Permesso di costruire e Ritardi del Comune: il CdS sul risarcimento danni
Il Consiglio di Stato si esprime sulla quantificazione economica del risarcimento dei danni causati dal ritardo del Comune a rilasciare un permesso di costruire
Un permesso di costruire in sanatoria, una variante e un illegittimo diniego da parte della pubblica amministrazione confermato dal tribunale di primo grado. Fatti molto comuni e noti che dimostrano ancora una volta le difficoltà dei contribuenti ad investire in un Paese in cui pur riconoscendo che il tempo è denaro, non consente una corretta pianificazione temporale degli investimenti.
Permesso di costruire e Ritardi: nuovo intervento del Consiglio di Stato
Sono temi molto attuali, trattati nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5928 del 18 agosto 2021 che ci consente di comprendere meglio come funziona il risarcimento dei danni causati dalle "lungaggini" della pubblica amministrazione.
Nel caso di specie un'impresa acquista un’area e ottiene la voltura del titolo edilizio rilasciato dal Comune ai precedenti proprietari. Successivamente l'impresa presenta la richiesta di un permesso di costruire in variante alla concessione, denegata dal Comune per la non conformità delle opere alla normativa sopravvenuta. La società propone ricorso al TAR che solo dopo due anni gli da ragione e a tre anni dalla richiesta il Comune rilascia il permesso di costruire in sanatoria e variante e la ricorrente dopo cinque anni conclude i lavori di costruzione del manufatto progettato.
Il ricorso in primo grado
Ciò premesso, la ricorrente chiede la condanna del Comune al risarcimento dei danni derivanti dal ritardo di oltre due anni con il quale il Comune le ha rilasciato il permesso di costruire, danni quantificati in Euro 503.684, 57. Il Tar accoglie la domanda di risarcimento del danno cagionato dal ritardo nell’esecuzione dei lavori, condannando il Comune al pagamento della somma complessiva di Euro 5.117, 68, oltre interessi e rivalutazione.
Stiamo parlando di Euro 498.566,89 in meno rispetto la richiesta del ricorrente che, quindi, propone ricorso al Consiglio di Stato.
La decisione del Consiglio di Stato
Secondo il ricorrente in secondo grado errato sarebbe l'operato del TAR nel non considerare il risarcimento dei danni relativi:
- al rincaro dei costi di costruzione intercorrente dal 2004, in coincidenza con la sospensione dei lavori, alla ripresa dell’esecuzione delle opere avvenuta nel 2007;
- alla mancata concessione in locazione a terzi dei ponteggi e della gru;
- ai maggiori interessi passivi;
- al mancato utile derivante dalla proficua utilizzazione dell’immobile.
La quantificazione del danno
Per rispondere al ricorso il Consiglio di Stato ha immediatamente ricordato che il ricorrente, ai sensi degli artt. 2697 c.c. e 64 c.p.a., avrebbe dovuto fornire la prova dei danni sofferti in conseguenza del ritardo nell’esecuzione dei lavori, allegando le circostanze di fatto idonee ad evidenziare la prova delle voci di danno prospettate nella domanda di condanna del Comune. Prove che non sono state fornite.
Entrando nel dettaglio:
- in riferimento al danno quantificato in Euro 93.008,95 (differenziale di costi sopportati dovuto ad un rincaro del 20% “dei costi di costruzione delle materie prime” nell’anno di ripresa dei lavori, 2007, rispetto all’anno in cui i lavori furono illegittimamente sospesi, 2004) la perizia di parte non supplisce alla generica affermazione che l’incremento dei prezzi non sarebbe stato compensato da un correlativo aumento dei valori immobiliari; inoltre la società non ha allegato né prodotto in giudizio il computo metrico estimativo dei lavori da cui desumere l’effettiva variazione dei costi riferiti a ciascuna lavorazione;
- il maggior costo degli interessi passivi non è stato documentato;
- non è risarcibile il costo per lo smontaggio del ponteggio e della gru o per l’eventuale concessione in locazione a terzi, non indicati nominativamente né individuati con il conforto di un contratto di locazione;
- non è risarcibile la voce di danno relativa “alla perdita della possibilità” di intraprendere e “portare a termine un investimento immobiliare adeguato alla liquidità che la società avrebbe potuto ottenere in anticipo” se i lavori non fossero stati illegittimamente sospesi.
In riferimento alla richiesta di risarcimento danni per perdita di un'occasione di guadagno, questa deve fondarsi, ai sensi dell’art. 2056, secondo comma, del codice civile, su circostanze di fatto concrete che possano essere equamente apprezzate dal giudice. Nel caso in esame la società appellante non ha allegato e comprovato alcuna circostanza di fatto oggettiva. Ad esempio: trattativa in corso con potenziali acquirenti, o soggetti comunque interessati all’utilizzazione produttiva del manufatto), né ha allegato elementi di fatto sulla ragionevole probabilità di realizzare l’incremento patrimoniale secondo un criterio di normalità. Sii è limitata ad allegare lo scopo sociale perseguito ricomprendente la costruzione e vendita di immobili.
Proprio per i suddetti motivi il ricorso è stato respinto, confermando la responsabilità dell'Amministrazione e la quantificazione del danno operata dal TAR.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 18 agosto 2021, n. 5928