CHIARIMENTI SULLA DISCIPLINA
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24 del 14 novembre scorso ha integrato le istruzioni fornite dalla precedente nota ministeriale n. 10797 del 22 ...
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24 del 14 novembre
scorso ha integrato le istruzioni fornite dalla precedente nota
ministeriale n. 10797 del 22 agosto 2007 relativa all`applicazione
delle norme contenute nella legge n. 123/2007.
In particolare, le nuove indicazioni ministeriali riguardano il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 5 della legge. n. 123/2007 che è stato esteso anche alle imprese che operano nel settore edile.
Le precedenti istruzioni del Ministero, infatti, avevano escluso dall’ambito di applicazione dello stesso art. 5 il comparto dell’edilizia, poiché già destinatario del provvedimento ex art. 36 bis della legge n. 248/2006, la cui norma era stata specificatamente fatta salva dalla citata legge n. 123/2007.
Il Dicastero, questa volta, è intervenuto per sottolineare che le disposizioni dei due provvedimenti in realtà si integrano reciprocamente, nel rispetto dei principi di sicurezza e regolarità del rapporto di lavoro.
Le gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza, quindi, sono l’elemento innovativo introdotto dall’art. 5 che, con riferimento alla sospensione dell’attività imprenditoriale, come già specificatamente chiarito nella lettera circolare del 22 agosto scorso, deve interessare esclusivamente la singola unità produttiva rispetto alla quale devono essere verificati i presupposti di applicazione del provvedimento e circoscritti gli effetti sospensivi dello stesso, fermo restando quanto previsto in materia di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione alle gare pubbliche, di cui al secondo periodo del 1° comma del medesimo art. 5.
Riprendendo i contenuti della nota del 22 agosto è stata ribadita, inoltre, la discrezionalità del provvedimento sospensivo; in sostanza, nel caso in cui il provvedimento de quo comportasse una situazione di imminente pericolo per i lavoratori o per i terzi, ovvero comportasse un irrimediabile deterioramento degli impianti e delle attrezzature di lavoro, questo non dovrà essere adottato o, in alternativa, potrà essere differito nel tempo.
Analogamente, anche il rischio di compromettere un servizio pubblico giustificherebbe la mancata adozione della sospensione, in quanto pregiudicherebbe un diritto costituzionalmente garantito, che solo un provvedimento sospensivo per gravi e reiterate violazioni alla normativa della sicurezza, funzionale alla tutela del primario diritto costituzionale alla salute ex art. 32 della Costituzione, ne limiterebbe l’esercizio.
Per quel che concerne le competenze, oltre al personale ispettivo della ASL, a cui è attribuita la funzione di vigilanza in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro ai sensi della legge n. 833/1978, viene riconosciuta la legittimità ad adottare il provvedimento sospensivo anche al personale ispettivo del Ministero del lavoro, ma limitatamente alle materie individuate con il Dpcm n. 412/1997 che, si ricorda, ha esteso l’attività di vigilanza esercitata dagli ispettori delle Direzioni Provinciali del Lavoro al settore delle costruzioni edili.
Quanto ai presupposti per la sospensione dell’attività, è stato precisato che la reiterazione deve essere intesa come la ripetizione di una condotta illecita “grave” nell’ultimo quinquennio, escludendo le condotte antecedenti alla data di entrata in vigore della legge in oggetto.
Relativamente all’individuazione delle gravi violazioni, a cui consegue l`applicazione del provvedimento interdittivo, la nota ha specificato che si tratta di quelle violazioni che ledono i principi fondamentali del sistema prevenzionale e che mettono a repentaglio gli interessi dell`ordinamento.
Ad ogni buon conto, nel rispetto del principio di tassatività, il Ministero si è riservato di definire un elenco esplicito di tali gravi infrazioni.
L’art. 5 prevede, tra le altre condizioni, il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate. Al riguardo, nonostante l’espressione letterale, il Ministero ha puntualizzato che non si tratta di una sanzione amministrativa, ma semplicemente di un onere economico accessorio che, se non pagato, comporterebbe il protrarsi della sospensione, ma non la riscossione coattiva del relativo importo.
Con riferimento all’esatta individuazione delle sanzioni complessivamente irrogate, queste riguardano le sole ipotesi richiamate dal comma 2, lett. a) dell’art. 5, ovvero le violazioni connesse all’utilizzo di lavoratori in nero. In particolare, si tratta della maxisanzione, dell’omessa istituzione ed esibizione dei libri obbligatori, della mancata scritturazione del personale sui libri obbligatori, della mancata denuncia di assunzione all’Inail e al centro per l’impiego, dell’omessa consegna al lavoratore della lettera di assunzione e del prospetto di paga.
Relativamente alla quantificazione dell’importo delle suddette violazioni, devono essere presi in considerazione gli importi relativi alle violazioni riportate nei verbali redatti dagli accertatori, indipendentemente dal fatto che si debba adottare la diffida obbligatoria o procedere alla contestazione dell’illecito amministrativo. L’importo aggiuntivo, infatti, è meramente strumentale all’adozione della revoca del provvedimento di sospensione, senza peraltro avere una propria autonomia quale distinta fattispecie sanzionatoria.
Tralasciando gli aspetti relativi alle modifiche al D.Lgs. n. 626/1994 in materia di appalti, la circolare ha spostato la propria attenzione sulle problematiche connesse alla fruizione da parte del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza del documento di valutazione dei rischi e del registro degli infortuni. In tali circostanze è stato richiamato l’obbligo normativo di rispettare il segreto industriale e, comunque, in generale l’obbligo di riservatezza a cui è tenuto il RLS in ordine ai processi lavorativi dei quali viene a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni, ai sensi dell’art. 9, co. 3 del D.Lgs. n. 626/1994.
Gli ultimi chiarimenti della nota sono stati indirizzati alle modifiche apportate dall’art. 11 della legge n. 123/2007 all’art. 1, comma 1198 della legge n. 296/2006 che prevedeva la sospensione per un anno delle verifiche ispettive nei confronti delle imprese che avessero presentato domanda di emersione. Non potendosi estendere tale previsione anche con riferimento alla materia della sicurezza e salute dei lavoratori, ne è stata decisa la totale soppressione, con conseguente esclusione della possibilità concessa al datore di lavoro di usufruire del termine annuale per la regolarizzazione delle carenze prevenzionistiche.
Nessuna particolare novità, meritevole di un ulteriore approfondimento, è scaturita dalla circolare in esame relativamente all’obbligo di munire di apposita tessera di riconoscimento il personale impiegato nell’ambito degli appalti e subappalti e riguardo all’estensione della procedure di diffida anche al personale amministrativo degli Istituti previdenziali.
Fonte: www.ance.it
In particolare, le nuove indicazioni ministeriali riguardano il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 5 della legge. n. 123/2007 che è stato esteso anche alle imprese che operano nel settore edile.
Le precedenti istruzioni del Ministero, infatti, avevano escluso dall’ambito di applicazione dello stesso art. 5 il comparto dell’edilizia, poiché già destinatario del provvedimento ex art. 36 bis della legge n. 248/2006, la cui norma era stata specificatamente fatta salva dalla citata legge n. 123/2007.
Il Dicastero, questa volta, è intervenuto per sottolineare che le disposizioni dei due provvedimenti in realtà si integrano reciprocamente, nel rispetto dei principi di sicurezza e regolarità del rapporto di lavoro.
Le gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza, quindi, sono l’elemento innovativo introdotto dall’art. 5 che, con riferimento alla sospensione dell’attività imprenditoriale, come già specificatamente chiarito nella lettera circolare del 22 agosto scorso, deve interessare esclusivamente la singola unità produttiva rispetto alla quale devono essere verificati i presupposti di applicazione del provvedimento e circoscritti gli effetti sospensivi dello stesso, fermo restando quanto previsto in materia di interdizione alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione alle gare pubbliche, di cui al secondo periodo del 1° comma del medesimo art. 5.
Riprendendo i contenuti della nota del 22 agosto è stata ribadita, inoltre, la discrezionalità del provvedimento sospensivo; in sostanza, nel caso in cui il provvedimento de quo comportasse una situazione di imminente pericolo per i lavoratori o per i terzi, ovvero comportasse un irrimediabile deterioramento degli impianti e delle attrezzature di lavoro, questo non dovrà essere adottato o, in alternativa, potrà essere differito nel tempo.
Analogamente, anche il rischio di compromettere un servizio pubblico giustificherebbe la mancata adozione della sospensione, in quanto pregiudicherebbe un diritto costituzionalmente garantito, che solo un provvedimento sospensivo per gravi e reiterate violazioni alla normativa della sicurezza, funzionale alla tutela del primario diritto costituzionale alla salute ex art. 32 della Costituzione, ne limiterebbe l’esercizio.
Per quel che concerne le competenze, oltre al personale ispettivo della ASL, a cui è attribuita la funzione di vigilanza in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro ai sensi della legge n. 833/1978, viene riconosciuta la legittimità ad adottare il provvedimento sospensivo anche al personale ispettivo del Ministero del lavoro, ma limitatamente alle materie individuate con il Dpcm n. 412/1997 che, si ricorda, ha esteso l’attività di vigilanza esercitata dagli ispettori delle Direzioni Provinciali del Lavoro al settore delle costruzioni edili.
Quanto ai presupposti per la sospensione dell’attività, è stato precisato che la reiterazione deve essere intesa come la ripetizione di una condotta illecita “grave” nell’ultimo quinquennio, escludendo le condotte antecedenti alla data di entrata in vigore della legge in oggetto.
Relativamente all’individuazione delle gravi violazioni, a cui consegue l`applicazione del provvedimento interdittivo, la nota ha specificato che si tratta di quelle violazioni che ledono i principi fondamentali del sistema prevenzionale e che mettono a repentaglio gli interessi dell`ordinamento.
Ad ogni buon conto, nel rispetto del principio di tassatività, il Ministero si è riservato di definire un elenco esplicito di tali gravi infrazioni.
L’art. 5 prevede, tra le altre condizioni, il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva pari ad un quinto delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate. Al riguardo, nonostante l’espressione letterale, il Ministero ha puntualizzato che non si tratta di una sanzione amministrativa, ma semplicemente di un onere economico accessorio che, se non pagato, comporterebbe il protrarsi della sospensione, ma non la riscossione coattiva del relativo importo.
Con riferimento all’esatta individuazione delle sanzioni complessivamente irrogate, queste riguardano le sole ipotesi richiamate dal comma 2, lett. a) dell’art. 5, ovvero le violazioni connesse all’utilizzo di lavoratori in nero. In particolare, si tratta della maxisanzione, dell’omessa istituzione ed esibizione dei libri obbligatori, della mancata scritturazione del personale sui libri obbligatori, della mancata denuncia di assunzione all’Inail e al centro per l’impiego, dell’omessa consegna al lavoratore della lettera di assunzione e del prospetto di paga.
Relativamente alla quantificazione dell’importo delle suddette violazioni, devono essere presi in considerazione gli importi relativi alle violazioni riportate nei verbali redatti dagli accertatori, indipendentemente dal fatto che si debba adottare la diffida obbligatoria o procedere alla contestazione dell’illecito amministrativo. L’importo aggiuntivo, infatti, è meramente strumentale all’adozione della revoca del provvedimento di sospensione, senza peraltro avere una propria autonomia quale distinta fattispecie sanzionatoria.
Tralasciando gli aspetti relativi alle modifiche al D.Lgs. n. 626/1994 in materia di appalti, la circolare ha spostato la propria attenzione sulle problematiche connesse alla fruizione da parte del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza del documento di valutazione dei rischi e del registro degli infortuni. In tali circostanze è stato richiamato l’obbligo normativo di rispettare il segreto industriale e, comunque, in generale l’obbligo di riservatezza a cui è tenuto il RLS in ordine ai processi lavorativi dei quali viene a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni, ai sensi dell’art. 9, co. 3 del D.Lgs. n. 626/1994.
Gli ultimi chiarimenti della nota sono stati indirizzati alle modifiche apportate dall’art. 11 della legge n. 123/2007 all’art. 1, comma 1198 della legge n. 296/2006 che prevedeva la sospensione per un anno delle verifiche ispettive nei confronti delle imprese che avessero presentato domanda di emersione. Non potendosi estendere tale previsione anche con riferimento alla materia della sicurezza e salute dei lavoratori, ne è stata decisa la totale soppressione, con conseguente esclusione della possibilità concessa al datore di lavoro di usufruire del termine annuale per la regolarizzazione delle carenze prevenzionistiche.
Nessuna particolare novità, meritevole di un ulteriore approfondimento, è scaturita dalla circolare in esame relativamente all’obbligo di munire di apposita tessera di riconoscimento il personale impiegato nell’ambito degli appalti e subappalti e riguardo all’estensione della procedure di diffida anche al personale amministrativo degli Istituti previdenziali.
Fonte: www.ance.it
© Riproduzione riservata
Documenti Allegati
Circolare .pdf