Dichiarazione infedele nella domanda di condono? Il diniego è legittimo
Se gli interventi effettuati differiscono da quelli comunicati e sono eseguiti oltre i termini consentiti, l’Amministrazione può negare la sanatoria
La dichiarazione infedele sullo stato di un immobile, tanto più se resa dolosamente, crea le condizioni per il rigetto di una domanda di condono edilizio.
Condono edilizio e dichiarazione infedele nella domanda: il no del Consiglio di Stato
La conferma arriva con la sentenza del Consiglio di Stato n. 8182/2022, a seguito del ricorso in appello contro il rigetto di una domanda di condono presentata ai sensi della legge n. 724/1994 (cd. “Secondo Condono Edilizio”) e contro il conseguente ordine di demolizione, relativo a un manufatto abusivo che, secondo l’Amministrazione Comunale, sarebbe stato totalmente differente da quello dichiarato nell’istanza, oltre che ultimato oltre il termine consentito dalla norma condonistica, ovvero il 31 dicembre 1993.
La questione attiene un edificio costruito nei primi anni ’80 e sul quale era stata presentata una domanda di condono ai sensi della legge n. 47/1985 (cd. "Primo Condono Edilizio"), che era stata già respinta in quanto la domanda sarebbe stata dolosamente infedele, indicando una data di esecuzione delle opere non rispondente al vero oltre che una tipologia, natura e consistenza delle opere non coerenti con quanto realizzato.
A questa domanda respinta ne è seguita un’altra presentata questa volta ai sensi della legge n. 724/1994, che prevede come termine ultimo per le opere il 31 dicembre 1993. Nella predisposizione della documentazione integrativa è emersa la necessità di allegare la certificazione antisismica e, da una serie di accertamenti in loco effettuati nel 1995, è emerso che erano in corso lavori per la realizzazione di un fabbricato totalmente differente.
Condono impossibile se i lavori vanno oltre la data consentita dalla legge
Nel valutare il caso, il Consiglio ha quindi condiviso quanto già statuito in primo grado in ordine all’avvenuta sostituzione dell’organismo edilizio preesistente con un fabbricato completamente nuovo senza che tali sostituzioni possano giustificarsi con il mero adeguamento sismico. Risulta, infatti, dalla documentazione versata in atti e, in particolare, dagli accertamenti effettuati dal Comune come la costruzione oggetto della domanda di condono del 1995 sia stata investita da plurimi interventi che comportano la sostituzione della struttura originaria, della muratura, la tamponatura dei pilastri, l’incremento dell’altezza, la modificazione della sagoma derivante dalla diversa copertura.
La complessiva attività edilizia va, quindi, oltre la realizzazione di opere di stabilizzazione e di adeguamento della struttura portante di copertura da svolgersi all’interno del manufatto. In tal modo, quella che si intende sanare non è più l’opera realizzata entro il 31.12.1993 ma un fabbricato differente dalla domanda e, come tale, estraneo all’ambito applicativo della previsione di cui all’art. 39 della L. n. 724/1994. Per tali ragioni non è neppure corretto ricondurre l’intervento eseguito ad una ristrutturazione edilizia ex art. 31, co. 1, lett. d), L. n. 457/1978 (operante ratione temporis) venendo meno le componenti essenziali dell’originario edificio oggetto della domanda di condono del 1995 con alterazione della sagoma, delle dimensioni e della destinazione d’uso di quel fabbricato.
Infine, è legittimo il provvedimento repressivo notificato ad uno solo dei comproprietari: “in ragione della natura della sanzione ripristinatoria, finalizzata al ripristino dei valori giuridici offesi dalla realizzazione dell'opera abusiva” è sufficiente la notifica ad uno solo dei comproprietari dovendo “questi provvedere, in ragione della funzione ripristinatoria e non sanzionatoria dell'atto, ad eliminare l'illecito pena la perdita della propria quota ideale di comproprietà”; ciò fatta salva la tutela del comproprietario pretermesso che può impugnare il provvedimento sanzionatorio entro il termine decorrente dalla piena conoscenza dell'ingiunzione, come, tra l’altro, accaduto nel caso in esame.
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando il diniego di condono e l'ordine di demolizione di opere eseguite in assenza di titolo abilitativo e oltre i termini concessi dalla normativa.
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