Demolizione e ricostruzione con modifiche di volume e sagoma: occhio alla data dell'intervento
Il Consiglio di Stato evidenzia l'evoluzione normativa del concetto di ristrutturazione legato agli interventi di demolizione e ricostruzione
I lavori che prevedono la demolizione e ricostruzione di un fabbricato e comportano un aumento di volume e superficie, oltre che il cambio di destinazione d’uso, possono non essere qualificati come "ristrutturazione" ed essere soggetti a permesso di costruire. Questo perché la norma di riferimento, contenuta nel Testo Unico Edilizia, ha subito un'evoluzione che crea delle differenze tra gli interventi ante e post 20 agosto 2013.
Demolizione e ricostruzione: come si qualifica l'intervento?
La conferma arriva dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 8900/2022, a seguito dell’appello presentato da una scoietà proprietaria di un compendio immobiliare, composto da un edificio principale e da due annessi agricoli, per i quali era stata rilasciata un’autorizzazione per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso ad abitazione civile. Dopo aver constatato che su uno degli edifici erano stati realizzati lavori di “sostituzione edilizia”, con aumento della volumetria e della superficie, il Comune aveva ingiunto la demolizione delle opere, ritenute abusive.
Nel valutare la questione, i giudici di Palazzo Spada hanno ricordato quanto assentito dal TAR nel respingere il ricorso, evidenziando che la questione in esame ha subito una complessa evoluzione normativa:
- secondo la formulazione iniziale del testo unico dell’edilizia è possibile ricondurre gli interventi di demolizione e ricostruzione alla “ristrutturazione edilizia”, solo se e in quanto il manufatto ricostruito rispetti la volumetria e la sagoma del precedente e si sia in più in presenza di una “fedele ricostruzione”, cioè rispettosa dei materiali utilizzati, caratteristiche costruttive, etc.;
- successivamente, il D.Lgs. n. 301/2002 ha eliminato il requisito della “fedele ricostruzione”, continuando a richiedere, tuttavia, gli altri requisiti della riedificazione con medesima volumetria e sagoma;
- l’art. 30, co. 1, del decreto-legge n. 69 del 2013 ha poi eliminato il requisito del rispetto della sagoma, così che l’intervento di demoricostruzione rientra nella “ristrutturazione edilizia”, a condizione che si rispetti la volumetria del precedente, anche se con sagoma diversa;
- anteriormente all’entrata in vigore della norma, il vincolo della sagoma è da ritenere insuperabile al fine di inquadrare un intervento di demolizione e ricostruzione nella “ristrutturazione edilizia”;
- per altro è stato rinvenuto un incremento volumetrico derivante dalla chiusura della corte.
Il concetto di ristrutturazione edilizia
In riferimento all’operatività della regola introdotta dall’art. 30, co. 1, lett. a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, il Collegio osserva come, nell’edizione del disposto normativo di cui all’art. 3, co. 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001, antecedente alle modifiche apportata dal d.l. n. 69/2013, si definiscano interventi di ristrutturazione edilizia:
- quelli “rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”;
- “tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti”;
- “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”.
Quest’ultima porzione del disposto legale è stata modificata dall’art. 30, co. 2, lett. a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98 , he elimina il riferimento alla sagoma facendo, inoltre, salvi gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.
Come spiega Palazzo Spada, la corretta qualificazione giuridica dell’intervento edilizio va fatta applicando le regole operanti al momento in cui lo stesso si realizza a prescindere quindi dalle successive evoluzioni della categoria che si tradurrebbero altrimenti nell’applicazione retroattiva dello ius supervenies.
Dato che l’intervento è stato terminato nel 2007 e la sua consistenza accertata nel luglio 2013, bisogna considerare per la qualificazione giuridica dell’interventi la versione della previsione di cui all’art. 3, co. 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001, operante in relazione agli interventi antecedenti alla data del 20 agosto 2013, ragiuon per cui nell’intrevento di demoricostruzione si dovevano rispettare sagoma e volumetria precendenti.
L’aumento volumetrico
Come spiega Il Consiglio, l’opera ultimata ha determinato un incremento volumetrico in ragione della copertura e chiusura della corte, trasformata in ulteriore locale abitabile e conseguente incremento della superficie residenziale dell’immobile. Proprio per questo l’intervento complessivamente realizzato costituisce una sostituzione edilizia, intesa ex art. 78, co. 1, lett. f) della L.r. della Toscana n. 1/2005 (operante ratione temporis), e definita come “demolizione e ricostruzione di volumi esistenti non assimilabili alla ristrutturazione edilizia, eseguiti anche con contestuale incremento volumetrico, diversa articolazione, collocazione e destinazione d'uso, a condizione che non si determini modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale e che non si renda necessario alcun intervento sulle opere di urbanizzazione”.
Infatti, l’intervento ha porta al complessivo mutamento della struttura originaria con diversificazione della sagoma nonché incremento della volumetria, entrambi strumentali al cambio di destinazione d’uso dell’immobile a civile abitazione. L’intervento ha quindi superato i limiti della ristrutturazione edilizia delineati dalla normativa vigente comportando sia incremento di volume che modificazioni di sagoma e cambio di destinazione d’uso.
Il ricorso è stato quindi respinto, ritenendo legittimo l'ordine di demolizione: i lavori hanno generato un incremento del carico urbanistico renendo necessario l’apposito titolo edilizio.
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