Distanze legali costruzioni: valgono anche per le scale?
Il Consiglio di Stato spiega se esistono delle deroghe alla violazione della distanza tra edifici
Violazione distanze tra edifici: esistono delle deroghe ad eventuali abusi di questo genere? Praticamente no, come dimostra la sentenza n. 6613/2021 del Consiglio di Stato, che si è pronunciato in merito al ricorso contro un ordine di demolizione proprio per violazione della distanza minima tra edifici.
Violazione distanza tra edifici: cosa dice il Consiglio di Stato
L’ordine di demolizione in esame riguardava, tra le diverse opere, anche la realizzazone di una scala abusiva, costruita in difformità rispetto ai titoli rilasciati e per la quale era stato negato il permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, per il mancato rispetto della distanza di metri 10 di cui al decreto ministeriale n. 1444 /1968, da calcolare tra le pareti finestrate degli edifici antistanti con riferimento a ogni punto del fabbricato.
Tra i motivi di ricorso:
- l’inerzia della pubblica amministrazione, dato che l’abuso era stato commesso oltre quarant’anni prima;
- l’estraneità al compimento dell’abuso perché il responsabile sarebbe stato un’altra persona;
- parte della scala era stata assentita fin dal 1961 e quindi sarebbe stato erroneo ritenere illegittima la sua realizzazione per difetto del collaudo strutturale previsto dalla legge n. 9 del 1983;
- alla luce dell’articolo 5 del decreto-legge n. 32 del 2019, convertito dalla legge n. 55 del 2019, i limiti di distanza tra fabbricati previsti dall’articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 dovrebbero riferirsi esclusivamente alle zone omogenee C corrispondenti alle parti del territorio non edificate o con edificazione di minore intensità, mentre nel caso in esame il fabbricato in contestazione sarebbe situato in zona B.
Scala abusiva è un corpo autonomo
Palazzo Spada ha respinto l’appello in ogni sua parte perché la scala, date le sue caratteristiche strutturali, era subordinata all’ottenimento del permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto corpo autonomo in grado di modificare sagoma e prospetto dell’originario edificio.
Questo perché la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, come ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa.
Inoltre le licenze edilizie concesse riguardavano un progetto difforme da quello effettivamente realizzato, per cui l’ordine di demolizione sarebbe stato atto dovuto e vincolato che non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi.
Calcolo distanze minime tra edifici
A prescindere dalla data di realizzazione, la scala viola la distanza tra edifici ai sensi del DM n. 1444 del 1968 e dato che l’edificio si configura come “nuova costruzione”, è soggetto alla normativa sul rispetto della distanza minima di 10 metri tra edifici.
Le distanze vanno misurate dalle sporgenze estreme dei fabbricati, escludendo solo parti ornamentali, di rifinitura ed accessorie di limitata entità e i cosiddetti sporti (cornicioni, lesene, mensole, grondaie e simili). Sono rilevanti le parti aggettanti (quali scale, terrazze e corpi avanzati) anche se non corrispondenti a volumi abitativi coperti, ma che estendono ed ampliano (in superficie e in volume) la consistenza del fabbricato.
Inerzia pubblica amministrazione non legittima l'abuso
Infine, il Consiglio di Stato ha fatto notare che non può avere rilievo, ai fini della validità dell’ordine di demolizione, il tempo trascorso tra la realizzazione dell’opera abusiva e la conclusione dell’iter sanzionatorio: la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo.
Anche nel caso in cui l’attuale proprietario dell’immobile non sia responsabile dell’abuso e non risulti che la cessione sia stata effettuata con intenti elusivi, le conclusioni sono le stesse.
Documenti Allegati
Sentenza