Agriturismo e oneri urbanizzazione: è previsto esonero oppure no?
Il Consiglio di Stato evidenzia la necessità di una connessione tra attività agrituristiche e attività di conduzione del fondo agricolo
Aziende agrituristiche e contributo di costruzione per gli interventi da realizzare nelle zone agricole: anche in questo caso è previsto l’esonero oppure no? Sul merito ha risposto il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 235/2022, che ripercorre l’evoluzione del quadro normativo sulle attività agrituristiche e sulla loro connessione alle attività di conduzione del fondo agricolo.
Agriturismo e oneri di urbanizzazione: la sentenza del Consiglio di Stato
La questione nasce dall’appello proposto da un’Amministrazione Comunale, che si è rifiutata di restituire ai proprietari di un’azienda agricola le somme per gli oneri di urbanizzazione legati a un permesso di costruire con cui è stata concessa la realizzazione di un ristorante all’interno dell’attività.
Già in primo grado il giudice amministrativo aveva statuito che tali somme, pari a oltre 8.000 euro più gli interessi legali, andassero restituite perché le attività agrituristiche rientrano tra le attività esonerate dal versamento dei contributi di urbanizzazione, ai sensi dell’art. 17 comma 3, lettera a) , del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Il giudizio è stato confermato anche da Palazzo Spada: il contributo non si applica agli interventi effettuati in funzione dell’attività agrituristica, purché essa sia connessa alla conduzione del fondo.
In particolare, la scelta di esonerare gli imprenditori agricoli dal contributo di costruzione, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001, è ancorata alla sussistenza di due condizioni:
- una oggettiva, data dal rapporto con la conduzione del fondo;
- una soggettiva, correlata alla qualifica di imprenditore a titolo principale del richiedente.
L'agriturismo è attività condotta in funzione dell'impresa agricola
Anche l’agriturismo può essere considerato attività condotta in funzione dell’impresa agricola, purché sia connessa (e non più complementare) ad essa. Tale prospettiva è stata fornita con l'introduzione della legge quadro n. 96 del 2006, di riforma del settore, con cui si sono volute promuovere forme idonee di turismo nelle campagne: in particolare, come sottolineato dal Consiglio, il recupero del patrimonio edilizio rurale nel rispetto delle peculiarità paesaggistiche diviene quindi “fattore di crescita della multifunzionalità dell’impresa agricola, atto a scongiurare fenomeni di abbandono e di degrado, soprattutto in determinate aree, e nel contempo incoraggiare il rinnovamento, anche generazionale, della classe imprenditoriale agricola, senza disperdere il patrimonio di tradizioni e di cultura che nell’ambito enogastronomico costituisce un’innegabile eccellenza del Paese”.
I locali da uso agrituristico sono assimilati ad abitazioni rurali
Da qui la ritenuta compatibilità dell’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione che, con particolare riguardo alla parte correlata agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, è di natura pubblicistica, in quanto mirante a “socializzare” le spese che la collettività è chiamata a sostenere per la realizzazione delle opere a servizio della zona ove le stesse vanno a localizzarsi.
L'esenzione vale quindi anche se la finalità di imprenditorialità aggiuntiva dell’attività agrituristica, rispetto a quella agricola tradizionale , appare in prima battuta difficilmente conciliabile con la scelta disottrarre la edificazione o ristrutturazione dei locali da utilizzare allo scopo alla partecipazione agli oneri concessori, tanto più che la capacità attrattiva di utenza che essa genera, produce inevitabilmente un maggior carico urbanistico: sempre la legge quadro n. 96/2006, all’art, 3, comma 3 prevede infatti che «I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilati ad ogni effetto alle abitazioni rurali».
Ne deriva che gli interventi effettuati in funzione della conduzione del fondo agricolo, nella sua modalità “connessa” di esercizio di attività agrituristica, non richiedono neppure un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, dato che l’insediamento è compatibile con l’utilizzo delle abitazioni rurali e ferme restando le indicazioni, rivenienti dalla singola pianificazione urbanistica.
Se non c'è attività agricola non c'è agriturismo
Inoltre, la Sezione ha chiarito che, per evitare che l’organizzazione dell’attività agrituristica assuma dimensioni tali da perdere i requisiti di connessione rispetto all’attività agricola, le Regioni possono dettare regole che incidono sull’attività edilizia, in sede di individuazione degli «interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell’imprenditore agricolo ai fini dell’esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi». l mancato rispetto degli altri requisiti, come ad esempio le regole sull’utilizzo dei prodotti provenienti dal fondo, attengono alla fase dello svolgimento dell’attività e la loro sistematica violazione determina l’illiceità della stessa anche sotto il profilo urbanistico, in quanto si risolve in una modifica di destinazione d’uso, seppure funzionale o senza opere.
Considerando quindi la connessione tra attività agricola e agrituristica, oltre che l'assimiliazione delle strutture agrituristiche alle abitazioni rurali, il Consiglio di Stato ha respinto l'appello del Comune, condannandolo alla resituzione delle somme per oneri di urbanizzazione legati all'azienda agrituristica.
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Sentenza