Revoca ordine di demolizione: i presupposti per ottenerla
L'ordine di demolizione è revocabile se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività
La revoca di un ordine di demolizione è un fatto raro, praticamente impossibile senza la doppia conformità. Se un’opera infatti non è conforme alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, difficilmente un giudice dell’esecuzione potrà agire in senso opposto.
Revoca ordine di demolizione: i presupposti
Lo conferma la sentenza n. 31924/2022 della III Sez. Penale della Corte di Cassazione, a seguito del ricorso contro l’ordinanza di demolizione emessa da un tribunale quale giudice dell’esecuzione. Secondo il ricorrente, non solo il Comune aveva rilasciato il permesso in sanatoria, ma aveva ottenuto anche la compatibilità paesaggistica postuma, motivo per cui era necessario procedere con la revoca dell'ordine di demolizione.
Nel valutare il caso, gli ermellini hanno ricordato che in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione impartito dal giudice dell’esecuzione è suscettibile di revoca quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.
Abusi edilizi e sanatoria: l'accertamento di conformità
Per la revoca dell'ordine di demolizione, è necessario, quindi, un accertamento della conformità agli strumenti urbanistici sia al momento della costruzione abusiva, sia al momento del rilascio del permesso di costruire in sanatoria: «In tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, successivamente, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica”.
La sanatoria oggetto della causa era stata rilasciata sul presupposto errato che si fosse in presenza di un intervento di edilizia libera, mentre la vasca di 18 mq e di profondità di 1,5 mt configurava una nuova costruzione, che comporta la trasformazione permanente del suolo, ai sensi dell’art. 3, primo comma lettera E del d.P.R. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia). Non solo: il rilascio postumo dell'autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti in cui essa è consentita ai sensi dell'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non essendo possibile la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi, né preclude l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino dell'immobile abusivo edificato in zona vincolata.
Ciò significa che sia la sanatoria edilizia che l’autorizzazione paesaggistica postuma sono state rilasciate erroneamente, motivo per cui il giudice ha correttamente ordinato la demolizione del manufatto abusivo.
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