Sblocca Cantieri, Decreto Crescita e Codice dei contratti: il punto di vista di Gabriele Buia (Ance)
Mentre sta per scadere il tempo previsto per l'approvazione degli emendamenti al D.L. n. 32/2019 (c.d. Decreto Sblocca Cantieri) e l'esame per la conversione...
Mentre sta per scadere il tempo previsto per l'approvazione degli emendamenti al D.L. n. 32/2019 (c.d. Decreto Sblocca Cantieri) e l'esame per la conversione del D.L. n. 34/2019 (c.d. Decreto Crescita) procede la sua corsa in commissioni Bilancio e Finanze della Camera, ho avuto modo di ascoltare il punto di vista del Presidente dell'Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), Gabriele Buia.
La nostra attenzione si è focalizzata, naturalmente, sulle modifiche introdotte al Codice dei contratti dallo Sblocca Cantieri e sul futuro del D.Lgs. n. 50/2016, ma abbiamo anche parlato delle principali disposizioni previste dal Decreto Crescita, dei rapporti tra Ance e l'attuale esecutivo e della mobilitazione civile #Bloccadegrado.
Di seguito l'intervista completa.
1. Legge di conversione del D.L. n. 32/2019 (c.d. Sblocca Cantieri): proporrete modifiche? Quali?
Fra le varie proposte di modifica, è essenziale migliorare la qualificazione delle imprese, per garantire la par condicio nella competizione e tutelare l’interesse pubblico a vedere opere concluse e non solo appaltate. In questo ambito è necessario che in sede Soa, accanto al fatturato, siano previsti criteri di natura qualitativa e reputazionale. Inoltre, al di sopra di certi importi, è necessario attestare la solidità patrimoniale e finanziaria dell’impresa, prevedendo indici di bilancio aggiuntivi e non sostitutivi rispetto al fatturato minimo richiesto. Sul piano industriale, poi, non ci si può affidare a decisioni che, di volta in volta, siano rimesse alla discrezionalità degli enti appaltanti, perché è impossibile modificare l’organizzazione d’impresa da un giorno all’altro, o da un lavoro all’altro. Occorre, pertanto, intervenire sull’istituto del subappalto, per allinearlo alla disciplina comunitaria, come ci chiede l’Europa. Il decreto sbloccacantieri, invero, non prevede un pieno superamento dei rilievi evidenziati nella procedura di infrazione al Codice avviata lo scorso gennaio, rilievi che devono essere risolti, per rendere il subappalto effettivo strumento di crescita per le pmi.
Altro tema è quello della crisi d’impresa, che ormai dilaga nel settore delle infrastrutture, producendo effetti fortemente distorsivi nel mercato. Il decreto sbloccacantieri è intervenuto solo parzialmente sul tema, vietando la partecipazione alle gare delle imprese fallite. Sul piano della prevalenza degli interessi della collettività, occorre invece avviare una seria riflessione sulla necessità di allineare la legge fallimentare, nel momento in cui si parla di risorse pubbliche e interessi generalizzati, a quanto in essere nel resto del mondo. Occorre quindi procedere senz’altro all’esclusione diretta delle imprese inadempienti dalla realizzazione delle opere, ancorché questo inadempimento sia dovuto a difficoltà economiche che abbiano indotto tali imprese ad accedere a procedure concorsuali di qualsiasi genere. Inoltre, non appaiono condivisibili le modifiche apportate al cosiddetto “sistema antiturbativa”, che non sembrano garantire adeguatamente l’obiettivo di rendere non predeterminabile la soglia di anomalia. Ad avviso di Ance, il metodo “antiturbativa” va quindi rivisto rispetto a quello attuale, sulla base dei seguenti criteri: 1) mantenere l’attuale alternativa tra più e diversi possibili metodi matematici, aumentando gli elementi di variabilità, per impedire eventuali condizionamenti; 2) eliminare il “sorteggio in gara” del sistema matematico da applicare - che potrebbe prestare il fianco a situazioni distorsive - e rendere la sua scelta automatica; 3) puntare su metodi equilibrati, che, da un lato, evitino situazioni di eccessivo ribasso, e, dall’altro lato, non precludano la presentazione di offerte economicamente convenienti anche per l’amministrazione.
Negativa, poi, appare la scelta di sopprimere il limite del 30 per cento, al punteggio massimo attribuibile all’elemento prezzo. Tale limitazione, infatti, rispondeva all’esigenza di evitare che, attraverso una eccessiva valorizzazione della componente economica, l’offerta economicamente più vantaggiosa possa trasformarsi, di fatto, in un massimo ribasso “mascherato”. Per la medesima ragione, ad avviso di Ance, la valutazione della componente prezzo andrebbe effettuata utilizzando metodi di calcolo che consentano di contenere la rilevanza dei ribassi.
2. Nelle more della definizione della legge delega per la contro riforma del D.Lgs. n. 50/2016, ritenete possa essere utile un nuovo decreto legge che modifichi ulteriormente il Codice? Se sì, su quali disposizioni proverete ad intervenire?
Abbiamo sempre creduto che, in attesa della riforma complessiva del Codice, occorresse un provvedimento urgente, in grado di far ripartire i lavori pubblici. Si può quindi esprimere apprezzamento per l’approvazione dei decreti-legge “sbloccacantieri” e “crescita” che, insieme al recente Documento di Economia e Finanza, rappresentano, finalmente, un primo segno tangibile della volontà di mettere il settore delle costruzioni al centro dell’agenda politica ed economica del Paese. Allo stesso tempo, ci sono preoccupazioni rispetto alle misure finora adottate, che rischiano di essere insufficienti per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il decreto, infatti, non risolve alla radice le grandi criticità che impediscono il rapido utilizzo delle risorse stanziate e rappresenta più un correttivo all’attuale Codice degli appalti che un provvedimento “sbloccacantieri”. Mancano interventi sui processi autorizzativi dei progetti, sulle autorizzazioni ministeriali, mancano tempi perentori per ogni fase decisionale e per il trasferimento delle risorse, al fine di ridurre drasticamente i tempi morti, quelli che la Presidenza del Consiglio chiama “tempi di attraversamento” e che raddoppiano i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia.
I gravi ritardi accumulati dalla P.A. nella manutenzione delle opere presenti sul territorio sono invece diventati l’alibi per replicare sempre e ovunque un modello capace di bypassare qualsiasi regola. E’ necessario velocizzare la fase a monte della gara, non sacrificare i principi di correttezza, trasparenza, concorrenza e legalità, istituzionalizzando il super-commissario “modello Genova” che può derogare a tutte le procedure di appalto previste dal Codice. In secondo luogo, occorre superare la sindrome del “blocco della firma”, che attanaglia la pubblica amministrazione. Inoltre, si dovrebbero prevedere misure stringenti per porre fine alla cosiddetta “burocrazia difensiva”.
In questo senso, sarebbe opportuna anzitutto una rivisitazione del reato di abuso di ufficio, affinché smetta di essere più conveniente il “non fare” rispetto al “fare”. Infine, occorre cogliere l’occasione per ridisegnare la responsabilità erariale dei pubblici funzionari, ad esempio attraverso la tipizzazione delle presunzioni di assenza di colpa grave (ed escludendola in ogni caso, in presenza di sentenze riformate tra vari gradi di giudizio, e comunque ogni volta che il pubblico funzionario dia specificamente conto, nella sua decisione, di aver agito in adempimento di circolari, linee guida, bandi tipo Mit/Anac o sentenze); ciò fatto salvo che la Corte dei Conti dimostri la mala fede o il dolo.
Anche le modifiche apportate in tema di procedure negoziate non appaiono condivisibili, in quanto non consentono, a nostro avviso, di risolvere le reali criticità connesse a queste procedure. In primo luogo, non è stato sancito il divieto di ricorrere al “sorteggio” degli invitati, che è una pratica, purtroppo, diffusa tra le amministrazioni e fortemente distorsiva per il mercato. Essa, infatti, svilisce la qualificazione posseduta dagli operatori, impedisce di organizzare adeguatamente l’attività d’impresa e determina, spesso, scarsa partecipazione alla procedura, per mancato interesse dei soggetti sorteggiati.
La possibilità di invertire l’ordine di apertura delle offerte e di verifica dei requisiti, se anche potrebbe costituire una forma di snellimento procedurale, non appare opportuna, perché non dà sufficienti garanzie rispetto al verificarsi di potenziali fenomeni distorsivi, derivanti dalla partecipazione alla gara di soggetti non adeguatamente qualificati. Si pensi, infatti, che la modifica in oggetto sembra collocare la verifica “a campione” sui concorrenti nella fase finale della procedura, dopo l’aggiudicazione provvisoria, contestualmente alla verifica dell’aggiudicatario. Altra grave criticità, infine, la ravvisiamo nella disposizione del dl 32/2019 che prevede la possibilità, per la stazione appaltante, di escludere un concorrente qualora sia in grado di dimostrare adeguatamente l’esistenza di violazioni tributarie e contributive, anche se non definitivamente accertate.
3. Il Decreto Crescita ha soddisfatto le vostre aspettative?
Solo in parte. Insieme allo sbloccacantieri, questo
provvedimento rappresenta, infatti, un primo segnale di attenzione
al settore, ma serviva una maggiore dose di coraggio.
Alcuni segnali positivi sono innegabili.
Vanno nella giusta direzione, in particolare, le disposizioni che
semplificano il prelievo fiscale per le imprese che acquistano i
fabbricati usati da demolire e ricostruire, così come quelle che
estendono anche alle zone sismiche 2 e 3 la possibilità di
usufruire del sismabonus sull’acquisto di unità immobiliari
all’interno di edifici demoliti e ricostruiti.
Molto critiche sono, invece, le nuove regole alternative alla
cessione del credito d’imposta per ecobonus e sismabonus.
Il meccanismo previsto dal decreto rischia di creare le condizioni
per un mercato oligopolistico, che favorisce le aziende
iper-capienti relegando al ruolo di subappaltatori le piccole e
medie imprese di costruzione.
4. Parliamo del Governo in carica: com'è il livello dei rapporti istituzionali?
Gli incontri e l’interlocuzione con il Governo sono costanti. Quotidianamente il nostro impegno è rivolto a sollevare temi e a proporre soluzioni utili al benessere sociale e agli interessi della collettività. Una scelta che si fonda sulla consapevolezza che lo sviluppo infrastrutturale, la rigenerazione delle città, la messa in sicurezza e la riqualificazione energetica di scuole, edifici e strutture sono una priorità non solo economica, legata alla ripartenza del settore dell’edilizia, ma un’esigenza della società intera che ha a cuore il proprio futuro. E in quanto tale meritano un ruolo di primo piano nell’agenda di Governo e nelle scelte del legislatore.
5. #Bloccadegrado è una vera e propria campagna contro la malattia di cui soffre il Paese: la burocrazia. Cosa vi aspettate da questa protesta civile?
Quella di #bloccadegrado è una mobilitazione civile aperta a tutti e non contro qualcuno. Una mobilitazione che è partita, non a caso, da Genova perché, come dicemmo già in occasione della nostra Assemblea di ottobre, “Genova è tutta l’Italia” e dobbiamo lavorare tutti insieme per fare in modo che ferite del genere non accadano mai più. Vogliamo dare un segnale forte di reazione, puntando sul coinvolgimento e la forte sinergia con la società civile, per un’azione di sensibilizzazione ancora più capillare che riguarda la vita di ciascuno di noi. Siamo convinti, infatti, che facendo sentire forte e unitaria la voce di tutto il nostro sistema riusciremo a portare all’attenzione delle istituzioni pubbliche nazionali e locali lo stato di abbandono in cui versano ampie zone delle nostre città e dei nostri territori. Per farlo abbiamo scelto dei nastri gialli: evidenziatori del degrado, che stiamo distribuendo su tutto il territorio per segnalare i tanti, troppi esempi di incuria che ci circondano. Tutte le segnalazioni saranno diffuse attraverso i canali social e raccolte su un sito, bloccadegrado.it, che alla stregua di sbloccacantieri.it è a disposizione di tutti coloro che vogliono reagire all’immobilismo del Paese.
Ringrazio per il prezioso contributo il Presidente Buia e lascio come sempre a voi ogni commento.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it