Superare il Codice dei contratti: la ricostruzione del ponte di Genova può essere considerata un modello?
La ricostruzione del ponte di Genova può essere considerata un modello? l'utilizzo dei commissari straordinari favorisce la trasparenza?
La notevole crisi economica che ha investito il Paese a seguito della pandemia da COVID-19 impone una drastica semplificazione delle procedure. Il Vaticano ha adottato un codice di soli 86 articoli, mentre la politica italiana spinge per il superamento del testo attuale del codice dei contratti, composto da 220 articoli e da una serie di linee guida e decreti attuativi, richiamando spesso la ricostruzione del ponte di Genova come modello da seguire. Sul tema abbiamo sentito il Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti e Responsabile dell’Osservatorio Nazionale sui Servizi di Architettura e Ingegneria, costituito dallo stesso CNAPPC, Rino La Mendola.
In un contesto di drastica semplificazione delle procedure, la ricostruzione del ponte di Genova può essere considerato un modello da seguire?
Ricorrere a deroghe così ampie sull’applicazione delle norme vigenti può essere giustificato solo in condizioni di particolare urgenza, come nel caso del crollo del Ponte di Genova, ma non può certamente costituire un modello da seguire nelle attività ordinarie. Pur riconoscendo che le Autorità competenti, i Dirigenti, le imprese ed i liberi professionisti coinvolti nei lavori hanno lavorato bene, ricostruendo il ponte in meno di due anni dal crollo, bisogna ricordare che le deroghe al codice hanno di fatto consentito affidamenti fiduciari che, a regime ordinario, finirebbero per compromettere la trasparenza e libera concorrenza, tagliando fuori dal mercato dei lavori pubblici tantissimi operatori economici.
Se vogliamo parlare di modello da seguire, potremmo invece pensare alla parallela esperienza genovese del concorso di progettazione per la riqualificazione del sottoponte, il Parco del Polcevera, devastato dal crollo dell’infrastruttura. In poco più di un anno, è stato bandito il concorso, è stato acquisito il progetto esecutivo e sono stati anche eseguiti buona parte dei lavori. Riteniamo che questo possa essere considerato un modello da seguire per tante ragioni. Provo ad elencarne qualcuna:
- il concorso è stato bandito nel rispetto del codice dei contratti, senza invocare alcuna deroga;
- la procedura adottata ha puntato, quale criterio della selezione, sulla qualità del progetto;
- la procedura concorsuale a due gradi ha garantito, nel migliore dei modi, la valorizzazione della professionalità dei concorrenti ed il rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione e pari opportunità.
Soprattutto, il concorso costituisce una procedura che rilancia la centralità del progetto nei processi di trasformazione del territorio; una procedura che, seppure veloce, non determina scelte frettolose, come quelle fatte durante le emergenze del passato, di cui ancora oggi paghiamo il conto.
Le vostre posizioni critiche sull’appalto integrato sono quindi confermate anche alla luce del caso Genova?
Come affermato prima, il caso Genova è stato gestito bene a prescindere dalle procedure adottate. Continuiamo a credere che l’appalto integrato sia una procedura stantia, da superare, che relega il progetto ad un ruolo marginale nel processo di esecuzione di un’opera pubblica. Infatti, in un appalto integrato, la regia è affidata all’impresa esecutrice ed il progettista, selezionato dalla stessa impresa, svolge un ruolo del tutto defilato, non fruendo di quell’indipendenza intellettuale, che riteniamo indispensabile per garantire la qualità del progetto. Inoltre, a fronte della positiva esperienza di Genova, gli appalti integrati sono oggetto di una serie di contenziosi, che spesso finiscono per alimentare il nostro parco “opere incompiute”.
Il Decreto scuola, convertito in legge 6 giugno 2020, n. 41, per gli affidamenti della progettazione delle scuole, ha rilanciato il criterio del minor prezzo, per importi inferiori alla soglia comunitaria. Come giudicate tale provvedimento legislativo?
Non condividiamo assolutamente la svendita della qualità del progetto prodotta dal criterio del prezzo più basso, specie per la progettazione delle scuole, che costituiscono importanti luoghi, deputati ad ospitare comunità educative fondamentali per il futuro culturale e socio-economico delle nostre città. Crediamo che lo strumento più adeguato per progettare una scuola sia il concorso a due gradi, che oramai viaggia veloce sulle piattaforme informatiche, determinando gli elementi positivi a cui facevo riferimento prima.
Ma non sempre si può ricorrere ad un concorso. Qual è a vostro avviso la procedura alternativa su cui puntare per l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria?
Non siamo di certo estimatori degli affidamenti della progettazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; criterio che, negli ultimi anni, ha mostrato notevoli limiti, sia in termini di qualità delle prestazioni rese dagli aggiudicatari che in termini di tempi di svolgimento della gara. Per non parlare dei tantissimi contenziosi alimentati da una procedura che finisce spesso per essere, da un lato inadeguata a garantire la centralità del progetto nella realizzazione delle opere pubbliche e, dall’altro, molto più lunga di un concorso, specie nei casi in cui il progetto definitivo e l’esecutivo vengono affidati con due gare distinte. Pertanto, per rispondere alla sua domanda, quando l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria non riguardano opere di interesse architettonico, come ad esempio i lavori di manutenzione ordinaria, si potrebbe ricorrere, almeno per importi inferiori alla soglia comunitaria, al criterio del minor prezzo, con gare aperte ad almeno dieci liberi professionisti, ma solo se contestualmente venga introdotto l’obbligo sistematico del taglio delle ali e del conseguente scarto automatico delle offerte anomale, al fine di impedire ribassi che mortificano la dignità dei concorrenti e la qualità delle prestazioni professionali. Mentre per gli affidamenti diretti, per importi stimati inferiori a 40.000 euro, a nostro avviso, non dovrebbe essere applicato alcun ribasso. Infatti, in tali affidamenti, venendo a mancare la concorrenza tra più operatori economici, il ricorso ad un criterio di selezione , come quello del minor prezzo, non ha proprio alcun senso.
Avete presentato al Governo un documento, affinché le vostre proposte vengano accolte nel decreto semplificazioni?
Certamente si. Il Consiglio Nazionale degli Architetti, unitamente alla Rete delle professioni Tecniche, nell’ambito del decreto semplificazioni, ha presentato al Governo un documento per l’introduzione di una serie di emendamenti al codice dei contratti, al fine di semplificare l’intero processo di esecuzione delle opere pubbliche, dalla programmazione al collaudo dei lavori.
Tra le tante modifiche proposte, riveste particolare rilevanza l’introduzione del comma 1 bis all’art. 24 del codice, con il quale si stabilisce che, al fine di imprimere un’accelerazione alla ripresa dei lavori e di dare ossigeno alle “partite IVA”, dopo il fermo determinato dalla pandemia COVID-19, le stazioni appaltanti, fino al 31 dicembre 2022, dovranno esternalizzare gli incarichi di progettazione, affidandoli a liberi professionisti.
Ringrazio il Vicepresidente Rino La Mendola e lascio come sempre a voi ogni commento.
#unpensieropositivo
A cura di Ing. Gianluca Oreto