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima, rilevando che le cognizioni tecniche di cui dispone il professionista influiscono sull'esercizio dell'attività. L'art. 21 della legge n. 6/1981 stabilisce unicamente che l'iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera professione con carattere di continuità. Ai fini dell'iscrizione, va valutata l'attività svolta e l'utilizzo delle cognizioni possedute in ragione del titolo conseguito.
Nel caso di specie, in primo grado la corte territoriale aveva rilevato che l'attività svolta dal contribuente, in possesso di laurea in ingegneria nucleare, era connotata dalla sua prevalente operatività delle strategie di marketing, quindi estranea all'ambito della "riserva" della categoria professionale. Escludeva quindi ogni nesso di riferibilità tra l'attività svolta ed il bagaglio culturale tipico del titolo professionale acquisito e riteneva conseguentemente non dovuti i contributi invece richiesti da Inarcassa (che ha proposto ricorso in cassazione).
La Suprema Corte ha confermato che ai fini dell'iscrizione ad Inarcassa è necessario valutare l'attività svolta e il suo nesso con il bagaglio professionale acquisito nel corso degli studi dal professionista ed eventualmente l'utilizzo delle cognizioni possedute in ragione del titolo conseguito. Nel caso in esame, alcun effetto deve attribuirsi alla circostanza che il contribuente fosse ingegnere, dovendosi invece valutare l'attività concreta svolta dallo stesso. In particolare il possesso di una laurea in ingegneria nucleare ed il bagaglio culturale a ciò conseguente, risultano elementi estranei alla concreta attività di analisi marketing in quanto non riconoscibili nella attività svolta. Si è quindi escluso lo "speciale contributo fornito dal professionista" in ragione delle sue specifiche competente legate al titolo posseduto, anche in settori tradizionalmente estranei alla struttura formativa del professionista, tale quindi da influire direttamente nell'attività svolta e da connotarla significativamente.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 1 agosto 2018, n. 20389