Autorizzazione paesaggistica e ristrutturazione edilizia: il parere preventivo della Soprintendenza
La Regione o l'ente preposto al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica non deve pronunciarsi se l'intervento edilizio non è consentito
Nell'economia del procedimento amministrativo, risulta inutile aspettare o pretendere il parere della Soprintendenza realtivamente a un'istanza di autorizzazione paesaggistica, se l'intervento edilizio per cui essa è richiesta non è comunque assentibile.
Parere della Soprintendenza e autorizzazione paesaggistica: la sentenza del Consiglio di Stato
È questo il tema dell'interessante sentenza n. 6180/2022 del Consiglio di Stato, a seguito dell'appello contro il provvedimento di rigetto dell'istanza di autorizzazione paesaggistica per cambio di destinazione d’uso, previa demolizione, di un preesistente manufatto, consistente in una baracca in lamiera su cui il Comune aveva consentito la sanatoria. In particolare, la richiesta era stata avanzata ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), a corredo di una SCIA in variante rispetto alle prescrizioni contenute nella concessione in sanatoria.
Già il TAR aveva giudicato inammissibilel' intervento di ristrutturazione, considerando la disciplina urbanistica e vincolistica vigente nella zona e il fatto che non si potesse neanche applicare la deroga prevista dalla legge regionale Campania, n. 19/2009 (c.d. “Piano casa”), laddove consente di intervenire su «edifici rurali, ubicati fuori dalle zone classificate agricole», in quanto richiede comunque che essi siano già «destinati parzialmente ad uso abitativo», mentre l’immobile in questione non poteva essere considerato “edificio rurale”, trattandosi di una baracca, né destinato, seppure parzialmente, ad uso abitativo.
La questione nasce appunto a seguito della presentazione di una CILA, seguita da una SCIA in variante per il cambio di destinazione d’uso del manufatto sanato, da demolire per poi essere ricostruito interamente in muratura. In particolare, l'appellante ha contestato che, a seguito di richiesta di autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, la sentenza di primo grado non avrebbe espresso parere sul difetto di motivazione del diniego di autorizzazione paesaggistica.
Sul punto, in realtà il TAR aveva specificato la legittimità del provvedimento per la radicale inammissibilità dell'intervento richiesto, considerato che il terreno su cui insiste il fabbricato si trova in una zona dove è preclusa qualunque nuova edificazione. Uniche attività ammesse, pur sempre sul patrimonio immobiliare preesistente, sono quelle di manutenzione ordinaria, straordinaria e, entro certi limiti, di restauro conservativo, ai cui paradigmi non può in alcun modo essere ricondotta un’attività di demolizione totale e successiva ricostruzione in muratura con conseguente cambio di destinazione d’uso da agricola a residenziale.
Le disposizioni del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
Come ha preliminarmente ricordato il Consiglio di Stato, l’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 disciplina il procedimento di autorizzazione degli interventi di trasformazione del territorio aventi l’attitudine ad incidere permanentemente sui valori paesaggistici, la cui rilevanza assume una valenza superiore a quella meramente estetica, tradizionalmente limitata alla visione panoramica e alla percezione “empirica” delle opere.
Rispetto alla previgente disciplina, contenuta nell’art. 7 della legge n. 1497/1939, la norma persegue una protezione più ampia, non riferibile ai soli singoli immobili dotati di particolare pregio o rilevanza estetica, approntando una strumentazione giuridica finalizzata alla salvaguardia del complesso di interessi che sono considerati manifestazione di valore identitario, di sedimentazione culturale, attrattività turistica e riferimento di un territorio, derivanti da interventi antropici e naturali, nonché dalla loro interazione.
Inoltre, il titolo paesaggistico è autonomo rispetto a quello edilizio, anche nella parte in cui quest’ultimo esprime i valori di ordinato sviluppo del territorio sottesi alle scelte urbanistiche attuate nei singoli provvedimenti di pianificazione.
In riferimento all’istanza di autorizzazione paesaggistica, su di essa competente la Regione, oppure l’ente dalla stessa delegato, vale a dire, nella maggior parte dei casi, i Comuni. Essa deve previamente acquisire il parere vincolante del Soprintendente, il quale si pronuncia entro un termine indicato, diverso per estensione e significatività laddove si tratti di autorizzazioni c.d. “semplificate”, ovvero riferibili agli interventi minori oggetto del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31.
La verifica preliminare da parte della Soprintendenza
Spiega Palazzo Spada che il procedimento diretto al rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica comporta che l’amministrazione
competente, una volta ricevuta l’istanza, verifichi
preliminarmente la necessità del titolo, accertando che
non si versi in quelle tipologie di interventi per i quali l’art.
149, comma 1, la esclude. Il controllo, sotto il profilo formale,
che la documentazione allegata all’istanza sia conforme a quanto
prescritto dal comma 3 dell’art. 146 sopraggiunge in una fase
successiva e può comportare la richiesta all’interessato, in caso
di rilevata carenza e/o insufficienza di quanto prodotto, delle
opportune integrazioni utili al fine dell’effettuazione degli
«accertamenti del caso».
In concreto quindi l’amministrazione è chiamata a verificare
«la conformità dell’intervento proposto con le
prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di
interesse pubblico e nei piani paesaggistici».
Laddove l’intervento per il quale è richiesto il titolo sia precluso in assoluto nell’area di riferimento, il procedimento si arresta alla fase preliminare, senza dovere passare al giudizio di compatibilità paesaggistica.
Si tratta di quanto è successo nel caso in esame: l'oggettiva impossibilità di realizzazione dell'intervento rende inutile il parere della Soprintendenza sulla compatibilità paesaggistica.
L'appello è stato dunque respinto, confermando la legittimità del provvedimento di rifiuto di autorizzazione paesaggistica, a seguito del parere preliminare negativo da parte della Soprintendenza.
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Sentenza