Permesso di costruire illegittimo: la diversa natura del potere di annullamento comunale da quello regionale
I poteri di annullamento di ufficio dei titoli edilizi illegittimi, conferiti, rispettivamente, al Sindaco ed alla Regione differiscono tra loro nei contenut...
I poteri di annullamento di ufficio dei titoli edilizi illegittimi, conferiti, rispettivamente, al Sindaco ed alla Regione differiscono tra loro nei contenuti, oltre che per la natura o per l'entità degli interessi da prendere in considerazione.
Lo ha chiarito la Sezione Seconda Quater del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con la Sentenza n. 10795 del 6 settembre 2019 con la quale ha rigettato il ricorso presentato per l'annullamento di una delibera regionale con la quale era stato annullato il permesso di costruire a sanatoria rilasciato dal Comune.
Nella disamina del ricorso (che è stato comunque rigettato), il TAR ha chiarito la differenza tra i poteri di annullamento di ufficio dei titoli edilizi illegittimi conferiti al Sindaco e alla Regione. In particolare, il primo (del Sindaco) consiste nella valutazione dell'interesse pubblico alla rimozione dell'atto invalido alla stregua di tutte le altre effettive possibilità di eliminare, in via alternativa, il vizio riscontrato; il secondo (della Regione) consiste, invece, nella valutazione dell'interesse pubblico con riferimento esclusivo alla conservazione della situazione esistente, atteso che la ragione in detta materia ha soltanto poteri di indirizzo, di vigilanza e di controllo e non anche la facoltà di sostituirsi all'ente locale nell'adozione di determinate scelte circa i modi e le forme di utilizzazione urbanistico-edilizia di una parte del territorio.
Il potere di annullamento Regionale non è assimilabile all'attività di controllo, va invece ricondotto alla concorrente competenza dell'autorità regionale in materia di pianificazione urbanistica. Ne consegue:
- da un lato che l'esercizio di detto potere ha carattere eccezionale, in quanto la prevalenza della scelta della Regione su quella del comune rappresenta la clausola di salvaguardia in un sistema che vede i due Enti concorrere in modo paritario al corretto esercizio della gestione del territorio;
- dall'altro che l'annullamento regionale non è in alcun modo doveroso ma resta sempre assolutamente discrezionale.
Ciò comporta, in sostanza, che in materia edilizia non è configurabile un obbligo della Regione di provvedere sull'istanza di terzi che sollecitano l'esercizio di quel potere.
Il Tribunale di primo grado ha anche chiarito che quando l'amministrazione comunale riesamina la legittimità dei propri titoli, essa è tenuta a valutare l'interesse pubblico alla rimozione dell'atto invalido nel bilanciamento comparativo con l'interesse del privato al mantenimento del bene ed entro un termine ragionevole (oggi stabilito in diciotto mesi), soprattutto qualora la caducazione avvenga a notevole distanza di tempo e l'edificazione risulti completata.
Di contro, la Regione risulta titolare soltanto di poteri di vigilanza e di controllo nell'esercizio della concorrente competenza di pianificazione dell'uso del territorio, sicché la stessa è tenuta a valutare l'interesse pubblico con esclusivo riferimento alla conservazione della situazione esistente rispetto agli strumenti urbanistici vigenti e, soprattutto, senza che vengano in rilievo problemi di bilanciamento comparativo tra l'interesse pubblico al ristabilimento della legalità violata e l'interesse privato al mantenimento della costruzione.
L'esercizio del potere sostitutivo di annullamento regionale delle concessioni di costruzione, infatti, a differenza dei poteri di autotutela del comune, non comporta un riesame del precedente operato, ma è finalizzato a ricondurre le amministrazioni comunali al rigoroso rispetto della normativa in materia edilizia, onde l'interesse pubblico all'annullamento è "in re ipsa".
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lazio 6 settembre 2019, n. 10795Link Correlati
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