Fiscalizzazione dell'abuso: il rapporto tra stato legittimo e detrazioni fiscali
Gli effetti della fiscalizzazione di un abuso edilizio sulla fruizione di detrazioni fiscali e sull'agibilità dell'immobile
Mettere in relazione il concetto di fiscalizzazione dell’abuso e bonus edilizi non è né facile né banale, ma è possibile tracciare una rotta che passi tra giurisprudenza e normativa.
Fiscalizzazione dell'abuso: cos'è?
Anzitutto, è forse utile richiamare il concetto di fiscalizzazione dell’abuso edilizio, per poterlo inquadrare in modo deciso nelle definizioni normative. Per fiscalizzazione, dunque, si intende la procedura prevista sia dall’art. 33, comma 2, sia dall’art. 34, comma 2, del DPR 6 giugno 2001 n. 380: è, in entrambi i casi, una procedura che mira a tutelare l’integrità strutturale di edifici che, pur nascendo legittimi o avendo un nucleo legittimo, sono stati successivamente trasformati, ovvero proprio costruiti, con delle difformità importanti che affliggono, però, solo una parte dell’immobile. Fermo restando che per gli illeciti gravi (dalla ristrutturazione edilizia pesante in su) la norma prevedrebbe sempre e comunque la demolizione, la c.d. fiscalizzazione può operare, a discrezione dell’amministrazione, in quei casi in cui il ripristino o la demolizione della porzione illegittima non può essere eseguita senza arrecare pregiudizio alla parte legittima.
Fiscalizzazione dell'abuso: non è una sanatoria
In sostanza, si tratta di una procedura che consente di evitare la demolizione, convertendola in una sanzione pecuniaria. Fin qui sembra tutto chiaro, se non fosse che questa procedura è stata interpretata nel corso del tempo in modo forse un po’ troppo smaliziato ed è stata addirittura spacciata per una procedura di accertamento di conformità, cosa che, a mio parere, non è. Questo è un primo punto essenziale da chiarire per poter comparare la procedura di fiscalizzazione con il tema dell’applicabilità dei benefici fiscali: la cosiddetta fiscalizzazione tutto è tranne che una procedura di sanatoria o accertamento di conformità. Questo concetto è stato chiarito dalla Corte di Cassazione Penale che, con sentenza n. 3579/2021, è andata a confermare l’ovvio: negli articoli 33 e 34 non si parla di accertamento di conformità, il quale è relegato agli articoli 36 e 37: nelle procedure di cosiddetta fiscalizzazione, dunque, si tramuta la demolizione in sanzione e basta, senza produrre nessun effetto sanante. Significa che anche dopo aver pagato, l’immobile rimane privo dello stato legittimo, solo che la difformità non può essere rimossa. È, nei fatti, uno stato di limbo, in cui l’immobile non è né sanato né demolibile: forse può essere commerciabile, ma questa è un’altra storia.
Interventi eseguiti in base a permesso annullato
Per parallelismo, e per comprendere meglio l’approccio da avere nei confronti di questa procedura, possiamo parlare dell’articolo 38 sempre del testo unico dell’edilizia, che disciplina gli interventi eseguiti in base a permesso annullato: l’articolo tratta il delicato caso degli edifici che, pur realizzati in conformità ad un titolo edilizio regolarmente rilasciato, hanno perduto lo stato legittimo a causa del successivo annullamento del permesso, cosa che può avvenire se vengono riscontrati dei vizi a posteriori: per tutelare in parte il legittimo affidamento del privato, e sempre nel caso in cui si accerti la non demolibilità del fabbricato (e non sia possibile togliere il vizio da un punto di vista amministrativo), il quale ha costruito serenamente pensando di essere “a posto”, la legge ha disciplinato, in questo articolo, la possibilità di espiare i vizi del permesso pagando una (salata) oblazione e, in questo specifico caso, la legge espressamente prevede che il pagamento dell’oblazione produce gli effetti dell’articolo 36 (art. 38, comma 2), ovvero l’accertamento della conformità edilizia. Dunque nel caso dell’art. 38, pagando, si ripristina lo stato legittimo (temporaneamente) perduto. Di tutto ciò, invece, non vi è traccia negli articoli 33 e 34, dal che si può facilmente desumere che la volontà del legislatore è che la procedura di fiscalizzazione, benché non particolarmente costosa (la sanzione si calcola sulla base dei valori dell’equo canone), non produce uno stato legittimo degli immobili afflitti da difformità gravi, altrimenti avrebbe inserito in questi articoli un qualcosa di analogo a ciò che ha disposto nell’art. 38.
Il rapporto tra abuso fiscalizzato e detrazioni fiscali
Ancora due parole prima di affrontare il tema di fondo del rapporto tra abuso fiscalizzato e detrazioni fiscali: la procedura di cosiddetta fiscalizzazione non è attivata a scelta del proprietario, né può essere suggerita dal tecnico privato come procedura da depositare al comune come se fosse una sanatoria. La legge è abbastanza chiara nell’indicare che l’attivazione della fiscalizzazione è appannaggio della Pubblica Amministrazione, la quale opta per tale procedura nel caso in cui effettivamente sussistano i presupposti di legge per convertire la sanzione demolitoria in sanzione pecuniaria, al solo fine di tutelare ciò che è urbanisticamente legittimo.
La scelta della P.A. può eventualmente essere guidata attraverso l’interlocuzione con il privato (cosa che deve sempre avvenire, anche nelle procedure di disciplina edilizia), ma rimane il fatto che la scelta è operata esclusivamente dall’amministrazione. Dunque se un privato avesse interesse a fiscalizzare il suo abuso, dovrebbe di fatto autodenunciarsi ed attendere l’attivazione delle procedure repressive, ed attendere l’attivazione del colloquio con la PA per cercare di giustificare la non demolibilità.
Rivolgendo la prospettiva dal lato del funzionario pubblico, va sottolineata l’attenzione che bisogna porre nella valutazione dell’applicazione di questa opzione: la stessa deve essere verificata ed approfondita e non deve esserci il dubbio che effettivamente l’abuso avrebbe potuto essere rimosso senza pregiudizio della parte legittima. Su questo tema si è espresso il Consiglio di Stato con sentenza n. 1492 del 2 marzo 2020, anche se l’argomento era l’art. 38, dunque opere eseguite in base a permesso annullato, ma il tema era analogo: i giudici in questo caso annullano il provvedimento con cui l’amministrazione accoglieva la conversione della sanzione demolitoria in oblazione perché l’abuso si è scoperto essere in effetti facilmente demolibile senza arrecare pregiudizio alle porzioni legittime: suggerisco pertanto attenzione nel bilanciare correttamente gli interessi in gioco, e di prendere decisioni solo dopo analisi serene ed approfondite.
Immobile fiscalizzato: possiede lo stato legittimo?
Per riprendere il discorso di base, se un immobile è stato oggetto di fiscalizzazione, nei fatti non ha uno stato urbanistico legittimo, dunque si trova in uno stato di illegittimità, ma, contestualmente, il comune non può più disporre atti di disciplina perché la sua azione repressiva si è conclusa nel momento in cui è stata pagata la sanzione pecuniaria sostitutiva di quella demolitoria.
Cosa fare allora? Una ipotesi può essere quella di predisporre opere di ripristino, mediante presentazione di idoneo titolo, che possano eviziare l’immobile dai suoi abusi, riportandolo in uno stato edilizio conforme. Il fatto che la porzione abusiva non possa essere demolita senza pregiudizio di quella legittima, sta a significare che per riportare in conformità una situazione del genere bisognerà intervenire anche sulla porzione legittima per raggiungere uno stato conforme (altrimenti si dimostrerebbe che l’abuso era effettivamente demolibile senza pregiudizio, il che sarebbe un controsenso a posteriori nel procedimento).
Immobile fiscalizzato: niente bonus edilizi
Da quanto detto appare quindi quasi automatica la risposta alla domanda di base: un immobile con abuso fiscalizzato può beneficiare di vantaggi fiscali concessi dalla legge? L’art. 49 del DPR 380/01 è abbastanza chiaro nel merito e la risposta appare essere, abbastanza chiaramente, negativa. Ovviamente fatta salva l’applicazione del superbonus, per il quale si può procedere con la controversa CILAS nella quale si può espressamente evitare di fare riferimento alla legittimità edilizia; nel qual caso, però, invito a riflettere sull’agibilità: a parte i (limitati) casi in cui il superbonus stesso consente di non chiederla a fine lavori, come si potrà ottenere una agibilità su un fabbricato che non ha conformità edilizia, stante il chiaro enunciato dell’art. 24 DPR 380/01?