La pandemia Covid 19 e la sospensione dei lavori
Alcune utili considerazioni sulla sospensione dei lavori a seguito dell'emergenza Coronavirus Covid-19
In questi giorni di grande mestizia per noi italiani, in uno stato di sostanziale immobilismo e di paura, sovvengono negli appalti pubblici una serie di comprensibili criticità operative legate, in particolare, alla possibilità ovvero all’obbligo di proseguire nei lavori affidati.
Una delle problematiche che mi viene sottoposta più di sovente riguarda la possibilità da parte dell’appaltatore, nell’ambito degli appalti pubblici, di poter sospendere i lavori, laddove la Stazione appaltante non abbia o non intenda adottare alcun provvedimento sospensivo in merito.
Una prima considerazione attiene alla natura pubblicistica ovvero privatistica dell’appalto, posto che per questa seconda fattispecie esistono provvedimenti su base regionale o emessi da commissari designati (si pensi al Commissario Straordinario sisma 2016) che ne hanno regolamentato in maniera più incisiva i presupposti per la sospensione.
La Regione Campania, per esempio, con l’Ordinanza 19 del 20.03.2020 ha sospeso sino al 3 aprile tutti i cantieri con committenza privata mentre ha condizionato la sospensione dei lavori con committenza pubblica a valutazioni prodromiche.
La situazione è talmente convulsa e sottesa da una esigenza di rapidità di intervento che deve imporci di evitare qualsiasi disquisizione in ordine alla natura giuridica della committenza pubblica ovvero al rapporto gerarchico tra normativa nazionale e regionale.
Per quanto qui di interesse rileva ciò che è stato disposto dai DPCM che si sono susseguiti nell’ultimo periodo, ossia il DPCM del 9 marzo 2020, il DPCM del 11 marzo 2020, il DPCM del 22 marzo 2020 ed inoltre il Decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020.
L’ultimo DPCM emanato, ovvero quello del 22 marzo 2020, al comma 1 lett.a) dell’art. 1 “Misure urgenti di contenimento del contagio sull'intero territorio nazionale”, richiama nell’allegato 1 quelle che sono le attività che al momento non debbano essere sospese.
Ci si riferisce in primis alle attività inerenti l’ambito sanitario, alimentare, ma anche a tutte quelle attività ad esse legate direttamente o indirettamente, ovvero che risultino essere funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all'allegato 1.
Detto allegato contiene una casistica di attività necessarie a preservare l’equilibrio economico nazionale e purtroppo tra esse compare anche l’attività di ingegneria civile codice ATECO 42.
Un primo problema non di poco conto è legato alla difficoltà operativa di collegare i codici ATECO alle effettive lavorazioni che contraddistinguono un appalto; è noto infatti che nella generalità dei casi un appalto può comprendere interventi su edifici civili ( o non) e parti impiantistiche o stradali.
Ebbene le prime riferibili al codice ATECO 41 sono sospese mentre le seconde, del successivo codice ATECO 42 risultano proseguibili.
La questione non è di poco conto per le varie implicazioni e responsabilità connesse laddove stazione appaltante e operatore economico (O.E.) si trovino su posizioni antitetiche in termini di prosecuzione delle attività.
Sul punto, senza addentrarmi in valutazioni prettamente giuridiche, mi limito ad osservare che:
- l’art. 1256 del c.c. in ordine all’ “Impossibilità definitiva e impossibilità temporanea” disponendo al comma 2 che “Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento… omissis…” rappresenterebbe un elemento di difesa per l’O.E.;
- il D.L n. 18 del 17 marzo 2020, riguardante le misure di potenziamento del SSN e di sostegno economico per famiglie , lavoratori e imprese connesse all’emergenza COVID-19 al comma 1 dell’art. 91 (Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici) lascia aperta una situazione di criticità introducendo il comma 6 bis all’art. 3 del decreto - legge 23 febbraio 2020, questa precisazione: “Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”
Di conseguenza, in questo periodo estremamente concitato e allo stesso tempo di comprensibile confusione capita nell’esercizio della professione di constatare come alcune Stazioni Appaltanti non si esprimano in merito alla sospensione dei lavori, mentre altre procedano alla formalizzazione della sospensione riservandosi, tuttavia, la possibilità di una valutazione postuma in ordine alla fondatezza e la sussistenza degli elementi che presuppongono e legittimano la sospensione di che trattasi.
Ecco quindi che l’O.E. ha la necessità ovvero l’obbligo cautelativo di dover dimostrare in ogni sede l’intervenuta esistenza di circostanze imprevedibili ad esso non imputabili e incidenti sull’effettiva possibilità di proseguire nei lavori.
In questo contesto operativo si inserisce quale documento tecnico di riferimento il protocollo condiviso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con RFI, ANAS , ANCE e le principali rappresentanze sindacali del 19 marzo 2020.
Il predetto documento stabilisce, in primis, un protocollo per la regolamentazione all’interno del cantiere delle misure anti contagio atte a garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro e quindi le modalità di accesso dei fornitori esterni, la pulizia e sanificazione, le precauzioni igieniche personali, i dispositivi di protezione personale, la gestione degli spazi comuni, l’organizzazione del cantiere (turnazione, rimodulazione dei cronoprogramma delle lavorazioni), la gestione di una persona sintomatica, la sorveglianza sanitaria, ecc..
Per quanto qui di interesse detto protocollo assegna altresì al Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione (ove designato) il compito di accertare la reale sussistenza dei presupposti che impedirebbero la prosecuzione dei lavori in cantiere.
Nel documento infatti viene riportato in conclusione che “La ricorrenza delle predette ipotesi deve essere attestata dal coordinatore per la sicurezza nell'esecuzione dei lavori che ha redatto l’integrazione del Piano di sicurezza e di coordinamento”, inserendo un nota di significativa portata: “N.B. si evidenzia che la tipizzazione delle ipotesi deve intendersi come meramente esemplificativa e non esaustiva.”
Trattasi di un compito certamente gravoso che implica pesanti responsabilità e che in particolare deve mirare ad accertare:
- la possibilità di osservare la distanza di 1 m tra i lavoratori ovvero la possibilità di adottare un numero in numero sufficiente i DPI conformi alle disposizioni delle autorità sanitarie;
- che in ordine all’accesso agli spazi comuni sia, garantita la ventilazione continua, rispettata la distanza di 1 m tra gli occupanti, assicurato servizio mensa (servizi anche esterni al cantiere ad esempio bar) e garantita l’igienizzazione;
- che in ordine ai Cantieri in cui è previsto il pernottamento i locali abbiano le caratteristiche idonee;
- l’esistenza di strutture esterne per l’alloggio degli operai e siano adottate corrette procedure per gli spostamenti;
- l’indisponibilità di approvvigionamento di materiali, mezzi, attrezzature e maestranze funzionali alle specifiche attività del cantiere.
Il coordinatore (e quindi il RUP - responsabile dei lavori soprattutto nel caso di mancata designazione del coordinatore) deve avere ben presente che nello svolgimento delle attività di un cantiere si appalesano al momento problemi di carattere infrastrutturale e logistico, che sono parimenti importanti che condizionano il regolare svolgimento delle attività al pari del contagio.
In tale prospettiva il Coordinatore si trova nella condizione di dover valutare nuovi ed ulteriori dispositivi aggiuntivi, così come ulteriori apprestamenti, in quanto potrebbero risultare necessarie ulteriori misure ed attività, come ad esempio la necessità dell’igienizzazione giornaliera dei cantieri, piuttosto che un numero maggiore di servizi igienici.
Ovviamente tutte queste ulteriori attività devono essere compensate e il predetto protocollo si esprime con favore in tal senso.
Ma al coordinatore viene richiesto di più: valutare l’incidenza di tutte le condizioni al contorno.
Non può sottacersi la difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e l’approvvigionamento dei dispositivi di protezione ambientale, per esempio idonee mascherine.
A ciò aggiungasi la sospensione delle attività da parte dei fornitori; è di chiara evidenza che se, per esempio, in un cantiere si stanno svolgendo lavori importanti in cemento armato e gli impianti di calcestruzzo sono chiusi, risulta impossibile proseguire nelle lavorazioni!
E’ poi ben nota la circostanza che gli alberghi e le attività di ristoro risultano inoperanti.
Non meno importante, soprattutto in questo momento è lo stato emotivo dei lavoratori che si trovano costretti a operare fuori regione, preoccupati per gli affetti lontani e per l’ulteriore lontananza che sarebbero costretti a subire, tra l’altro in quarantena obbligata , al proprio rientro.
Infine è bene evidenziare un ulteriore rischio potenziale insito nell’esecuzione dei lavori edili legato alla precarietà della sicurezza dei lavoratori per la difficoltà a soccorrere eventuali infortunati nell’ambito della situazione emergenziale.
Ecco quindi che al Coordinatore viene richiesto di svolgere un ruolo fondamentale nel valutare attentamente e responsabilmente la sussistenza di tutti i presupposti per poter proseguire nell’esecuzione dei lavori.
Acquisita questa consapevolezza laddove la sospensione delle opere potrebbe costituire una criticità ancora maggiore a fronte della prosecuzione, la stazione appaltante all’unisono ( parte politica, RUP, Coordinatore, e DL) e con l’ausilio della Prefettura territorialmente competente potrà appellarsi a quanto previsto dalla lettera d) dell’art. 1 del DPCM del 22.03.2020:
“restano sempre consentite anche le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1 …previa comunicazione alla Prefettura”.
Il mio invito è rivolto ai Coordinatori della Sicurezza, affinché gli stessi senza subire particolari pressioni dalla Stazione Appaltante, svolgano con la necessaria onestà intellettuale, il giusto e completo esame, diretto ad accertare se le condizioni sito specifiche siano tali da permettere la prosecuzione nella realizzazione delle opere, garantendo il rispetto, ovviamente, di tutte le cautele richieste dalle norme codicistiche e dallo stesso D.Lgs. 81/2008 nella parte in cui tratta delle misure generali di sicurezza e tutela dei lavoratori.
Non può infatti non richiamarsi quanto statuito dall'art. 15 del D.Lgs n. 81/2008 che impone a tutti i soggetti della commessa il massimo della cautela e laddove non risulti possibile abbattere il rischio, soprattutto quando questo rischio può avere un esito di propagazione, propendere per la interruzione dell'attività.
È evidente, dalla lettura coordinata dei vari punti, come tali misure siano indirizzate al massimo grado di prevenzione e cautela e a far prevalere indiscutibilmente la sicurezza dei lavoratori rispetto a qualsiasi altro aspetto ivi compreso quello economico.
Far proseguire un cantiere senza valutare appieno i rischi al contorno potrebbe significare il contagio di un lavoratore e la quarantena per tutto il personale a contatto e con esso non solo il rischio di vita umane ma anche ulteriori, più costosi e necessarie sospensioni delle attività.
A parere personale anche la durata dell’appalto in termini temporali riveste un aspetto cruciale; cronoprogrammi estesi su più annualità rendono incomprensibili ( soprattutto a chi nel futuro dovrà valutare l’operato di imprenditori, tecnici e committenti) la necessità di proseguire i lavori a fronte di sospensioni per periodi di tempo limitati rispetto al termine contrattuale.
Mi domando perché non sospendere ora i lavori e magari recuperare, per esempio, durante il periodo delle festività estive?
Ecco quindi che in assenza dei presupposti sopra menzionati, il Responsabile del procedimento dovrà, a sommesso parere dello scrivente, ma auspicabilmente, ai sensi del comma 2 dell’art. 107 del D. Lgs. 50/2016, adottare un provvedimento di sospensione dei lavori per ragioni di necessità.
In questo contesto, più che giustificato l’impresa non potrà accampare diritti particolari nel periodo di sospensione, disposta in effetti, non per colpa dell’amministrazione ma per circostanze sopravvenute e di carattere di forza maggiore.
Sul punto un’ultima osservazione.
Si legge della possibilità che la sospensione sia disposta dalla DL ai sensi del comma 1 del già citato art. 107 ovvero per circostanze speciali che impediscono ai lavori di procedere utilmente.
In termini pratici gli effetti sono equipollenti fatto salvo un aspetto tutt’altro che irrilevante.
Nel caso infatti di sospensioni disposte dal RUP per motivi di pubblico interesse, laddove la sospensione superai 1/4 del tempo contrattuale o comunque 6 mesi, l’appaltatore ha la possibilità di chiedere all’amministrazione lo scioglimento del contratto, senza poter ottenere alcun indennizzo. Se però l’amministrazione nega il suo assenso l’appaltatore avrà diritto al ristoro dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione oltre i termini suddetti.
Anche in questo caso quindi è rimessa all’amministrazione la valutazione responsabile e serena in ordine all’opportunità di trattenere l’appaltatore nella commessa.
Quanto sopra ovviamente in termini squisitamente teorici augurandoci tutti per il bene dell’Italia, che la situazione si protragga per un tempo brevissimo, allo spirare del quale i lavori verrebbero ripresi.
Questo è quello che ci auspichiamo tutti, confidando che ognuno di noi secondo coscienza operi per il bene comune.
Forza Italia.
A cura di Ing. Pier Luigi Gianforte
PhD
Specialista in lavori pubblici
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