Abusi edilizi e tensostrutture: la Cassazione sulla precarietà dell'opera
La Cassazione interviene sulla realizzazione di una tensostruttura realizzata in area con vincolo paesaggistico e per la quale manca la natura precaria
Una tensostruttura delimitata con pannelli di truciolato, coperta da telone plastico su struttura di tubi metallici centinati ad arco e priva delle caratteristiche di solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, può essere considerata un abuso edilizio e per questo sanzionata ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)?
Abusi edilizi e tensostrutture: interviene la Cassazione
Come sempre, la migliore risposta è "dipende". Perché per poter correttamente inquadrare il manufatto e l'intervento edilizio, è necessario conoscere tante informazioni tra le quali la presenza di vincoli paesaggistici o l'effettivo utilizzo.
Proprio per questo, per comprendere e sviluppare principi che possano essere validi ed utilizzabili, è sempre utile conoscere, oltre che la norma (che deve sempre guidare e ispirare), anche gli interventi della giurisprudenza, soprattutto quella di Cassazione. A tal fine, risulta molto interessante la sentenza della Suprema Corte n. 8739 pubblicata l'1 marzo 2023 resa in riferimento ad un ricorso presentato contro una decisione dei precedenti giudici (confermata in primo e secondo grado) che avevano condannato il ricorrente in relazione al reato di cui all'art. 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380/2001 e all'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali, per avere effettuato interventi edilizi, insistenti su area demaniale marittima, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
L'intervento realizzato
L'intervento contestato riguarda la realizzazione senza titolo edilizio in area sottoposta a vincolo paesaggistico di una tensostruttura, adibita ad officina e deposito attrezzi da lavoro, delimitata con pannelli di truciolato, coperta da telone plastico su struttura di tubi metallici centinati ad arco. Una struttura monoblocco realizzata con pannelli prefabbricati e 8 colonnine di derivazione elettrica e idrica in muratura delle dimensioni di 0,40 per 0,40 m, provviste di prese elettriche e rubinetterie, che il ricorrente afferma essere caratterizzata dalla peculiarità della loro amovibilità, potendosi ricondurre la natura del deposito ad una tensostruttura.
Secondo una relazione tecnica stilata dal tecnico di parte, la tensostruttura sarebbe priva delle caratteristiche di solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo. Viene, inoltre, specificato che la stessa venga utilizzata e spostata in più parti del cantiere.
La natura precaria della struttura
I giudici della Suprema Corte, però, hanno confermato integralmente la sentenza di appello per la quale la natura precaria delle strutture non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi all'intrinseca destinazione materiale dell'opera ad uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, non rilevando neanche che esso sia realizzato con materiali non abitualmente utilizzati per costruzioni stabili.
Nel caso di specie, era stata esclusa la precarietà dal momento che opere analoghe, nella tipologia, rispetto a quelle di cui si tratta erano già state rilevate nel corso di un controllo effettuato nel 2010.
Secondo la Cassazione, la mancata precarietà è desumibile anche dalla documentazione fotografica, da cui emergono con chiarezza l'ingombro e l'inamovibilità delle stesse, realizzabile solo attraverso un avere propria opera di demolizione edilizia.
Né possono rilevare in senso contrario l'esistenza di una concessione per l'occupazione della zona demaniale, che non autorizza di per sé alla realizzazione di opere edilizie, o il generico riferimento alla presentazione di un non meglio precisato "progetto in sanatoria", che riguarderebbe le colonnine idriche ed elettriche, in relazione alle quali la difesa non avrebbe prospettato in modo specifico l'esistenza di un effettivo provvedimento di sanatoria.
La sanzione prevista
In definitiva, si tratta di un abuso edilizio sanzionato ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera c) del Testo Unico Edilizia che punisce con l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15.493 a 51.645 euro:
- la lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio;
- gli interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.
Documenti Allegati
Sentenza Corte di Cassazione 1 marzo 2023, n. 8739