Destinazione d’uso e classamento: i criteri di classificazione di un immobile ai fini fiscali
L’Ordinanza della Cassazione: la destinazione di un immobile va desunta dalle caratteristiche oggettive del bene, costruttive e tipologiche in genere
Il classamento e la destinazione di un immobile vanno definiti dalle caratteristiche oggettive del bene, in particolare da quelle costruttive e tipologiche, ed è sulla base di questi elementi che si può definire la corretta rendita catastale.
Definizione rendita catastale: la destinazione d'uso e il classamento di un immobile
Sulla base di questi presupposti, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31232/2022, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la riforma della sentenza di una Commissione Tributaria Regionale (CTR), che aveva dato ragione ai contribuenti in merito a un avviso di accertamento.
L’avviso riguardava la rideterminazione del classamento e della rendita catastale di un immobile che era stato oggetto di procedura DOCFA. Secondo la CTR, la valutazione dell'immobile da parte del Fisco in categoria A/10, ufficio, anziché quella proposta C/3 (laboratorio artigianale) si è fondata su un accertamento superficiale, basato sulla circostanza che il nome sul citofono fosse quello di uno studio commercialista, mentre la parte contribuente avrebbe dimostrato, mediante una perizia tecnica e mediante il contratto di locazione che l'immobile era adibito a centro di elaborazione dati.
Secondo il Fisco, un centro elaborazione dati non può essere invece inquadrato nella categoria C/3 (laboratori per arti e mestieri) come attività artigianale e non professionale, mentre l’attribuzione corretta sarebbe stata appunto quella di ufficio in A/10.
L'ordinanza della Cassazione
Sulla questione, gli ermellini hanno appunto ricordato che la destinazione di un immobile va desunta dalle caratteristiche oggettive del bene (costruttive e tipologiche in genere). In particolare, spiegano gli ermellini, il provvedimento di attribuzione della rendita catastale è un atto tributario che inerisce al bene, secondo un'angolazione reale. L'idoneità del bene a produrre ricchezza va ricondotta alla sua destinazione funzionale e produttiva e tale destinazione non può che essere accertata dando priorità alle potenzialità effettive d'utilizzo del bene stesso.
Per altro, nel classamento di un immobile, l'amministrazione finanziaria non è condizionata dalle valutazioni compiute dall'amministrazione comunale competente alla attribuzione di una determinata destinazione d'uso secondo la normativa urbanistica.
La stessa Corte ha affermato, in un’altra recente pronuncia, che "in tema di classamento catastale di immobili urbani, il cambio di destinazione d'uso cui non si accompagnino modifiche strutturali dell'immobile non comporta alcuna modifica del classamento catastale", cassando invece una sentenza di appello la quale, ritenuto irrilevante che struttura e caratteristiche di un immobile fossero rimaste invariate e invece determinante l'intervenuta modifica, da commerciale ad artigianale, della destinazione d'uso dell'immobile, aveva attribuito al bene la categoria C/3, indicata dalla proprietà con la denuncia di variazione, in luogo di quella C/1 assegnata dall'Ufficio in conformità col precedente classamento.
La CTR ha attribuito rilevanza alla circostanza che nel contratto di locazione l'immobile fosse affittato come C/3, senza considerare la destinazione reale e oggettiva dell'immobile e senza spiegare perché l'attività di elaborazione dati non dovrebbe essere qualificata come attività di ufficio ma come attività artigianale di laboratorio.
Motivazione negli avvisi di accertamento
Inoltre la Corte ha specificato che in tema di riqualificazione catastale degli immobili, qualora l'attribuzione della rendita catastale sia avvenuta, come in questo caso, a seguito di procedura DOCFA, l'obbligo di motivazione del relativo avviso emesso dall'ufficio è da ritenere soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita qualora gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall'ufficio e l'eventuale differenza fra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica circa il valore economico del bene.
In tema di contenzioso tributario, l'avviso di accertamento soddisfa infatti l'obbligo di motivazione, ai sensi dell'art. 56 del d.P.R. n. 633/1972 ogni qualvolta l'Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l'"an" ed il "quantum debeatur".
La CTR non si è attenuta ai questii principi, laddove non ha ritenuto che fosse adeguatamente motivato un avviso di accertamento che indicava la metodologia di individuazione del classamento e della rendita catastale tramite la metodologia estimativa comparativa, oltre che la destinazione dell'immobile in questione destinato ad ufficio. Sostanzialmente, l'Amministrazione posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente in giudizio l'"an" ed il "quantum debeatur”.
Il ricorso è stato quindi accolto, con Cassazione della sentenza della CTR e rinvio alla Commissione in diversa composizione.
Documenti Allegati
Ordinanza