Tolleranze costruttive: il superamento del 2% porta alla demolizione?
Consiglio di Stato: "Il mero superamento della soglia di tolleranza del 2% non risulta sufficiente a configurare una variazione essenziale, il Comune avrebbe dovuto svolgere una verifica in concreto sulle particolarità delle opere abusive, al fine di evidenziare le ragioni per cui l’intervento difforme all’uopo eseguito avesse comportato una variazione essenziale, meritevole di sanzione ripristinatoria ex artt. 31 e 32 DPR n. 380/01"
Un accertamento di conformità per interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire risalenti all'anno di costruzione dell'immobile (edificato tra il 1968 e il 1969), il rilievo di un aumento di cubatura di oltre il 2% rispetto al progetto assentito e un ordine di demolizione. C'è di tutto nella sentenza n. 3666/2021 del Consiglio di Stato che farà certamente parlare.
Indice degli argomenti
Il caso oggetto della sentenza
Il caso oggetto del giudizio del Consiglio di Stato è più frequente di quel che si potrebbe immaginare. Stiamo parlando di un edificio edificato alla fine degli anni '60. Nel 2018 l'attuale ricorrente, attraverso il suo tecnico di fiducia, rileva l’esistenza di alcune difformità del realizzato rispetto a quanto assentito, relative:
- alla planimetria dell’unità abitativa, rovesciata a specchio rispetto ad un ipotetico asse di simmetria;
- ad una diversa distribuzione degli spazi interni;
- ad una variazione della sagoma per un arrotondamento planimetrico, con conseguente emersione di una maggiore superficie abitabile.
Il ricorrente presenta, quindi, un'istanza di sanatoria delle opere eseguite in difformità ai sensi degli articoli 34 e 36 del DPR n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), rilevando il mancato superamento del margine di tolleranza, l’assenza di variazioni planimetriche e volumetriche successive all’epoca di realizzazione, la riconducibilità della maggiore superficie coperta e del conseguente volume alla variazione della sagoma e alla presenza di muri perimetrali di spessore di circa 35 cm ( con rivestimento esterno in piastrelle) rispetto allo spessore di cm 30 indicato, la corrispondenza tra la sagoma riportata nella planimetria catastale dell’immobile del 1971 e la sagoma effettivamente rilevata e oggetto di sanatoria, il rispetto della disciplina in materia di distanze tra fabbricati e dalle strade esistenti, nonché l’osservanza delle previsioni del DM Sanità del 5/7/1975 in relazione alle superfici di illuminazione e areazione.
La domanda viene rigettata dal Comune, rilevando che le difformità riscontrate superavano il 2% della volumetria assentita, ragion per cui le opere difformi avrebbero dovuto essere demolite, non costituendo la demolizione pregiudizio statico per le opere conformi.
Le conferme del TAR
In primo grado, il TAR aveva confermato l'operato del Comune rilevando:
- che si era determinato, a seguito degli interventi realizzati, un consistente incremento della superficie utile e della cubatura dell’immobile in questione, in assenza di titolo edilizio, ragion per cui il provvedimento impugnato aveva correttamente qualificato l’intervento come realizzato in difformità dalla licenza edilizia a suo tempo rilasciata, ed in quanto tale insuscettibile di sanatoria, non sussistendo peraltro la doppia conformità;
- che l’applicazione della sanzione pecuniaria, in luogo di quella demolitoria, non poteva trovare applicazione per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, quale doveva ritenersi quello realizzato nella fattispecie in esame, e sempre tenuto conto che, in ogni caso, la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria ai sensi dell'art. 34, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 avrebbe dovuto essere valutata dall'amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento repressivo edilizio.
La tolleranza costruttiva e le variazioni essenziali
Ed è proprio sulla configurazione della variazione essenziale che punta la nuova decisione del Consiglio di Stato che ribalta quella del TAR.
I giudici di Palazzo Spada, infatti, hanno accolto il ricorso avverso la decisione di primo grado che aveva confermato il diniego di sanatoria soltanto in ragione del superamento della soglia di tolleranza del 2% rispetto alle misure di progetto e tenuto conto della possibilità di demolizione in assenza di pregiudizio per le altre opere esistenti. Secondo il TAR “essendosi, nella fattispecie che occupa, comunque determinato, a seguito degli interventi realizzati, un consistente incremento della superficie utile e della cubatura dell’immobile in questione - le cui dimensioni, almeno per quanto emerge dagli atti di causa, non si ritengono tali da integrare un incremento “minimo” -, in assenza di titolo edilizio, deve ritenersi che il provvedimento impugnato abbia correttamente qualificato l’intervento de quo come realizzato in difformità dalla licenza edilizia a suo tempo rilasciata, ed in quanto tale insuscettibile di sanatoria, non sussistendo peraltro – come pacificamente riconosciuto dalla stessa ricorrente – la “doppia conformità””.
Quindi il TAR aveva rigettato il ricorso non solo dando atto del superamento del margine di tolleranza, ma anche rilevando che nella specie le opere edilizie abusive non potevano ritenersi mere variazioni parziali, integrando, in ragione del consistente aumento di cubatura e di superficie utile. Il TAR, quindi, ha operato un apprezzamento in ordine alla consistenza dell’abuso superiore al margine del 2% non emergente dalla decisione amministrativa.
Ma secondo il Consiglio di Stato non è possibile ritenere che "il mero superamento del margine di tolleranza de quo fosse sufficiente per integrare gli estremi della variazione essenziale ex art. 32 DPR n. 380/01".
La definizione di tolleranza costruttiva applicabile al caso di specie “non contiene una definizione normativa della parziale difformità, ma prevede una franchigia. In altre parole, intende stabilire non che ogni violazione eccedente il 2% considerato costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti".
Cosa accade se si supera la tolleranza costruttiva?
Il Consiglio di Stato indica una strada precisa da seguire nel caso sia accertato il superamento del margine di tolleranza del 2%. In particolare "una volta rilevato il superamento del margine di tolleranza del 2%, al fine di valutare la fattispecie concreta in termini di variazione essenziale, sarebbe stato necessario motivare in ordine alla consistenza dell’abuso commesso, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, “il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall'autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera; mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione”".
Nel caso di specie, mancando una corrispondente ratio decidendi alla base del diniego di sanatoria, la valutazione della consistenza dell’abuso e della sua idoneità ad integrare gli estremi della variazione essenziale non avrebbe potuto essere operata per la prima volta in giudizio, pena un’inammissibile integrazione giudiziale della motivazione del diniego per cui è controversia.
In conclusione, il diniego censurato in prime cure non avrebbe potuto ritenersi legittimo in ragione dell’avvenuta realizzazione di un intervento edilizio con variazioni essenziali rispetto a quanto assentito ex artt. 31 e 32 DPR n. 380/01; essendosi in presenza di una ratio decidendi che il Comune non ha posto a base della propria determinazione.
Sembra, anzi, che il Comune, limitandosi a rilevare il superamento del margine di tolleranza del 2% e a constatare la possibilità tecnica della demolizione delle opere difformi, abbia inteso negare l’istanza di parte, argomentando, anziché sulla base di riscontrate variazioni essenziali ex artt. 31 e 32 DPR n. 380/01 (come ritenuto dal Tar), in ragione di variazioni parziali assoggettabili al (diverso) disposto di cui all’art. 34 DPR n. 380/01 che, proprio in relazione agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, richiede un accertamento tecnico sulla possibilità di demolizione senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, ai fini della valutazione dei presupposti per sostituire la sanzione ripristinatoria con quella pecuniaria (il che corrisponde alla valutazione in concreto operata dall’Amministrazione intimata).
Anche ove il Comune avesse inteso rigettare l’istanza di parte in ragione della ritenuta configurazione di opere abusive comportanti variazioni essenziali rispetto a quanto autorizzato con il rilascio del titolo abilitativo edilizio, la decisione così assunta non avrebbe potuto ritenersi legittima.
Conclusione
Il mero superamento della soglia di tolleranza del 2% non risulta sufficiente a configurare una variazione essenziale. Il Comune avrebbe dovuto svolgere una verifica in concreto sulle particolarità delle opere abusive, al fine di evidenziare le ragioni per cui l’intervento difforme all’uopo eseguito avesse comportato una variazione essenziale, meritevole di sanzione ripristinatoria ex artt. 31 e 32 DPR n. 380/01.
Verifica che non è stata svolta dal Comune che ha incentrato il diniego di sanatoria sul mero riferimento al margine di tolleranza del 2%. In definitiva, lo scostamento dalle misure di progetto superiore al margine di tolleranza, di per sé, non è sufficiente a giustificare l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 32 DPR n. 380/01 ai fini della comminatoria della sanzione demolitoria.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 10 maggio 2021, n. 3666