Il Perito Industriale laureato in Europa è già l’Industrial Engineer
“L’Italia si uniformi al sistema professionale europeo, classificando il Perito Industriale laureato con un’unica denominazione professionale che ne permetta...
“L’Italia si uniformi al sistema professionale europeo, classificando il Perito Industriale laureato con un’unica denominazione professionale che ne permetta una più semplice e univoca riconoscibilità: Ingegnere Industriale”.
In una dichiarazione il presidente del Consiglio nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali laureati Claudio Guasco sintetizza la posizione della categoria all’indomani del dibattito relativo all’ipotesi di modificare il nome di Perito Industriale laureato libero professionista, che rappresenta l’occasione per fare chiarezza su una questione spinosa da sempre dibattuta, ma mai davvero affrontata. La necessità non è solo di qualificare al meglio il professionista che eserciti attività tipiche, ma anche di offrire al cittadino un quadro chiaro su quale sia il profilo - in questo modo correttamente individuato - corrispondente alle sue necessità di servizi sempre più specializzati.
Il punto di partenza é solo apparentemente semplice: nel nostro paese culturalmente si confonde, da sempre, il titolo formativo con il titolo professionale, rischiando una sovrapposizione lessicale che trascina dietro di sé due figure diverse. La prima, quella del tecnico, necessario e indispensabile al mondo industriale e della produzione. La seconda, quella del libero professionista, storicamente e direttamente collegata al titolo professionale del Perito Industriale laureato iscritto all’albo con tutte le garanzie e i controlli che la legge gli attribuisce (esame di stato, formazione continua, deontologia, controllo disciplinare, tirocinio, obbligo di assicurazione di R.C. professionale).
La confusione deriva dal fatto che le due figure, pur svolgendo attività differenti, sono state legate fino ad ora a un comune percorso formativo e a una conseguente univoca denominazione. Percorso formativo ora profondamente mutato da due passaggi legislativi: la riforma dell’istruzione tecnica voluta dall’ex-ministro Gelmini che ha fatto perdere la tradizionale corrispondenza tra titolo formativo e titolo professionale, e la legge 89 del 2016 che impone una laurea almeno triennale per l’accesso all’albo dei Periti Industriali e dei Periti Industriali laureati. Gli stessi laureati che, secondo il dpr 328 del 2001, possono iscriversi anche alla sezione B dell’ordine degli ingegneri con il titolo professionale di ingegnere iunior. Un’anomalia tutta italiana che per quasi un ventennio ha discriminato coloro che con una laurea triennale si sono iscritti all’albo dei periti industriali laureati, rispetto a quelli che, a parità di titolo formativo, potevano accedere alle sezioni B degli ingegneri.
Se quindi è vero che l’evoluzione legislativa - l’obbligo della laurea triennale e, prima ancora, la necessità di maturare il tirocinio - imponga una diversa identificazione del libero professionista, é altrettanto vero che l’esigenza della categoria di rinnovarsi linguisticamente in un titolo professionale più riconoscibile, sia direttamente legata a quell’evoluzione tecnologica che da sempre accompagna lo sviluppo della professione e oggi ancora più urgente per una professione che intende volgere lo sguardo alle dinamiche europee.
Non si tratta certo di una difesa corporativa, né tanto meno di attribuire al perito industriale maggiori o diverse competenze, si tratta piuttosto di rendere il libero professionista italiano uguale al suo omologo europeo che, a parità di formazione, esercita la stessa attività.
Del resto in Europa il professionista tecnico con formazione regolamentata, ai sensi della vigente Direttiva 55/2013/UE, possiede una denominazione simile e facilmente riconoscibile, anche in via semantica, a differenza di quanto accade per la riconoscibilità del titolo professionale italiano di “perito industriale laureato”. Basti pensare, a titolo esemplificativo, che in Germania, il Professionista tecnico in area ingegneristica, omologo della professione italiana di perito industriale laureato, viene denominato “Diplom-Ingenieur”, in Gran Bretagna “Incorporated Engineer”, in Spagna “Ingeniero Tecnico” (originariamente “Perito Industrial”), in Grecia “Ingegnere Tecnico”. Tali titoli professionali, pur in presenza di differenze linguistiche locali, sono tanto simili tra loro quanto estremamente differenti dalla denominazione del “Perito Industriale Laureato”, nonostante questi professionisti abbiano la medesima formazione regolamentata e qualificazione professionale.
“Il cambio del titolo professionale per i soli laureati che, a norma della legge 89/2016, si iscriveranno all’ordine dei Periti Industriali laureati”, ha spiegato il presidente del Cnpi Claudio Guasco “diventerebbe così garanzia di riconoscibilità e identificazione del professionista che ha un determinato livello di formazione (laurea triennale), ma soprattutto le stesse competenze professionali. Alla luce di tutto questo è evidente l’urgenza di aprire un tavolo di confronto per una riflessione consapevole e informata su una questione che va al di là del mero cambio di denominazione. Coinvolgendo istituzioni vigilanti, industria e parti sociali”.
A cura di Ufficio Stampa CNPI