Trasporto sanitario di soccorso ed emergenza: affidamento in convenzione o bando di gara?
Il Consiglio di Stato chiarisce se l'affidamento del servizio di trasporto sanitario debba essere affidato tramite bando di gara o convenzione
Affidamento dei servizi pubblici, bando di gara e convenzione: importanti questioni finite sotto la lente di ingrandimento del Consiglio di Stato. Noi le approfondiamo analizzando la sentenza n. 7082/2020 pubblicata il 16 novembre 2020.
Il fatto
Si parla di trasporto sanitario nella sentenza che analizziamo oggi. In particolare, la società che ha proposto ricorso, sottolinea che il trasporto sanitario di soccorso ed emergenza "deve essere affidato ai soggetti che lo svolgono in regime di convenzionamento diretto con l’Azienda sanitaria e di costi standard, e solo nell’ipotesi in cui tale servizio non possa essere assicurato dai predetti soggetti è consentito porlo a gara, per l’affidamento a titolo oneroso".
Nel caso analizzato, pertanto, l’Amministrazione sanitaria avrebbe dovuto affidare il servizio oggetto del ricorso non mediante gara, ma ricorrendo al convenzionamento diretto. Secondo il Tar, che ha emesso la prima sentenza, "la regola generale disciplinante l’affidamento dei servizi pubblici è incentrata sulla selezione attraverso una gara volta ad individuare il soggetto che offra il servizio richiesto alle condizioni ottimali, in coerenza con il principio della concorrenza (e cita l'articolo 17 del codice degli appalti, il decreto legislativo numero 50 del 2016, oltre alla direttiva europea numero 24 del 2014), in cui, però, si specifica che "non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro". Bisogna, dunque specificare che i servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza, dovrebbero essere soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici (regime alleggerito) e quindi esclusi dalle disposizioni. La disciplina comunitaria – e, conseguentemente, quella nazionale – ha introdotto la distinzione tra servizio di soccorso sanitario in emergenza da attuarsi mediante ambulanza (consistente nel trasporto e nell’attività di prima cura del paziente che versa in una situazione emergenziale), eccezionalmente sottratto alla regola della gara qualora fornito da organizzazioni senza scopo di lucro (tra le quali rientrano le Ipab, e quindi anche la società che ha fatto ricorso), e servizio di solo trasporto in ambulanza (consistente nel trasporto ordinario di pazienti privo della connotazione dell’urgenza) che, invece, è soggetto alle procedure ad evidenza pubblica (regime alleggerito). Dunque, i servizi di trasporto di persone in ambulanza sono espressamente stralciati dalle esclusioni previste. Il caso analizzato, secondo il Tar, ricade nell’ambito della direttiva europea numero 24 del 2014 in cui si legge che questi servizi "sono aggiudicati mediante un bando di gara o un avviso di pre-informazione senza pubblicazione da inviare agli operatori economici interessati". Ma non solo: la possibilità di affidare in convenzione diretta alle organizzazioni di volontariato soltanto i servizi di trasporto sanitario di "emergenza e urgenza" è stata prevista espressamente, a livello nazionale, anche dal codice del terzo settore (il decreto legislativo 117 del 2017, in particolare l'articolo 57). Secondo il Tar, dunque, la legge regionale che prevede il convenzionamento diretto, si sarebbe posta in contrasto con la normativa nazionale ed europea che prevedono che il trasporto in ambulanza a carattere emergenziale sia affidato mediante gara, con la conseguenza che la normativa regionale avrebbe dovuto essere disapplicata.
Cosa dice la Corte di Giustizia europea
Il caso è stato sottoposto anche alla Corte di Giustizia europea, che ha emesso una sua ordinanza in merito, esprimendosi sulla questione di partenariato per l'affidamento del servizio di trasporto dei pazienti. In pratica la Corte ha spiegato che "è consentito agli stati membri di optare per un sistema in cui venga prescelto il partenariato tra amministrazioni aggiudicatrici, in luogo del confronto concorrenziale a condizione che il relativo contratto realizzi una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obbiettivi che esse hanno in comune, se l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico e se le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione".
Contratti tra enti pubblici
Come ha detto anche la Corte di giustizia europea, poi confermato dal Consiglio di Stato, "tra gli appalti conclusi da enti pubblici, che non rientrano nell'ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, sono da annoverare i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l'adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi". In questa ipotesi, "le norme del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d'interesse pubblico". D'altronde anche la normativa nazionale è chiara: l'articolo 15 della legge numero 241 del 1990 dice che "le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune".
Gli accordi istituiscono una cooperazione tra enti pubblici
Il consiglio di Stato si è espresso sulla questione, sottolineando che "gli accordi istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune ad essi". Per questo ha ritenuto che "le condizioni analizzate e richieste dalle norme sembrano sussistere nel caso di specie, posto che la partecipazione dei soggetti iscritti all’elenco regionale e la valorizzazione del volontariato ad essa legata costituiscono obiettivo comune dell’azienda sanitaria e della Ipab iscritta nell’elenco regionale, nonché motivazione esclusiva dell’eventuale convenzionamento, e che la società che ha fatto ricorso, ha affermato (non confutata da controparte) di svolgere sul mercato una percentuale minima della propria attività nel trasporto sanitario". Tutto risolto, dunque, per il Consiglio di Stato che spiega perché la sentenza del Tar va annullata. Nel giudizio di primo grado, infatti, l'Ipab era stata illegittimamente omologata a ente privato, avendo invece natura di soggetto pubblico. L’ordinamento europeo obbliga all’indizione della gara nel caso di affidamento del trasporto sanitario ordinario (come quello di cui si controverte) ad un’associazione di volontariato privata. Il regime muta quando il servizio di trasporto ordinario viene svolto in base ad un accordo di cooperazione stipulato tra due enti pubblici per il perseguimento di obiettivi di interesse pubblico a loro comuni. Ne consegue, dunque, analizzando anche la legge regionale del Veneto, che l'Ipab può effettuare il servizio in questione. "Solo quando l’attività di trasporto sanitario di soccorso ed emergenza non può essere assicurato da tali soggetti - si legge nella sentenza del consiglio di Stato - le aziende Ulss possono affidarla a titolo oneroso mediante procedure di evidenza pubblica, fornendo la motivazione di tale decisione". Per questo il ricorso dell'Ipab va accolto e annullata la sentenza del Tar.
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A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 16 novembre 2020, n. 7082