Consiglio di Stato: Illegittima la chiusura dell’ex Ilva
Illegittimità dell’ordinanza del Sindaco di Taranto sugli stabilimenti ex Ilva per mancanza di un imminente pericolo alla salute
Per il Consiglio di Stato che si pronuncia con la sentenza 23 giugno 2021, n. 4802, è illegittima l’Ordinanza d’urgenza n. 15 del 27 febbraio 2020, con la quale il Sindaco di Taranto aveva ordinato al gestore e al proprietario dello stabilimento siderurgico “ex Ilva”, di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità, e qualora ciò non fosse avvenuto di procedere nei 60 giorni successivi alla “sospensione/fermata” delle attività dello stabilimento.
Accolti gli appelli di Mittal e di Ilva
Il Consiglio di Stato, accogliendo gli appelli di Arcelor Mittal s.p.a. e di Ilva s.p.a. in amministrazione straordinaria, ha annullato l’ordinanza n. 15 del 27 febbraio 2020, con cui il Sindaco di Taranto aveva ordinato loro, nelle rispettive qualità di gestore e proprietario dello stabilimento siderurgico “ex Ilva”, di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità, e qualora ciò non fosse avvenuto di procedere nei 60 giorni successivi alla “sospensione/fermata” delle attività dello stabilimento.
Ordinanza emessa dal Sindaco con poteri di necessità ed urgenza
L’ordinanza era stata emessa, nell’esercizio dei poteri di necessità e urgenza del Sindaco a tutela della salute della cittadinanza, a seguito di episodi di emissioni di fumi e gas verificatisi nell’agosto 2019 e nel febbraio 2020 e delle successive verifiche ambientali e sanitarie.
Limitati i poteri di Ordinanza del Sindaco
Il Consiglio di Stato non ha condiviso la tesi principale delle società appellanti, secondo cui deve escludersi ogni spazio di intervento del Sindaco in quanto i rimedi predisposti dall’ordinamento, nell’ambito dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) che assiste l’attività svolta nello stabilimento, sarebbero idonei a far fronte a qualunque possibile inconveniente. Tuttavia, ha ritenuto che quel complesso di rimedi (compresi i poteri d’urgenza già attribuiti al Comune dal T.U. sanitario del 1934, i rimedi connessi all’AIA che prevedono l’intervento del Ministero della transizione ecologica e le norme speciali adottate per l’Ilva dal 2012 in poi) sia tale da limitare il potere di ordinanza del Sindaco, già per sua natura “residuale”, alle sole situazioni eccezionali in cui sia comprovata l’inadeguatezza di quei rimedi a fronteggiare particolari e imminenti situazioni di pericolo per la salute pubblica.
Giudizio centrato sulla legittimità dell’Ordinanza del Sindaco
Premesso che l’accertamento giudiziale doveva concentrarsi unicamente sulla legittimità dell’ordinanza del Sindaco senza poter estendersi alle annose e travagliate vicende che hanno interessato lo stabilimento “ex Ilva” (oggetto di un piano di adeguamento adottato in base alla legislazione speciale post-2012, le cui tempistiche sono già state considerate legittime dal Consiglio di Stato con due pareri del 2019), il Consigio di Stato ha ritenuto che in concreto il potere di ordinanza d’urgenza fosse stato esercitato in assenza dei presupposti di legge, non emergendo la sussistenza di “fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie” dell’impianto.
Le conclusioni del Consiglio di Stato
Pertanto, pur senza negare la grave situazione ambientale e
sanitaria da tempo esistente nella città di Taranto, già al centro
di vicende giudiziarie penali e di una sentenza di condanna
dell’Italia da parte della Corte Europea dei Diritti Umani
(relativa però alla precedente gestione dello stabilimento,
rispetto alla quale le misure intraprese negli ultimi anni hanno
segnato “una linea di discontinuità”), si è concluso che “nella
specie il potere di ordinanza abbia finito per sovrapporsi alle
modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si
fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio
sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati
dall’A.I.A.”, non essendosi evidenziato un pericolo “ulteriore”
rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento
dell’attività industriale.
Correlativamente, pur non condividendo l’impostazione delle società
appellanti le quali imputavano al Tar Lecce di aver debordato dal
proprio ambito di giudizio, finendo per occuparsi dell’idoneità e
adeguatezza delle misure connesse all’AIA anziché della legittimità
dell’ordinanza del Sindaco (laddove invece la verifica
dell’efficacia di tali misure era proprio finalizzata
all’accertamento circa la sussistenza o meno dei presupposti per
l’intervento del Sindaco), la Sezione ha ritenuto che il rigetto
del ricorso in primo grado non trovasse conforto neanche nelle
risultanze dell’istruttoria svolta dallo stesso Tar, laddove da un
lato è emerso che i più recenti episodi emissivi non sono dovuti a
difetti strutturali dell’impianto, dall’altro è stata acquisita una
congerie di dati a volte non pertinenti e comunque non tali da
provare in modo certo l’esistenza di particolari anomalie tali da
costituire serio e imminente pericolo per la popolazione. Anche
sotto tale profilo, l’ordinanza risulta quindi emessa “senza che vi
sia stata un’univoca individuazione delle cause del potenziale
pericolo e senza che sia risultata acclarata sufficientemente la
probabilità della loro ripetizione”.
Documenti Allegati
Sentenza 23/06/2021, n. 4802