Incrementi volumetrici: restauro conservativo o ristrutturazione edilizia?
Il Tar Toscana richiama l'art. 3 del Testo Unico per l'edilizia, distinguendo tra interventi di restauro conservativo e interventi di ristrutturazione edilizia
Un incremento volumetrico non è configurabile come restauro conservativo, bensì rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia: lo conferma il Tar Toscana (Sez. Terza) , con la sentenza n.1595/2021 relativa al ricorso contro un’Amminstrazione Comunale per l’annullamento del diniego del permesso di costruire in sanatoria.
Incrementi volumetrici: restauro conservativo o ristrutturazione edilizia?
Nel caso in esame, un’amministrazione comunale ha negato il permesso di costruire in sanatoria per opere eseguite senza titolo presso un fabbricato residenziale, a cui ha fatto seguito ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.
In particolare gli abusi riguardavano il cambio di destinazione d'uso di alcuni vani, notevoli aumenti di volumetria ottenuti anche con la demolizione di parti di muri portanti, la realizzazione di pergolati esterni e di tettoie in strutture metalliche, oltre che la realizzazione di annessi e cancello di ingresso senza titolo autorizzativi e di un campo da tennis in difformità dall'autorizzazione edilizia n. 419/03.
Incrementi volumetrici su edifici storici: la sentenza del Tar
Il Tar ha respinto il ricorso perché era stato accertato correttamente l'incremento di superficie e volume ed il superamento dei limiti del restauro e risanamento conservativo.
Nel merito, il Comune ha legittimamente respinto la domanda di sanatoria, per il difetto del presupposto della doppia conformità delle opere (alla disciplina vigente al momento della loro realizzazione ed a quella vigente al momento della presentazione della domanda), ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Secondo il regolamento urbanistico in vigore nell’anno 2013, gli immobili di proprietà dei ricorrenti erano sottoposti alla disciplina degli artt. 72, 73 e 74 delle norme tecniche di attuazione, per gli "Edifici specialistici, ville ed edilizia rurale di pregio" . Tale norma prevedeva, per entrambi gli edifici interessati dagli interventi abusivi, il restauro e risanamento conservativo, esteso anche agli spazi aperti. Inoltre tali edifici ricadevano nell'ambito di una zona agricola protetta, che per l'edificato esistente ammetteva soltanto interventi di restauro conservativo.
Considerato che con le opere abusive sono stati eseguiti consistenti incrementi di superficie e volume esse sono ascrivibili alla ristrutturazione edilizia.
Intervento di restauro e risanamento conservativo: i presupposti
Infatti il TAR ha evidenziato che il restauro e risanamento conservativo è definito, dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come intervento edilizio rivolto a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Esso comprende il consolidamento, il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio.
Sono annoverabili tra gli interventi di restauro o risanamento conservativo soltanto le opere di recupero abitativo, che mantengono in essere le preesistenti strutture, alle quali apportano un consolidamento, un rinnovo o l’inserimento di nuovi elementi costitutivi, a condizione però che siano complessivamente rispettate la tipologia, la forma e la struttura dell’edificio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5358 del 2016).
Il restauro e risanamento conservativo è fondato sul rispetto e mantenimento degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio, senza modifiche dell’identità, della struttura e della fisionomia dell’organismo edilizio, senza ampliamento dei volumi e delle superfici, essendo diretto alla mera conservazione dell’organismo edilizio esistente, mediante consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi, e alla restituzione della sua funzionalità.
L’aumento di superficie o di volumetria comporta, al contrario, una trasformazione dell’edificio che richiede il rilascio del permesso di costruire ed eccede i limiti della categoria d’intervento.
Da qui ne discende che si tratta di interventi di ristrutturazione edilizia, non consentiti nell'area, per cui il Tar ha confermato la legittimità del diniego di sanatoria e del provvedimento di demolizione, respingendo il ricorso.
Documenti Allegati
Sentenza