Accertamento di conformità e ordine di demolizione: i termini per la presentazione
Il Consiglio di Stato ribadisce entro quando è possibile presentare un'istanza ex art. 36 del Testo Unico Edilizia
Il cambio di destinazione d’uso in assenza di permesso di costruire è abusivo e non si può presentare un'istanza di accertamento di conformità oltre i termini previsti, se sul fabbricato è stato emesso un ordine di demolizione. Si tratta di due punti fermi, nella giurisprudenza edilizia, ribaditi dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2523/2022.
Accertamento di conformità dopo ordine di demolizione: la sentenza del Consiglio di Stato
Il caso riguarda l’appello presentato contro un ordine di demolizione, seguito dal provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, per alcune opere realizzate senza permesso di costruire. In particolare, era stato fatto il cambio di destinazione d’uso di un’area e di una parte un manufatto in muratura a destinazione agricola, in unità a destinazione residenziale, facendo una suddivisione interna in tre vani e accessori, e la realizzazione di un patio esterno con copertura e pavimentazione.
Il TAR aveva già respinto il ricorso in primo grado precisando che i proprietari avevano presentato istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) soltanto dopo aver ricevuto l’ordine di demolizione da parte del comune.
Accertamento di conformità: i presupposti della norma
Ricordiamo che la norma citata, al comma 1, prevede che in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, oppure in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 23, comma 1, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli artt. 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Il Consiglio di Stato ha quindi confermato la sentenza del TAR, che aveva già spiegato che l’istanza di accertamento di conformità presentata non poteva avere alcun rilievo sull’efficacia dell’ordine di demolizione, perché essa è stata inoltrata anni dopo l’adozione del provvedimento sanzionatorio gravato e non entro i termini, considerati come perentori dall’orientamento giurisprudenziale, di cui all’art. 36 d.p.r. 380/01 (già art. 13 della l. 47/85, cd. "Primo Condono Edilizio").
L’onere della prova
Nella stessa sentenza il Consiglio ha anche ricordato che “Incombe sulla parte che agisce in giudizio indicare e provare specificamente i fatti posti a base delle pretese avanzate. In mancanza di una prova compiuta a fondamento delle proprie pretese, il ricorrente deve avanzare un principio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori”.
Di conseguenza, era compito degli appellanti dimostrare:
- che un permesso di costruzione in sanatoria era stato presentato prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio;
- b) oppure che, comunque, un permesso di costruzione in sanatoria era stato presentato entro i termini previsti dall’art. 36 d.p.r. 380/01 (già art. 13 della legge 47/85).
Dato che nessuna prova è stata fornita dagli appellanti, mentre era chiaro che la domanda di sanatoria fosse stata presentata anni dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 36 d.p.r. 380/01, l’istanza non poteva essere accolta: la sanatoria di un immobile abusivo ai sensi dell'art. 36 d.p.r. n. 380/2001 non può essere più richiesta quando sia definitivamente decorso il termine di novanta giorni dall'ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi.
Non conta chi ha commesso l’abuso, ma l’abuso in sé
Infine, il Consiglio ha ribadito che i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale, per cui la loro adozione prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell'occupante l'immobile. In materia di abusi edilizi, il presupposto per l'adozione di un'ordinanza di ripristino non è infatti l'accertamento di responsabilità nella commissione dell'illecito, ma l'esistenza d'una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia, per cui è inciso anche il proprietario non responsabile e colui che v'è succeduto a qualunque titolo.
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando l’ordine di demolizione e di acquisizione dei beni al patrimonio comunale: gli abusi non erano sanabili in quanto l’istanza di accertamento di conformità è stata presentata oltre i termini previsti dall’art. 36 del Testo Unico Edilizia.
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Sentenza