Reati edilizi e Responsabilità abusi: nuovi chiarimenti della Cassazione
In tema di reati edilizi, chi è responsabile dell'abuso?A rispondere a questa domanda ci ha pensato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 19225/2...
In tema di reati edilizi, chi è responsabile dell'abuso?A rispondere a questa domanda ci ha pensato la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 19225/2019 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per la riforma di una sentenza di appello che aveva dichiarato gli attuali ricorrenti responsabili dei reati di cui agli articoli 44, comma 1, lettera c), 83,95 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia) e 181 comma 1 bis del D.Lg. n. 42/2004 (c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio), per avere abusivamente realizzato, nelle rispettive qualità di proprietaria e committente, un manufatto di circa mq 80.
In Cassazione la proprietaria del terreno dove era stato perpetuato l'abuso edilizio ha contestato la sentenza di appello, lamentando che la condanna si era basata esclusivamente sul titolo di proprietaria del terreno ove erano state realizzate le opere abusive e che non poteva assumere valore probatorio il legame di parentela che la legava all'esecutore materiale delle opere presente sul terreno al momento del sequestro del manufatto.
Gli ermellini hanno chiarito, sulla base di una giurisprudenza ormai consolidata, che in tema di reati edilizi, l'individuazione del proprietario non committente quale soggetto responsabile dell'abuso edilizio può essere desunta da elementi oggettivi di natura indiziaria della compartecipazione, anche morale, alla realizzazione del manufatto, come:
- la piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo;
- l'interesse specifico ad edificare la nuova costruzione;
- i rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario;
- la presenza del proprietario "in loco";
- lo svolgimento di attività di vigilanza nell'esecuzione dei lavori;
- il regime patrimoniale dei coniugi.
Inoltre, grava sull'interessato l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà. Cosa che nel caso di specie non è avvenuta.
Altra contestazione ha riguardato la responsabilità per il contestato reato paesaggistico, non avendo la Corte territoriale motivato in ordine alla effettiva lesione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.
Anche in questo caso la Cassazione ha respinto la doglianza rilevando che quello contemplato dall'art. 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, è un reato formale e di pericolo che si perfeziona, indipendentemente dal danno arrecato al paesaggio, con la semplice esecuzione di interventi non autorizzati idonei ad incidere negativamente sull'originario assetto dei luoghi sottoposti a protezione.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
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