Recupero sottotetto e distanze legali: la lente del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato si esprime su distanze legali tra le costruzioni, recupero dei sottotetti, ristrutturazione edilizia e nuove costruzioni
Torniamo ad occuparci di distanze legali fra edifici e normative. Lo facciamo attraverso la sentenza n. 1867/2021 del Consiglio di Stato che analizza il ricorso della proprietaria di un immobile contro un Comune che ha negato il permesso di costruire per la violazione delle distanze legali.
I perché del ricorso
Dopo la sentenza contraria del Tar, una proprietaria di un immobile si rivolge al Consiglio di Stato per il ricorso contro il parere negativo di rilascio di un permesso di costruire per alcuni interventi di manutenzione sul suo immobile. In particolare alcune opere da realizzare nel piano sottotetto dell'edificio con il sollevamento di una falda del tetto per realizzare un solaio e il sollevamento dell'altra falda del tetto per la creazione di un balcone.
Distanze legali e costruzioni
La questione delle distanze appare quella più significativa nella sentenza. Secondo i giudici "la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera". Nel caso analizzato, la proprietaria dell'immobile sta effettuando interventi sulla volumetria dell'edificio. In particolare, come rilevato dal tecnico incaricato, il sollevamento delle falde del tetto. Quindi, dicono i giudici, in relazione al progetto previsto appare evidente la violazione delle distanze. E aggiungono i giudici, appare evidente che si debba parlare di nuova costruzione e non di mera e semplice ristrutturazione edilizia.
Distanza "radiale"
Nel Comune in cui si trova l'edificio è previsto un regolamento molto più restrittivo sulle distanze tra gli edifici. Si parla di distanza minima radiale "misurata in proiezione orizzontale tra le pareti più sporgenti degli edifici siti sullo stesso lotto o su lotti finitimi e/o dalla superficie coperta. Tale distanza nei fabbricati ad eccezione di fabbricati accessori preesistenti non può essere inferiore a 10 metri, salvo nel caso di fabbricati con pareti prive di vedute, come da codice civile". Per questo, dice il Consiglio di Stato, analizzando le regole comunali bisogna affermare che il Tar si era espresso correttamente. Le distanze tra edifici sono fissate da apposite leggi statali, ma dicono i giudici, possono essere fissati limiti diversi da leggi specifiche regionali o locali.
Abbaini, sì ma solo se...
La difesa afferma che gli abbaini sul sottotetto dovevano essere realizzati per misure igienico-sanitarie e quindi permettere una corretta ventilazione dei locali. Ma, dicono i giudici, c'è un regolamento provinciale che spiega tutto. Infatti, si legge nel regolamento che questo tipo di abbaini possono essere realizzati non superando alcune misure minime indicate. Inoltre, aggiungono i giudici, "questi abbaini possono essere realizzati solo in caso di vani abitativi esistenti o progettati qualora l'apertura di finestre nei muri perimetrali non risulti possibile". Quindi la realizzazione di un abbaino "quale strumento per consentire l’areazione dei vani abitativi quando non sia possibile la realizzazione di finestre, evidenzia la natura del detto elemento architettonico, come un’apertura con finestra, sporgente rispetto allo spiovente della copertura, destinato all’aereazione (ma anche all’illuminazione) del sottotetto e talvolta anche per accedere al tetto stesso".
Nel caso analizzato, si legge nella sentenza "rispetto ad un concetto che implica una apertura limitata in senso dimensionale in modo tale da ospitare una finestra, si è assistito ad un progetto che, se descrive l’intervento come una “modifica dell’abbaino esistente con ampliamento a copertura della sottostante camera da letto”, dall’altro determina un “innalzamento del solaio di copertura su tutta la superficie del vano”, venendo così meno alla natura puntuale dell’apertura e giustificando la valutazione del provvedimento impugnato che ritiene erronea la qualificazione come abbaino, con una valutazione del tutto condivisibile". Inoltre, nella provincia in cui si trova l'immobile, il regolamento sugli standard in materia di igiene e sanità, specifica che "le stanze da letto, il soggiorno e la cucina debbono essere provvisti di finestra apribile". Quindi l'opera prevista non può essere definita abbaino e quindi non rientra nella disciplina del recupero dei sottotetti. L'intero ricorso è stato respinto.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 5 marzo 2021, n. 1867