Ordine di demolizione, sanatoria edilizia e fiscalizzazione dell'abuso
La Corte di Cassazione chiarisce gli effetti di un'istanza di sospensione e/o revoca di un ordine di demolizione e i presupposti per la fiscalizzazione di un abuso edilizio
Quali sono i presupposti per sospendere e/o revocare un ordine di demolizione? Quando è possibile sostituire alla demolizione una sanzione alternativa e quali sono i suoi effetti sullo stato legittimo dell'immobile?
Revoca ordine di demolizione e fiscalizzazione dell'abuso: nuova sentenza della Cassazione
Ha risposto a queste domande la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 5745 del 10 febbraio 2023 che si unisce al recente filone di interventi che riguardano la gestione delle difformità edilizie nel caso di sentenze passate in giudicato che ordinano la demolizione di opere abusive.
Partiamo dalle "basi". Ancora una volta la Cassazione conferma un principio consolidato per cui l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso/revocato solo qualora:
- sia assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio;
- sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione.
Oltre a questi principi basilari, ne esistono altri tra i quali la possibilità di sostituire la demolizione con una sanzione alternativa (fiscalizzazione dell'abuso) o di sanare l'abuso mediante l'istituto dell'accertamento di conformità. Concetti chiariti all'interno del nuovo intervento della Cassazione.
Il caso di specie e il ricorso in Cassazione
Nel caso di specie, viene contestata l'ordinanza di un tribunale che aveva rigettato l'istanza di revoca di un ordine di demolizione emessa dal tribunale stesso quale giudice dell'esecuzione.
La richiesta di revoca era basata su due motivazioni:
- con il primo motivo, viene osservato che rispetto alla richiesta revoca dell'ordine di demolizione stabilito in sentenza, il tribunale adito non avrebbe esaminato i possibili esiti e i tempi di conclusione di una intervenuta istanza di condono presentata;
- con il secondo motivo, si contesta la mancata attivazione della procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio di cui all'art. 34 del d.P.R. n. 380/2001.
Revoca/sospensione ordine di demolizione
Sul primo punto contestato, prima di passare in rassegna l'operato dei giudici, occorre premettere un aspetto fondamentale che riguarda il rapporto tra ordine di demolizione e un'istanza di sanatoria (che sia ordinaria o straordinaria poco importa). Anche in questo caso, una copiosa giurisprudenza ha chiarito che:
- se l'ordine di demolizione viene emesso successivamente ad un'istanza di sanatoria, l'ordine stesso risulta illegittimo;
- se, viceversa, l'istanza di sanatoria è successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, il giudice dell'esecuzione investito della questione è tenuto a un'attenta disamina dei possibili esiti e dei tempi di definizione della procedura.
In quest'ultimo caso, è compito del giudice:
- accertare il possibile risultato dell'istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento;
- nel caso di insussistenza di tali cause, valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso.
Anche nel caso oggetto della nuova sentenza n. 5745/2023, i giudici di Cassazione hanno rilevato che il ricorrente non si fosse confrontato con le motivazioni del giudice che avevano rigettato l'istanza di sospensione della demolizione con il rilievo per cui l'istanza di condono penderebbe dal lontano 2004 senza che sia stata fornito alcun elemento che lasci presupporre che la stessa possa essere accolta a breve.
Anche in questo caso, l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall'autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione.
Accertamento di conformità
Altro punto toccato di sfuggita dalla nuova sentenza riguarda l'istituto dell'accertamento di conformità di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001. Il ricorrente avrebbe osservato che oltre all'istanza di condono, sarebbe stata presentata una domanda di sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell'art. 36 citato. Istanza che secondo il ricorrente avrebbe avuto possibilità di accoglimento.
Anche in questo caso gli ermellini hanno rilevato che il ricorrente non si sarebbe confrontato con i requisiti richiesti per l'attivazione dell'accertamento di conformità, tra i quali la cosiddetta "doppia conformità" con gli strumenti urbanistici vigenti al momento della realizzazione dell'opera e della presentazione della domanda.
La Cassazione ha confermato che in tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R. e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del decreto stesso citato, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. "sanatoria giurisprudenziale" o "impropria", che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.
La fiscalizzazione dell'abuso
Ultimo punto su cui ragionare (ma che la sentenza non tratta perché deduzioni non presenti nella istanza di revoca e come tali nuove e inammissibili in cassazione) riguarda la sanzione alternativa alla demolizione, c.d. fiscalizzazione del'abuso edilizio.
La possibilità di sostituire la demolizione con una sanzione è in 3 diversi articoli del d.P.R. n. 380/2001 che vale la pena riepilogare:
- art. 33 (comma 2) - interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
- art. 34 (comma 2) - interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
- art. 38 (commi 1 e 2) - interventi eseguiti in base a permesso annullato
Partiamo da un aspetto che accomuna i 3 articoli: la scelta di irrogare una sanzione alternativa alla demolizione compete, sulla base di motivato accertamento, al dirigente o al responsabile dell’ufficio. Di fatto, la norma non riserva al privato la scelta tra sanzione demolitoria e pecuniaria, ma correla l’irrogazione della seconda al dato oggettivo del pregiudizio arrecato dalla demolizione parziale alla parte di edificio eseguita in conformità.
Ciò che differenzia i 3 articoli è l'effetto della sanzione alternativa allo stato legittimo dell'immobile. Mentre l'art. 38, comma 2 prevede che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria e quindi l’abuso viene sanato, nei casi previsti dagli articoli 33 e 34 invece l'abuso diventa "tollerato" ma di fatto l'immobile non acquisisce uno stato legittimo.
Ultimo aspetto da ricordare, riguarda il fatto che la sanzione alternativa non può essere irrogata nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali. In questo caso, come disposto all'art. 31 del Testo Unico Edilizia, la demolizione e remissione in pristino non sono evitabili.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 10 febbraio 2023, n. 5745