Lavori domestici, il proprietario è responsabile della sicurezza dei lavoratori?
Quante volte ci sarà capitato di chiamare un'impresa per dei piccoli lavori di manutenzione ordinaria del nostro appartamento o per la pitturazione di un mur...
Quante volte ci sarà capitato di chiamare un'impresa per dei piccoli lavori di manutenzione ordinaria del nostro appartamento o per la pitturazione di un muro? certamente molte, ma ci siamo mai posti la domanda su a chi spetta il compito di mettere in sicurezza l'area dove insistono i lavori o di chi è la responsabilità in caso di infortunio o peggio morte dell'esecutore dell'opera?
A rispondere a queste domande ci ha pensato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 40922 del 23 maggio 2018 con la quale ha respinto il ricorso presentato per l'annullamento di una decisione di appello che aveva ritenuto responsabile e condannato al reato di omicidio colposo (art. 589 del codice penale) la ricorrente perché in qualità di committente dei lavori di pitturazione degli esterni di un villino di sua proprietà, assumendo di fatto la veste di datore di lavoro, impartendo direttive, mettendo a disposizione attrezzature e materiali, ometteva di procedere alla valutazione dei rischi ed all'organizzazione delle opere eseguite nel cantiere e di adottare le misure protettive atte a prevenire situazioni di pericolo, quali quelle della caduta nel vuoto, nonché di provvedere alla verifica al controllo dell'osservanza degli obblighi di prevenzione, cagionando la morte dell'appaltatore del lavori, il quale intento completare la pittura della parte esterna dell'immobile, trovandosi a lavorare sul pavimento esterno, che costituiva solaio di copertura di uno scantinato, provvisto di una luce precariamente coperta con un pannello di polipan (polistirolo), precipitava nel vuoto procurandosi ferite mortali.
Gli ermellini, dopo una analisi della sentenza di appello e la definizione del quadro normativo di riferimento e della giurisprudenza in merito, hanno confermato che, pur dovendosi escludere che incomba sul committente (ancor più su un committente "non professionale come quello che appalta lavori di tipo domestico, quali ristrutturazioni, pitturazione, ecc.) un onere di vigilanza continua sullo svolgimento delle opere, il medesimo, in assenza della redazione di un documento di valutazione dei rischi (DVR) o della nomina di un responsabile dei lavori cui sia conferito anche il compito di realizzare la sicurezza del cantiere prima della realizzazione delle opere, ha l'onere di mettere l'appaltatore nella condizione di operare in sicurezza.
Dunque, in assenza di un DVR, non avendo nominato un responsabile dei lavori il compito di realizzare la sicurezza del cantiere prima della realizzazione delle opere e nel caso in cui l'oggetto dell'incarico non includa la messa in sicurezza dei luoghi sui quali insisterà il cantiere, così da consegnarlo agli esecutori scevro da ogni pericolo, il committente anche nel caso di minimi interventi consistenti nella pitturazione di un'abitazione è totalmente responsabile della sicurezza e deve provvedere all'eliminazione di qualsiasi pericolo prima dell'inizio dell'attività, in modo da consentire a colui al quale sia affidata l'esecuzione delle opere di assumersi i rischi propri delle lavorazioni e non i rischi derivanti dalla conformazione dei luoghi.
Nel caso di specie, la ricorrente non ha provveduto a chiudere il lucernaio, posto sul camminamento, in modo tale da non consentire la rimozione della protezione e così la caduta dall'alto, prima di consegnare i luoghi all'appaltatore, né ha conferito espressamente al defunto, cui aveva affidato le opere di imbiancatura degli esterni del villino, l'incarico di provvedere a tutti gli incombenti necessari per la piena messa in sicurezza dei luoghi, prima dell'inizio dei lavori. Non rileva neanche il comportamento imprudente del lavoratore che doveva essere previsto in fase di valutazione del rischio.
Con questa motivazione la Cassazione ha rigettato il ricorso.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 23 maggio 2018, n. 40922