Accertamento legittimità SCIA: gli obblighi della P.A.
Il TAR Lazio su modi e tempi di risposta della P.A. sulla domanda di accertamento di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA)
Quali sono gli obblighi della pubblica amministrazione su una richiesta di accertamento di legittimità di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) utilizzata per la realizzazione di un intervento edilizio?
La SCIA e gli strumenti di semplificazione
È una domanda molto interessante che riguarda la legittimità dello strumento di semplificazione utilizzato per la realizzazione di alcuni interventi edilizi prevista dall'art. 22 del D.P.R. n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia). Domanda a cui ha risposto il TAR Lazio con la sentenza 25 gennaio 2021, n. 911 che ci consente di approfondire questo argomento.
Appare utile ricordare che l'art. 22 del TUE è stato modificato:
- dal decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133, convertito in Legge 11 novembre 2014, n. 164
- dal D.Lgs. n. 222/2016 (c.d. Decreto SCIA 2);
- dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito in Legge 11 settembre 2020, n. 120.
Nella sua versione attuale (rubricata "Interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività), l'art. 22 prevede:
1. Sono realizzabili mediante la segnalazione certificata di
inizio di attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto
1990, n. 241, nonché in conformità alle previsioni degli strumenti
urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina
urbanistico-edilizia vigente:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all'articolo
3, comma 1, lettera b), qualora riguardino le parti strutturali
dell'edificio o i prospetti;
b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo di cui
all'articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le parti
strutturali dell'edificio;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo
3, comma 1, lettera d), diversi da quelli indicati nell'articolo
10, comma 1, lettera c).
2. Sono, altresì, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini dell'agibilità, tali segnalazioni certificate di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
2-bis. Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d'inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.
3. (comma abrogato)
4. Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l'ambito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti. Restano, comunque, ferme le sanzioni penali previste all'articolo 44.
5. (comma abrogato)
6. La realizzazione degli interventi di cui al presente Capo che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica, paesaggistico-ambientale o dell’assetto idrogeologico, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell'ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora d.lgs. n. 42 del 2004).
7. È comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per la realizzazione degli interventi di cui al presente Capo, senza obbligo del pagamento del contributo di costruzione di cui all'articolo 16, salvo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 23. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44 ed è soggetta all'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 37.
La richiesta di diffida e il silenzio del comune
Sui tavoli dei giudici del Tar Lazio la richiesta di annullare il provvedimento di una Scia per la realizzazione di una canna fumaria, ad opera di una società, su un immobile in parte di proprietà dell'uomo che ha presentato ricorso. Secondo l'uomo, il comune non avrebbe dato seguito alla prima richiesta di diffida inviata per la legittimità dell'installazione della canna fumaria e nemmeno alla seconda, fatta dopo aver letto gli atti della Scia, oltre il termine dei 30 giorni previsto dalla legge.
L'accertamento dell'illegittimità e i sopralluoghi
Carta canta, sempre. E anche in questo caso la documentazione ha permesso di eliminare uno dei motivi di ricorso, ossia la contestazione fatta all'amministrazione comunale di non aver effettuato le dovute verifiche dei lavori direttamente sul posto. E' stato dimostrato, attraverso un verbale, che è stato il responsabile del servizio urbanistica a recarsi sul posto ed effettuare un accertamento della corretta installazione della canna fumaria. Un sopralluogo che, spiegano i giudici del Tar Lazio, dimostra di come il comune abbia effettuato l'effettivo esercizio dei poteri di vigilanza previsto dal Testo Unico Edilizia, dopo anche la diffida inviata dal proprietario dell'immobile. Il sopralluogo dimostra, inoltre, precisano ancora i giudici che comunque l'amministrazione comunale non è rimasta inerte alla diffida presentata. Non tocca al Tar stabilire se gli esiti di questo sopralluogo siano più o meno validi. In ogni caso è previsto dal Testo Unico Edilizia il silenzio su istanza diffida per accertamento abuso. Non ha importanza, sottolineano i giudici che il ricorrente abbia avuto contezza della prima verifica chiedendo un accesso agli atti, Il potere di verifica dell'amministrazione comunale era stato correttamente attivato.
L'illegittimità del silenzio dell'amministrazione
Importante, invece, è il passaggio relativo al silenzio dell'amministrazione comunale a seguito di una seconda diffida inviata dal proprietario dell'immobile. Infatti, il proprietario, dopo aver preso visione della Scia e degli esiti del primo sopralluogo, ha inviato una seconda diffida che è rimata senza riscontro. Sostanzialmente veniva chiesto all'amministrazione comunale di attivare i poteri di vigilanza e controllo nonostante il tempo ormai decorso. Spiegano i giudici: "Ove la sollecitazione del terzo all’attivazione dei poteri di vigilanza sulla Scia edilizia venga effettuata – come nella specie - in epoca successiva alla scadenza del termine di 30 giorni assegnato per la realizzazione dei controlli per così dire "ordinari", l’amministrazione è comunque tenuta a riscontrare l’istanza del privato e, quindi, ad azionare i poteri di vigilanza edilizia nonché quelli repressivo-sanzionatori, previa verifica dell’eventuale esistenza di tutti i presupposti all’uopo previsti". I giudici citano la legge n.241/90. In pratica, nonostante il tempo decorso dei trenta giorni, i poteri dell'amministrazione comunale sono comunque pieni e rivestono, si legge nella sentenza "il carattere della doverosità e della vincolatività".
Diffida e tempistica
Nel caso analizzato è trascorso ben oltre il termine dei 30 giorni fra la Scia depositata e la diffida presentata dal proprietario dell'immobile. Quindi il termine è già decaduto, ma "rimane tuttavia, pur sempre, in capo all’ente locale il potere di adottare comunque i provvedimenti previsti dalla legge n. 241/90". Una diffida puntuale e circostanziata, dunque, deve avere un seguito e una risposta da parte dell'amministrazione comunale. E il comune ha l'obbligo di fare le verifiche ed emettere eventuali sanzioni amministrative o altri provvedimenti. E l'articolo 19 della legge n. 241/90 sembra abbastanza chiaro per i giudici: "Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies". Quindi a fronte di una sollecitazione da parte di un privato, l'amministrazione deve attivare il provvedimento di verifica, seppur tardiva, dell'eventuale illegittimità dell'attività edilizia segnalata.
La risposte dell'amministrazione
Il comune, dunque,non può ignorare la diffida e non pronunciarsi. Il principio è stato già adottato altre volte spiegano i giudici che sottolineano che "in presenza di una formale istanza, l'amministrazione è tenuta a concludere il procedimento anche se ritiene che la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, non potendo rimanere inerte: il legislatore, infatti, ha imposto alla Pubblica amministrazione di rispondere in ogni caso (tranne i casi limite di palese pretestuosità) alle istanze dei privati nel rispetto dei principi di correttezza, buon andamento, trasparenza, consentendo alle parti di difendersi in giudizio in caso di provvedimenti lesivi dei loro interessi giuridici". Nel caso analizzato la domanda di accertamento della legittimità della Scia era fondata e il comune è rimasto inerte. Ora, secondo i giudici, l'amministrazione dovrà valutare tutte le circostanze espresse nella diffida ed eventualmente attivare i poteri repressivo-sanzionatori. E se non lo farà entro 120 giorni, scrivono i giudici, sarà un commissario ad acta a farlo al suo posto. I giudici quindi hanno respinto il ricorso sulla illegittimità del silenzio della prima diffida, ma accolto quello sulla seconda diffida.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it
Documenti Allegati
Sentenza TAR Lazio 25 gennaio 2021, n. 911