Terzo Condono edilizio: la Cassazione sul frazionamento elusivo
La Cassazione entra nel merito dei due limiti previsti per l'ottenimento della sanatoria edilizia mediante il terzo condono edilizio di cui al D.L. n. 326/2003
L'art. 32, comma 25 del D.L. n. 326/2003 (terzo condono edilizio) ha previsto l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria delle opere prive, in difformità o sulla base di un titolo edilizio annullato, decaduto o comunque divenuto inefficace. Diversamente dal primo condono edilizio e con condizioni più restrittive rispetto al secondo, con il terzo condono edilizio vengono previsti alcuni limiti che si portano dietro annullamenti, ricorsi e sentenze che ancora oggi intasano i tribunali di ogni ordine e grado.
Terzo Condono edilizio: la sentenza della Corte di Cassazione
Sul terzo condono edilizio ci entra ancora una volta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 3 marzo 2022, n. 763 che chiarisce alcuni concetti relativi ai limiti di 750 e 3.000 metri cubi. L'art. 32, comma 25 richiamato recita:
Le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni e integrazioni, nonché dalla presente normativa, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.
E da questo è possibile ricavarne i limiti:
- opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003;
- ampliamento del manufatto non superiore al 30% della volumetria originaria o, in alternativa, un non superiore a 750 metri cubi;
- per le nuove costruzioni residenziali vincolo complessivo di 3.000 metri cubi.
Ed è sul secondo punto (quello dei 750 mc, già previsto con il secondo condono) che sono arrivati più interventi dei giudici.
Condono edilizio: il limite di 750 mc
I giudici di Cassazione ha rispolverato il principio consolidato a mente del quale ogni edificio deve intendersi come un complesso unitario che fa capo ad un unico soggetto legittimato e le istanze di oblazione eventualmente presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono esser riferite a una unica concessione in sanatoria, che riguarda quest'ultimo nella sua totalità.
Ciò in quanto la ratio della norma è di non consentire l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso edificatorio.
Non è, dunque, ammissibile il condono edilizio di una costruzione interamente abusiva, quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica.
Il riferimento oggettivo all'unicità della nuova costruzione interamente abusiva impedisce, perciò, che il limite di 750 metri cubi possa essere aggirato mediante il frazionamento delle sue singole parti, altrimenti si eluderebbe la finalità della legge che era (ed è) quella di sanare abusi modesti. Ancora di recente, si è affermato che in materia di condono edilizio disciplinato dalla legge 24 novembre 1994, n. 724, ai fini dell'individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario qualora faccia capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un'unica concessione in sanatoria, onde evitare l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera.
Qualora, invece, per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, vi siano più soggetti legittimati, è possibile proporre istanze separate relative ad un medesimo immobile.
Nel caso di specie, la presentazione separata (e non per l'intero immobile) di tre distinte domande di condono tutte afferenti la medesima proprietà ha consentito l'aggiramento del limite di 750 mc. e per questo motivo, considerando che la destinazione non residenziale delle opere in oggetto non solo non è stata in alcun modo dimostrata, il diniego di sanatoria risulta essere legittimo.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 3 marzo 2022, n. 7631