Volume tecnico, pergotenda e confini fra edifici: Interessanti argomenti in una sentenza del TAR Bologna
In linea generale non serve il permesso di costruire per la realizzazione di una pergotenda
"Volume tecnico", pergotenda e confini fra edifici. Ci sono tanti argomenti importanti e interessanti nella sentenza del Tar Bologna 1 ottobre 2020, n. 590 su un ricorso proposto dal proprietario di un immobile contro un comune.
La questione "volume tecnico"
L'uomo ha ricevuto un avviso di rimozione di opere ritenute abusive e ripristino dei luoghi. Tra questi vi è anche un manufatto in legno che veniva utilizzato come "lavanderia". Il manufatto in legno ha le misure di 1,20 X 2 metri e quindi, come dice il Tar, non è qualificabile come mero "volume tecnico". Infatti, spiegano i giudici, che tale classificazione "è appropriata per il volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo e comunque privo di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché strettamente necessario per contenere – senza possibili alternative e comunque per una consistenza del tutto contenuta – gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima e non collocabili, per qualsiasi ragione, all'interno dell'edificio". Il comune quindi ha agito giustamente chiedendo la rimozione.
Pergotenda e confini
In linea generale non serve il permesso di costruire per la realizzazione di una pergotenda. Si tratta, infatti, di un arredo funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno dell'unità alla quale si accede e quindi è riconducibile agli interventi manutentivi liberi. Il comune, nel caso specifica, non contesta la pergotenda, ma il fatto che questa non rispetti la distanza minima di 1,5 metri dal confine, in assenza di un accordo con il proprietario limitrofo.
Normativa scritta dopo
Il Tar specifica che è vero che il regolamento comunale preveda discipline specifiche per l'installazione dei pergolati (e quindi di pergotenda per analogia), ma la struttura, come dimostrato dal proprietario, esisteva prima dell'entrata in vigore di questo regolamento. Se è vero che il regolamento edilizio riconosce l'autonomia ai comuni su ordinamento e natura giuridica di norme secondarie, è anche vero che esiste anche per questi regolamento, il divieto di retroattività.
Lo ius superveniens
Per il Tar la questione è lapalissiana. Se, dopo la concessione edilizia, sopravvengono nuove norme sulle distanze tra edifici, il costruttore deve conformarsi allo "ius superveniens", salvo che la costruzione sia già iniziata, "perchè in tal caso, se la nuova disciplina è più restrittiva della precedente, non può esplicare efficacia retroattiva su situazioni già consolidatesi". In ogni caso, specificano i giudici, "nello stabilire per le costruzioni la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà". I giudici, dunque, hanno, nel caso specifico, dato torto al comune che chiedeva la rimozione della pergotenda.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza 01/10/2020, n. 590