Superbonus 110%: la condominialità per un orizzonte più ampio
L’art. 119 del D.L. 34/2020 prevede orizzonti temporali e limiti di spesa differenti in funzione della configurazione dell’immobile. Cosa significa ed errori frequenti
L'attuale quadro normativo per la fruizione delle detrazioni fiscali del 110% (superbonus) prevede degli orizzonti temporali diversi in funzione del soggetto beneficiario dell'incentivo e della tipologia di immobile.
Superbonus 110%: l'orizzonte temporale
L'art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), a seguito delle modifiche apportate dalla Legge n. 178/2020 (Legge di Bilancio 2021) e dal Decreto Legge n. 58/2021, definisce il seguente orizzonte temporale:
- per tutti i beneficiari (edifici unifamiliari inclusi) - 30 giugno 2022;
- per gli edifici plurifamiliari da 2 a 4 u.i. posseduti da una o più persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività di impresa, arte o professione - 30 giugno 2022 con possibilità, se entro questa data si raggiunge il 60% del SAL, di arrivare al 31 dicembre 2022;
- condomini - 31 dicembre 2022;
- IACP - 30 giugno 2023 con possibilità, se entro questa data si raggiunge il 60% del SAL, di arrivare al 31 dicembre 2023.
Differenze che hanno generato notevoli problematiche e difficoltà per i contribuenti nel determinare la differenza tra edificio plurifamiliare e condominio minimo.
Superbonus 110%: l'orizzonte temporale dopo la Legge di Bilancio 2022
Questa difficoltà è stata probabilmente rilevata dal Governo che nella formulazione del disegno di Legge di Bilancio 2022 ha uniformato la scadenza per condomini ed edifici plurifamiliari. Se dovesse essere confermato il contenuto dell'art. 8 del ddl di Bilancio 2022, per queste due tipologie di beneficiari, anche in caso di demolizione e ricostruzione, l'orizzonte temporale arriverà al 2025 con un superbonus decrescente nella aliquota fiscale:
- 110% per quelle sostenute entro il 31 dicembre 2023;
- 70% per quelle sostenute nell’anno 2024;
- 65% per quelle sostenute nell’anno 2025.
Superbonus 110%: da unifamiliare a plurifamiliare
Mentre oggi il passaggio da edificio plurifamiliare a condominio risulta essere importante per avere quei sei mesi in più senza il vincolo del 60% al 30 giugno 2022, domani con questa versione di legge di Bilancio diventerà sempre più interessante la possibilità di convertire un edificio unifamiliare in plurifamiliare. Anche perché, come è ormai noto, nei plurifamiliari come nei condomini il limite di spesa si moltiplica per le unità immobiliari.
Ma altro aspetto da non sottovalutare è il requisito di residenzialità richiesto per la fruizione del Superbonus e sul quale l'Agenzia delle Entrate si è più volte espressa parlando di edifici plurifamiliari con una superficie residenziale maggiore o minore del 50%.
L’individuazione (o la creazione) di qualche forma di “condominialità” offre quindi un orizzonte temporale più ampio e un plafond di spesa più alto. Ma come si riconosce (o si crea) un condominio? Quando si è in presenza di un edificio “plurifamiliare”? Ne ho discusso con l'ing. Cristian Angeli, esperto di sismabonus con cui mi confronto spesso e a cui ho posto le seguenti domande.
Edificio unifamiliare, plurifamiliare e condominio: le differenze
Domanda - Edificio unifamiliare, plurifamiliare, condominio e condominio minimo. Come si riconoscono e quali sono le differenze dal punto di vista civilistico?
Questo è l’argomento clou di questi giorni perché, effettivamente, il Governo ha offerto una prospettiva abbastanza generosa alla categoria degli edifici plurifamiliari (in condominio o fino a 4 unità immobiliari di unico proprietario), quantomeno compatibile con l’esecuzione di interventi già in programma. Per le persone fisiche proprietarie di edifici unifamiliari invece le cose si sono messe male, essendo confermata la deadline del 30 giugno 2022. A meno che non decidano di demolire e ricostruire, poiché in tal caso anche loro potrebbero guadagnare qualche mese in più. Oppure nei casi residuali delle CILAS già presentate o di coloro che rientrano nel limite ISEE di 25.000euro (difficile).
Venendo alla domanda… Provo a rispondere, con riferimento al Super Sismabonus, ma armatevi di pazienza perché è una risposta molto ingarbugliata, fatta di definizioni e controdefinizioni.
Ad esempio il decreto rilancio, solo all’interno dell’art. 119, l’ha usata qualcosa come 38 volte, le ho contate, ma senza un glossario che ne desse un significato ufficiale.
Nei casi complessi, è un bel problema dal punto di vista tecnico, perché il non corretto inquadramento dell’“edificio” può portare a perdere un treno che probabilmente non passerà mai più o, nella fretta, può portare a saltarci sopra senza avere il biglietto.
Mi è capitato più volte di revisionare progetti nei quali, non essendo stato riconosciuto “l’edificio”, si stava per operare sulle singole unità anziché sul condominio, sbagliando tutto. Ma è comprensibile perché, purtroppo, neppure il Codice Civile fornisce una definizione chiara del termine “edificio”.
Per fortuna ci viene in aiuto una vecchia Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, la num. 1820 del 23 luglio 1960, che definisce “edificio qualsiasi costruzione coperta, isolata da vie o da spazi vuoti, oppure separata da altre costruzioni mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto; che disponga di uno o più liberi accessi sulla via, e possa avere una o più scale autonome”. Facile a dirsi… Ma nei casi pratici può diventare un rompicapo.
Torno alla domanda, come riconoscere edifici unifamiliari, plurifamiliari, condomini… Scusate se ho divagato ma il tema è molto ampio.
In termini generali diciamo che per l’inquadramento di un condominio conviene fare riferimento all’art. 1117 del Codice Civile che, pur non dandoci - anche qui - una definizione, almeno ci dice cosa sono le “parti comuni”. Quindi, per dirla con parole mie, si è in presenza di un “condominio” tutte le volte in cui due o più unità immobiliari, facenti parte di uno stesso edificio o costituenti una porzione di esso, presentano parti comuni e sono di proprietà di almeno due soggetti diversi. Il condominio, qualora ricorrano le condizioni, nasce automaticamente, anche se i proprietari non lo sanno o non lo vogliono.
All’opposto può essere definito “edificio unifamiliare” un’unica unità immobiliare urbana di proprietà esclusiva, funzionalmente indipendente, che disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno e destinata all’abitazione di un singolo nucleo familiare.
Quest’ultima definizione, che in un certo senso ha una accezione socio-economica (ma non strutturale), l’ho presa nell’allegato A del Regolamento edilizio tipo di cui all’art. 4, comma 1-sexies, del DPR n. 380/2001.
Chiarito (si fa per dire) che cos’è un “condominio”, che cos’è un “edificio” e che cos’è un “edificio unifamiliare”, si potrebbe dedurre che un edificio “plurifamiliare” (quello composto da 2 a 4 unità immobiliari di proprietà di un unico soggetto o in comproprietà, a cui fa riferimento il decreto rilancio) altro non è che un raggruppamento di edifici unifamiliari o di unità immobiliari non in condominio.
E invece no. Questa, al massimo, potrebbe essere una definizione valida ai fini civilistici. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che qua siamo in ambito fiscale e in particolare ci stiamo riferendo al Sismabonus.
E allora per l’individuazione degli edifici composti da 2 a 4 unità immobiliari, si deve guardare se ci sono “parti comuni”, quelle definite ai sensi dell’art. 1117 CC. Perché il Superbonus, nel caso di edifici plurifamiliari, vale per interventi effettuati su parti comuni. Ma si può parlare di esistenza di “parti comuni” solo se l’edificio risulta composto da almeno 2 unità “principali” (anche queste da riconoscere), oppure da più unità immobiliari di cui una sola principale e tutte le altre ad essa pertinenziali (circ. Agenzia delle Entrate 8.7.2020 n. 19, p. 249).
Ah dimenticavo. Poiché, come abbiamo detto, ci stiamo riferendo al Super Sismabonus dobbiamo tener presente che la Commissione di Monitoraggio istituita presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ha detto che, per gli interventi, bisogna sempre considerare l’unità “strutturale” e che il resto conta poco e niente… Un mosaico di definizioni, vi avevo avvisati.
Ma come dicevo è indispensabile inquadrare correttamente l’oggetto dell’intervento, anzitutto per non commettere errori: se ci sono le caratteristiche per definire un condominio è obbligatorio fare riferimento ad esso e non alle singole unità immobiliari. Ma anche perchè i condomini si portano dietro un sacco di vantaggi alla luce delle nuove modalità di proroga del Superbonus.
Casi pratici di “composizioni” immobiliari
Domanda – Vediamo alcuni esempi. Due unità “abbinate” in orizzontale, di diversi proprietari, sono o non sono un condominio? E se le due unità fossero “sovrapposte”?
Sono due situazioni molto ricorrenti in Italia, la configurazione tipica della classica bifamiliare di paese.
Nel primo caso, ovvero quando le due unità sono adiacenti, la definizione letterale di edificio unifamiliare potrebbe portare fuori strada, perché tenderebbe a farci identificare le due unità in modo distinto, soprattutto seguendo l’approccio dell’indipendenza funzionale descritta dall’Agenzia delle Entrate nella circ. 24/E che, nel caso del Sismabonus, ha poco senso.
Al fine di inquadrare correttamente l’intervento, e quindi per capire se l’edificio è, o meno, un condominio, occorre verificare se ci sono “parti comuni”. E allora è indispensabile fare un’analisi di tipo morfologico e costruttivo, poiché due unità affiancate possono tranquillamente averne o non averne di parti comuni. E l’apparenza inganna.
Quindi, nell’ipotesi di due unità perfettamente affiancate, bisognerà ad esempio controllare se gli impalcati sono orditi in direzione ortogonale al muro divisorio, ovvero se esso risulta portare anche il nostro solaio. Poi bisognerà capire l’evoluzione costruttiva… Quel muro è nato con la nostra unità oppure la nostra si è addossata all’altra successivamente? Oppure ancora il processo costruttivo è stato unitario?
Nel caso del muro divisorio che porta i solai di entrambe le unità non c’è dubbio che quello sia una parte comune strutturale (insieme ad almeno una parte delle fondazioni) e quindi ecco che abbiamo trovato degli indizi ineludibili di condominialità, che potrebbero far comodo per ottimizzare il Superbonus. Nel caso specifico si tratterebbe di un condominio orizzontale.
Se invece quel muro divisorio appartenesse originariamente ad una delle due unità e l’altra risultasse realizzata solo “in appoggio”, allora in tal caso la condominialità - intesa in senso oggettivo - non ci sarebbe e si ricadrebbe nel caso (sfortunato ai fini delle proroghe) di due unità da trattare singolarmente, con scadenze ravvicinate al 30 giugno 2022. In tal senso è utile una sentenza recentissima del Cons. Stato Sez. VI, Sent., (ud. 15-07-2021) 06-09-2021, n. 6218, “due unità immobiliari realizzate in aderenza […] strutturalmente autonome […] né legate da alcun vincolo funzionale, non si farebbe questione di un edificio unitario ampliato, ma di realizzazione di nuovo edificio unifamiliare (riconducibile, dunque, ad una tipologia edilizia connotata, in ipotesi, dalla presenza di un’unica unità immobiliare)”. Cioè la sentenza dice che la parte che risulta strutturalmente autonoma rappresenta un edificio a se stante.
Però attenzione. La condominialità potrebbe essere costituita anche per volontà delle parti. Ad esempio, pur in assenza di parti strutturali in comunione, i proprietari potrebbero costituire legittimamente un condominio per gestire o per amministrare la facciata o la corte comune. In tal caso saremmo di fronte a tutti gli effetti a un condominio che comprenderebbe un edificio composto da due unità immobiliari e da due unità strutturali. Ripeto, sono questioni piuttosto complesse, soprattutto da sintetizzare.
Il secondo caso invece è molto più semplice. L’edificio descritto, la classica palazzina italiana anni ‘70, è composto da due unità sovrapposte e quindi è chiaro che si è in presenza delle parti comuni descritte all’art. 1117 del Codice Civile (almeno le fondazioni, le pareti e il tetto). Essendoci anche due diversi proprietari si forma il classico condominio.
In quest’ultimo caso trattare singolarmente le unità sarebbe del tutto sbagliato, oltreché non conveniente.
Domanda – Nel caso di un aggregato edilizio o di un edificio a schiera, come si deve ragionare? Il proprietario di una unità cielo terra, si può dire che possiede un edificio unifamiliare oppure la sua unità fa parte di un “edificio” più ampio?
Valgono un po' i ragionamenti fatti nella risposta precedente. Bisogna capire se l’unità in questione è davvero “funzionalmente indipendente” dal punto di vista civilistico. Il punto è lì, non facciamoci ingannare dalla definizione di indipendenza funzionale che ha dato l’Agenzia delle Entrate, che rappresenta una deroga contenuta in una circolare (la famosa 24/E) che ha solo valore di prassi. Dal punto di vista giuridico, ovvero in Tribunale, quella circolare sta sotto ai principi espressi dal Codice Civile e quindi se il singolo fa un intervento che, per qualche motivo, incide sulle parti comuni (ad esempio su una facciata o su un tetto in comproprietà con altri soggetti), questi potranno sempre contestare la mancanza di titolarità e quindi, ancora una volta, ci sarebbero enormi problematiche nel difendere la validità della CILAS alla base del Superbonus.
Venendo al caso io ritengo che “l’edificio” sia rappresentato dall’intero aggregato edilizio o dall’intero edificio a schiera, per capirlo basta rileggere la definizione ministeriale del 1960. Però se l’unità cielo terra fosse davvero indipendente dal punto di vista funzionale e se gli interventi non riguardassero parti comuni (ad esempio lavori di manutenzione della porzione di tetto che copre l’unità cielo terra), allora si potrebbe fare riferimento all’edificio unifamiliare del singolo proprietario.
Domanda – E se, sempre in caso di aggregati edilizi, un unico proprietario possiede due, o tre, unità cielo terra affiancate, si può dire che ricade nel caso dell’edificio plurifamiliare da 2 a 4 unità immobiliari (con scadenza finale 31/12/2022) oppure, anche in questo caso, si deve considerare un “edificio” più ampio e valutare la condominialità?
Vale lo stesso identico ragionamento fatto sopra, ma più in grande. Tralasciando casi particolari direi che le 2 o 4 unità andrebbero trattate in blocco e quindi bisognerebbe capire come, questo “blocco”, si relaziona con il resto dell’edificio. I punti da osservare sono sempre gli stessi. Prima di tutto bisogna accertare se vi è qualche accordo condominiale ab origine, poi verificare se vi sono o meno parti comuni tra la proprietà del singolo e il resto dell’edificio. Se le 2 o 4 unità immobiliari sono strutturalmente separate (autonoma unità strutturale) poichè, ad esempio, il blocco è stato il frutto di successive aggiunte o trasformazioni di un edificio preesistente, allora esso costituirebbe un “edificio” a se stante e potrebbe essere trattato in modo autonomo, con scadenza al 30 giugno 2022 splittabile al 31 dicembre 2022 in caso di corretto avanzamento lavori. Negli altri casi no, ovvero, bisognerebbe scomodare il condominio, con i pro e i contro del caso.
Domanda – E, infine, se l’edificio fosse composto da una unità residenziale e da una non residenziale di proprietà di un unico soggetto? In quale caso si ricade? È un edificio unifamiliare o plurifamiliare?
Situazione anche questa ricorrente. Pensiamo agli edifici casa-bottega, in cui a piano terra c’è un negozio o un’officina e a piano primo abita il proprietario. Con questa configurazione l’edificio ricadrebbe nel caso dei “plurifamiliari” composti da due a 4 unità immobiliari di un unico proprietario o in comproprietà e quindi godrebbe della scadenza del 31 dicembre 2022 (con dimostrazione del SAL al 30 giugno 2022). Attenzione però. Questo è vero se e solo se le due unità possono essere ritenute “principali” (ovvero se hanno una autonoma redditualità e se una delle due non è pertinenziale all’altra) e se la superficie abitativa “prevale” su quella non abitativa.
Il frazionamento degli edifici unifamiliari
Domanda - Da unifamiliare a plurifamiliare. Negli ultimi tempi ci sono state molte richieste di frazionamento per moltiplicare i limiti spesa. Ci spieghi meglio come funziona.
Effettivamente è una richiesta molto ricorrente per i motivi che abbiamo detto in premessa, ovvero gli edifici unifamiliari, a meno di casi residuali, andranno in scadenza il 30 giugno 2022: nella maggior parte dei casi saranno a rischio di non poter fruire del Superbonus.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito più volte che è possibile, prima dell’inizio dei lavori, frazionare l’edificio o l’unità immobiliare, ovvero dividerli per creare più unità. Se poi queste fossero oggetto di donazione o vendita, si potrebbe anche trasformare l’edificio di partenza in un condominio. È una operazione molto vantaggiosa perché offre un orizzonte temporale più ampio e moltiplica il plafond di spesa disponibile.
Però bisogna ovviamente fare attenzione. Serve una pratica edilizia in comune per poterlo fare, poi bisogna sdoppiare gli impianti e le utenze, infine servono gli allineamenti catastali. Sempre che non serva anche qualche trasformazione fisica dell’edificio, come ad esempio una porta o una parete divisoria e allora in tal caso serve anche la pratica al genio civile. Tutto fattibilissimo e legalissimo, ma occorre farlo sempre con la supervisione di un tecnico esperto, per evitare di fare cose inutili.
Vorrei concludere con una considerazione generale, vista la complessità della materia. Anzitutto vorrei direi che non esiste una regola fissa, a chi mi chiede come si fa per capire se un edificio è un condominio o è un’altra cosa io rispondo sempre che dipende… E come abbiamo visto in questa breve analisi dipende da una molteplicità di fattori, civilistici, urbanistici, strutturali, etc. Poi dipende anche dalla tipologia di interventi che si vanno a fare.
Tutto questo mi porta a dire che è si una materia complessa, ma è anche piuttosto “elastica”, che si presta ad interpretazioni, da motivare bene. Per questo consiglio a tutti, prima di imboccare una strada o di darsi per persi, di consultare un professionista esperto che possa analizzare l’edificio e, magari con una perizia giurata da allegare alla pratica di bonus, possa attestarne la natura condominiale o plurifamiliare.