Cessione dei diritti edificatori ovvero trasferimento di cubatura - 2: Diritto privato e diritto urbanistico
Abbiamo pubblicato ieri il primo articolo sulla “cessione di cubatura” che tratta la perequazione urbanistica e la novità introdotta dal decreto-legge 13 mag...
Abbiamo pubblicato ieri il primo articolo sulla “cessione di cubatura” che tratta la perequazione urbanistica e la novità introdotta dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; in questo secondo articolo tratteremo “cessione di cubatura: diritto privato e diritto urbanistico”.
Mentre alcune amministrazioni regionali e comunali, successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 10, sono intervenute puntualmente per regolazzare dal punto di vista urbanistico il nuovo istituto della “cessione di cubatura” molte altre hanno trascurato il problema e si sono svegliate adesso per riuscire ad applicare nel proprio territorio il citato istituto.
Molti non hanno però intuito la fondamentale differenza tra “diritto privato” e “diritto urbanistico” ed è opportuno precisare che:
- dal punto di vista urbanistico la cubatura rappresenta la volumetria realizzabile su un’area determinata, così come consentita dagli strumenti urbanistici vigenti;
- dal punto di vista privatistico il contratto di trasferimento di volumetria è realizzato quando il proprietario di un’area edificabile trasferisce al proprietario di un’area vicina, ricadente nella stessa zona, la cubatura realizzabile sul proprio fondo, consentendo al cessionario di poter edificare, in deroga al proprio indice territoriale, sfruttando anche la cubatura acquisita in aggiunta a quella inerente l’area di sua proprietà.
Ma il diritto privato e, quindi, la possibilità di poter cedere la propria cubatura per esprimersi dal punto di vista privatistico ha la necessità che lo schema contrattuale diffuso nella prassi: la "cessione di cubatura", tipizzato nell’articolo 5, comma 1, lettera c) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, così come disposto dall’articolo 5, comma 3 del citato decreto-legge, sia previsto da normative statali o regionali ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.
Ebbene, sino ad ora non è stata predisposta alcuna normativa statale sulla “cessione di cubatura” dal punto di vista urbanistico ed in assenza, anche, di norme regionali, l’unica possibilità è quella che hanno utilizzato, a partire del 2011 alcune amministrazioni comunali del Nord Italia. In molti piani regolatori e regolamenti edilizi vigenti il nuovo istituto della “cessione di cubatura” è espressamente previsto e disciplinato con la possibilità che la cubatura potenzialmente spettante ad una certa area edificabile venga utilizzata su un’altra area più o meno limitrofa a condizione che abbia la stessa destinazione urbanistica.
In definitiva il presupposto logico dell’asservimento di un fondo ad un altro deve essere rinvenuto nella indifferenza, ai fini del corretto sviluppo della densità edilizia, della materiale collocazione dei fabbricati, visto che, per il rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria, assume esclusiva rilevanza il fatto che il rapporto tra area edificabile e volumetria realizzabile nella zona di riferimento, resti nei limiti fissati dal piano, risultando del tutto ininfluente l’ubicazione degli edifici all’interno del comparto.
E’ da precisare che il giudice amministrativo e la Cassazione, ancor prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 70/2011, con un costante orientamento, hanno convenuto sull’ammissibilità generale dell’istituto del trasferimento di volumetria sulla sola base dei principi generali, in presenza dei due requisiti della contiguità dei fondi e della loro omogeneità urbanistica.
Questo secondo articolo fa seguito al primo pubblicato ieri dal titolo “Cessione dei diritti edificatori ovvero trasferimento di cubatura: Un pasticcio all’Italiana”.
A cura di Arch. Paolo Oreto