Terzo condono edilizio, nuovo no alla sanatoria in zona vincolata
Il Consiglio di Stato ricorda il consolidato orientamento della giurisprudenza sugli abusi edilizi realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale
Qualunque variazione che non sia riconducibile ai punti 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al D.L. n. 269/2003 (cd. "Terzo Condono Edilizio") comporta la realizzazione di un abuso edilizio insanabile e come tale, destinato inesorabilmente alla demolizione.
Abusi edilizi, condono edilizio e vincolo paesaggistico: la sentenza del Consiglio di Stato
Ne fornisce nuova conferma il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 11747/2022, resa a seguito del ricorso contro un’ordinanza di demolizione di un manufatto abusivo realizzato in area sottoposta a vincolo ambientale già dal 1995. Sull'immobile era stata presentata domanda di condono ai sensi del D.L. n. 269/2003, convertito con legge n. 326/2003, a cui era seguita anche la realizzazione di un locale lavanderia, costruito dopo aver presentato una comunicazione al Comune, che non aveva risposto nei 30 giorni successivi.
Secondo gli appellanti, le opere realizzate avrebbero integrato degli interventi di completamento funzionale degli interni senza che fosse necessario un apposito titolo edilizio; inoltre il decorso di trenta giorni dalla comunicazione di inizio dei lavori e l’inerzia dell’Amministrazione avrebbero, consolidato sulla legittimità del proprio operato; infine, gli abusi realizzati sarebbero stati passibili di sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria.
Condono in zona vincolata: cosa dice la legge
Preliminarmente i giudici hanno ricordato che il combinato disposto dell’art. 32 della legge n. 47/1985 e dell’art. 32, comma 27, lettera d), del d.l. n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326/2003, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, comporta che un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le seguenti condizioni:
- a) l’imposizione del vincolo di inedificabilità prima della esecuzione delle opere;
- b) la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio;
- c) la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, è cioè consentita la sanatoria dei soli abusi formali).
Sempre con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, va pure precisato che il condono previsto dall’art. 32 del D.L. n. 269/2003:
- è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del decreto, concernente interventi di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo
- non è applicabile per opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti.
In definitiva, ricorda il Consiglio di Stato, non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque d’inedificabilità.Il regime d’inedificabilità assoluta rende ovviamente inammissibili anche semplici lavori di completamento, che tra l’altro, nel caso in esame, non rispettavano nemmeno gli adempimenti prescritti dall’art. 35, comma 14, della legge n. 47/1985.
Le opere per altro non costituivano un mero completamento per cui avrebbero potuto essere realizzate sulla scorta di una comunicazione ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 in quanto:
- quelli realizzati erano abusi sostanziali, che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico di inedificabilità, come tale neppure condonabile;
- l’intervento in esame, per le sue caratteristiche costruttive, non rientrava neppure nel campo applicativo della disciplina sull’edilizia libera.
Abusi edilizi: alcuni princìpi fondamentali
Infine, il Consiglio ha precisato che:
- non si può richiamare la tutela dell’affidamento per il decorso dei 30 giorni, in quanto, secondo la giurisprudenza consolidata, la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell’abuso, che non potrà mai essere destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata;
- non si può neanche convertire la sanzione demolitoria in pecuniaria perché qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo paesistico è da qualificarsi almeno come "variazione essenziale", in quanto tale, è suscettibile di essere demolito ai sensi dell’art. 32, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.(Testo Unico Edilizia).
L’appello è stato quindi respinto, confermando la legittimità dell’ordine di demolizione.
Documenti Allegati
Sentenza