Compravendite immobiliari e agibilità: occhio alle responsabilità pre contrattuali
Corte di Cassazione: nessun danno è imputabile del venditore se il rilascio della certificazione è subordinato ad adempimenti a carico dell'acquirente
L’acquisto (cosciente) di un immobile inagibile può comportare numerosi problemi, tra cui il mancato perfezionamento dell’accordo o la perdita di eventuali cauzioni depositate prima del rogito. Occhio quindi ad eventuali accordi tra le parti che prevedano l’ottenimento dell’agibilità, soprattutto se il certificato è legato alla realizzazione di altri adempimenti da parte dell'acquirente.
Acquisto immobile inagibile: attenzione alle responsabilità del venditore
Ne è prova quanto accaduto in caso giunto in Corte di Cassazione e che gli ermellini, con l'ordinanza n. 32851/2022 hanno ritenuto nel complesso inammissibile. Nel ricorso veniva richiesta la riforma della sentenza d'appello, che aveva negato, nell’ambito di una compravendita immobiliare, la responsabilità della parte venditrice in relazione a
- mancato ottenimento dell’agibilità per l’immobile oggetto di compravendita;
- mancata presentazione al catasto fabbricati di una planimetria catastale corretta;
- vendita di un immobile urbanisticamente irregolare rispetto a quanto assentito dal Comune con la concessione edilizia in sanatoria.
Nel contratto tra le parti era stato stabilito che:
- la parte venditrice dichiarava e la parte acquirente prendeva atto che l’immobile era privo di agibilità;
- la parte venditrice si impegnava ad ottenere a sua cura e spese tale agibilità, precisando che, quelle relative all’ottenimento delle certificazioni degli impianti (in particolare l'allaccio alla rete fognaria) erano poste a cura e spese della parte acquirente.
Inoltre era stata redatta una scrittura privata di integrazione e modifica dell’atto di compravendita nella quale si stabiliva di comune accordo che:
- la somma di 15mila euro era trattenuta dal notaio rogante a titolo di deposito fiduciario e che tale somma sarebbe stato incassata dalla parte venditrice a saldo del prezzo solo dopo il rilascio, anche per silenzio assenso, dell’agibilità degli immobili oggetto di compravendita;
- la venditrice avrebbe dovuto ottenere a proprie spese l’agibilità entro 90 giorni dall’ottenimento della certificazione degli impianti;
- a sua volta l’acquirente si impegnava ad ottenere tale certificazione a proprie spese e a produrla entro la data stabilita.
A parere della ricorrente, il Comune alla fine non aveva rilasciato il provvedimento di abitabilità non per mancanza del certificato di conformità dell’impianto fognario rilasciato da un installatore abilitato, ma per mancanza del certificato di regolare allaccio alla fognatura, adempimento spettante al proprietario ex d.m. 37 del 2008. Secondo la ricorrente si tratta di atti distinti rilasciati a cura di soggetti diversi, l’uno discendente da una norma di sicurezza rilasciato dal soggetto installatore abilitato, il secondo previsto dalla legge sanitaria e rilasciato dal responsabile competente del Comune.
La ricorrente aveva fatto pervenire tramite il proprio tecnico di fiducia tutte le certificazioni necessarie, ritenendo quindi assolti gli obblighi previsti dalla scrittura e quindi la controparte sarebbe stata inadempiente all’obbligo di ottenere a sua cura e spese l’agibilità negata dal Comune, avendo la stessa omesso di fornire la richiesta copia del certificato di regolare allaccio alla civica.
In sostanza, il mancato ottenimento della certificazione della regolarità dell’impianto fognario non era addebitabile alla colpa e alla negligenza dell’acquirente ma al comportamento in malafede e all’inadempimento contrattuale della venditrice che aveva per altro dolosamente taciuto all’acquirente che l’immobile compravenduto era privo di regolare allaccio alla fognatura, essendo, invece, dotato di una fossa biologica del tutto abusiva.
L'ordinanza della Corte di Cassazione
Secondo gli ermellini, dalla sentenza non risultava in alcun modo dedotto l’inadempimento della venditrice per aver nascosto all’acquirente che l’immobile compravenduto fosse privo di regolare allaccio alla fognatura e, invece, dotato di una fossa biologica del tutto abusiva e neanche dal ricorso emergeva in quale atto fosse stata sollevata la suddetta questione. «In tema di ricorso per cassazione, i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio». Infatti, il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.
Stesse considerazioni valgono per le certificazioni previste ex d.m. n. 37 del 2008. Nel caso in esame, la stessa ricorrente ha riconosciuto che la mancanza di agibilità dell’immobile è stata oggetto di trattativa, tanto che al momento del rogito, con un’ulteriore scrittura privata, le parti hanno stabilito che la parte venditrice si impegnava ad ottenere a sua cura e spese tale agibilità, mentre le certificazioni degli impianti erano a cura e spese della parte acquirente. Dunque, come evidenziato dalla Corte d'Appello e prima ancora dal Tribunale, le certificazioni degli impianti, compresa quella relativa agli scarichi, erano a carico della parte acquirente, mentre la questione dell’inadempimento per aver tenuto nascosto all’acquirente la mancanza di allaccio alla fognatura, non risulta in alcun modo affrontata nel giudizio di merito.
Infine, il mancato ottenimento dell’agibilità non era imputabile allo spostamento di una porta d’ingresso: era infatti stata fatta una comunicazione al Comune, che ne aveva preso atto e aveva regolarizzato l’intervento dal punto di vista amministrativo. Spiega la Cassazione che una tale minima modifica interna dell’appartamento non giustifica una richiesta di riduzione del prezzo dell’immobile, né il risarcimento danni, data la marginalità e assoluta rimediabilità di detto residuale profilo. Ciò escludeva che potesse imputarsi alla venditrice un inadempimento contrattuale sotto il profilo della non rispondenza dell’immobile a quanto assentito con il condono del 1993.
Dato quindi che sono state presentate nuove questioni, “mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità”, la Cassazione ha respinto il ricorso, giudicando le motivazioni inammissibili e confermando il corretto operato della parte venditrice, senza che l’acquirente possa di fatto sindacare sul mancato ottenimento del certificato di agibilità.
Documenti Allegati
Ordinanza