Demolizione e ricostruzione in area vincolata: superbonus 110% inutilizzabile
L'attuale definizione di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione rende inapplicabile il superbonus nelle aree sottoposte a vincolo
Parlare di superbonus 110% non è mai semplice. Non esistono veri esperti e giornalmente chi si occupa di questa materia viene a conoscenza di nuove e interessanti problematiche nate a seguito dell'applicazione pratica o meglio scontro con la realtà.
Superbonus 110%: la demolizione e ricostruzione
L'argomento di cui parleremo in questo approfondimento riguarda gli interventi di demolizione e ricostruzione che, grazie all'art. 119, comma 1-quater del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio), possono godere delle agevolazioni fiscali del 110% (superbonus). Ma, come più volte chiarito dall'Agenzia delle Entrate, in caso di demoricostruzione l'intervento potrà godere del bonus 110% solo a patto che sia configurato come ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
L'art. 3, comma 1, lettera d) del testo unico edilizia è stato modificato dall'art. 10, comma 1, lettera b), del D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) convertito in legge n. 120 del 2020. Nella sua attuale formulazione, rientrano nella definizione di ristrutturazione edilizia:
gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.
Ho riportato in grassetto la parte che sta creando non poche problematiche e sulla quale abbiamo già pubblicato alcuni approfondimenti a seguito del Parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici 11 agosto 2021, n. 7944:
- Ristrutturazione edilizia e tutela vincoli: nuovi chiarimenti dal CSLP;
- Parere CSLP su demolizione e ricostruzione: ecco perché non fidarsi;
- Demolizione e ricostruzione: cosa si fa sui beni culturali e paesaggistici?
Superbonus 110%: la ristrutturazione edilizia in area vincolata
Si è posto il problema su quali siano i vincoli di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali) per i quali l'intervento di demoricostruzione può non rientrare nella definizione di ristrutturazione edilizia.
Problema sul quale, in maniera superficiale, si è espresso il CSLP con il su richiamato parere n. 7944/2021 nel quale ha ricordato che il Codice dei beni culturali e del paesaggio è finalizzato alla tutela e valorizzazione di due tipi di beni:
- da un lato i beni culturali (beni mobili e immobili), cui è dedicata la Parte II del Codice;
- dall’altro, i beni paesaggistici (beni immobili ed aree )cui, invece, è dedicata la Parte III del Codice.
Secondo il CSLP andavano esclusi dall'applicazione estensiva di "demolizione e ricostruzione" contenuta nel nuovo art. 3, comma 1, lettera d) i beni indicati all’art. 136 del Codice dei beni culturali e quelli ricompresi nei Piani paesaggistici di cui al successivo art. 143. Questo in quanto (secondo il CSLP) una interpretazione più restrittiva porterebbe ad escludere l’applicazione estensiva dell’art. 3, comma 1, lett. d), del DPR 380/2001.
La ristrutturazione edilizia nella realtà
Nel mondo reale fatto di permessi, autorizzazioni e nulla osta, l’Ufficio legale del MIBACT, con nota prot. 26340 del 21 settembre 2021, si è espresso in maniera diametralmente e comprensibilmente opposta alla tesi del CSLP che, benché ragionevole, non teneva minimamente conto del contenuto letterale della nuova definizione di ristrutturazione edilizia.
E a seguito di questa nuova nota del MiBACT, alcune Soprintendenze stanno esprimendo pareri contrari, all'interno dei quali si scrive:
“Come è noto le modifiche apportate all’art. 3 comma 1,lettera d) del DPR 380/2001,dall’art. 10,comma 1 lettera b) della Legge 120/2020,hanno esteso la tipologia degli interventi di demolizione e/o ricostruzione qualificati come “ristrutturazione edilizia” ricomprendendo tra questi anche quelli di “demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma,prospetti,sedime e cararetteristiche planivolumetriche e tipologiche,(…)”. Nondimeno,la norma pone un limite a tale previsione per alcuni tipi di immobili e tra questi quelli “sottoposti ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,n. 42“ per i quali “gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma,prospetti,sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
Lo strano caso della ristrutturazione edilizia
Se la richiesta viene presentata come intervento di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del Testo Unico Edilizia, la Soprintendenza non potrà rilasciare il nulla osta previsto dal citato articolo 146,in quanto l’intervento proposto di demolizione e ricostruzione non può essere qualificato come “ristrutturazione edilizia”,in quanto è previsto un incremento volumetrico e non vengono mantenuti sagoma,sedime,prospetti e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente.
Paradossalmente, se la richiesta fosse stata presentata ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c) del Testo Unico Edilizia, il parere della Soprintendenza sarebbe stato diverso. Ricordiamo, infatti, che nella citata lettera c) viene prevista la possibilità di utilizzare il permesso di costruire per "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42".
Cosa sta accadendo in Sicilia
Ho parlato di questa problematica con l'Arch. Mario Caruso dello Studio di architettura BASE51, il quale ha ricordato che la Legge della Regione Sicilia n. 6/2010 (Piano Casa), recentemente novellata, all’art. 11 – Ambito di applicazione (non oggetto di modifiche nell’ambito della L.R. n. 23/21), al comma 2 individua le aree e gli immobili che non possono essere oggetto di Piano casa e in particolare:
- le zone di tutela naturalistica, il sistema forestale e boschivo, gli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi di acqua e le zone di tutela della costa e dell’arenile, come perimetrati nel piano territoriale paesistico regionale (PTPR) ovvero nei piani provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne attuazione;
- le zone interne alle aree ‘A’ e ‘B’ dei parchi regionali e le aree delle riserve naturali, ad esclusione dei territori ricompresi all’interno delle zone ‘D’ dei parchi regionali e delle preriserve. Per gli interventi realizzabili ai sensi della presente lettera i limiti massimi di incremento volumetrico previsto sono ridotti di un terzo. Detti interventi sono soggetti al preventivo nulla osta dell’ente competente;
- le fasce di rispetto dei territori costieri, dei boschi, delle foreste e dei parchi archeologici;
- le aree interessate da vincolo assoluto di inedificabilità, salvo quanto previsto dall’articolo 8;
- le zone del demanio statale, regionale, provinciale e comunale;
- gli immobili oggetto di condono edilizio nonché di ordinanza di demolizione, salvo quelli oggetto di accertamento di conformità di cui all’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, introdotto dall’articolo 1 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37;
- gli immobili privati situati su aree demaniali di proprietà dello Stato, Regione, provincia e comune;
- gli immobili tutelati ai sensi di quanto previsto dalla parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio);
- gli immobili ricadenti nelle aree a pericolosità e/o rischio idrogeologico elevato o molto elevato, come classificate nel vigente Piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico di cui all’articolo 130 della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, al momento della presentazione dell’istanza;
- le zone A come definite e perimetrate dagli strumenti urbanistici ai sensi di quanto previsto dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
- le aree di danno degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, qualora gli edifici risultino non compatibili con i criteri di sicurezza definiti dal decreto ministeriale 9 maggio 2001 del Ministro dei lavori pubblici.
Di fatto, in aree sottoposte a “semplice” vincolo paesaggisti in ragione del Piano Casa è possibile un intervento di demo ricostruzione con modifica di sagoma e area di sedime e aumento di volumetria.
Un siffatto intervento a Piano Casa è soggetto a rilascio di Permesso di Costruire, per come alla lettera c), comma 1 dell’art. 10 del DPR 380/01, come recepito dall’art. 5 della L.R. 16/16, per come modificato dall’art. 5 della L.R. 23/12:
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti degli immobili sottoporti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.
Tale Permesso di Costruire può essere dunque richiesto per un intervento sopra descritto, che rientra nella definizione di cui alla citata lettera d) del comma 1 dell’art. 3 del DPR 380/01. Di fatto, l’intervento può essere assentito in come ristrutturazione edilizia a Piano Casa, ma non viene assentito in quanto la ristrutturazione edilizia con quelle caratteristiche non è assentibile.
Il corto circuito normativo
Ciò genera di fatto un corto circuito normativo e determina:
- Una disparità di trattamento tra chi, a parità di normativa, ha avuto assentito un intervento in ragione del pronunciamento del CSLP e quanti a cui viene negato in ragione del pronunciamento dell’Ufficio Legate del MIBACT
- L’obbligo del mantenimento di sagoma, altezza, volumi e prospetti di tutti gli edifici esistenti in tutte le zone vincolate; ovvero nelle stesse zone in cui è anche possibile, ove ricorra, effettuare interventi di nuova costruzione. Ciò di fatto annulla qualunque proposto normativo di rigenerazione urbana.
- L’impossibilità ad accedere al Superbonus, data la prescrizione espressa (c. 3 art. 119 DL 34/20) che l’accesso alle agevolazioni per interventi di demo ricostruzione si applica agli interventi qualificabili secondo la let. d) c. 1 art. 3 del DPR 380.