Sanatoria abusi edilizi: il Consiglio di Stato sulla (mostruosa) doppia conformità
Il titolo in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti postulerebbe non già la doppia conformità delle opere abusive, ma una sorta di conformità condizionata
Sull'attuale quadro normativo (il d.P.R. n. 380/2001, Testo Unico Edilizia) che consente la sanatoria ordinaria di eventuali abusi edilizi mi sono più volte espresso definendo l'accertamento di conformità e il requisito della “doppia conformità”, una "mostruosità" normativa sulla quale il legislatore avrebbe il dovere di intervenire con urgenza.
Sanatoria abusi edilizi e doppia conformità: nuovo intervento del Consiglio di Stato
Un nuovo spunto di riflessione su questa mia personale considerazione proviene dalla sentenza del Consiglio di Stato 6 aprile 2023, n. 3549 che ci consente di approfondire il tema legato alla sanatoria ordinaria di abusi edilizi.
In caso trattato dalla sentenza è molto "singolare" perché riguarda un'ordinanza di demolizione emessa nei confronti di un intervento edilizio avviato senza titolo ma sul quale era stata presentata un’istanza di permesso di costruire con ampliamento. Istanza sulla quale la Commissione Edilizia del Comune aveva espresso parere favorevole, indicando gli adempimenti (marca da bollo, diritti di segreteria, ecc.) occorrenti per il rilascio del titolo edilizio.
Purtroppo per il ricorrente, però, (non si sa per quale motivo) senza attendere il rilascio del titolo erano stati avviati i lavori sui quali il Comune ha prontamente emesso ordinanza di demolizione. Da qui comincia un intricato percorso per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 che il Comune ha più volte respinto come anche il Tribunale di primo grado. Da qui il ricorso al Consiglio di Stato.
La partecipazione al procedimento
Tra i motivi dell'appello l'istante rileva che non avrebbe potuto giovarsi del momento partecipativo di cui all’art. 10-bis, L. n. 241 del 1990. La risposta di Palazzo Spada, in linea con l'orientamento giurisprudenziale, ha confermato che l’accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia è atto tout court vincolato, il cui rilascio è saldamente ancorato, senza alcun margine discrezionale di apprezzamento, al riscontro della sussistenza dei suoi presupposti (la “doppia conformità”).
Proprio alla luce della sua natura vincolata, non è possibile riscontrare alcun reale vulnus alle prerogative partecipative dell’odierno ricorrente.
Quanto alla lamentata mancata emanazione di un preavviso di diniego, il Consiglio di Stato ha osservato che la giurisprudenza formatasi in relazione alla violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241 del 1990 (nella versione ratione temporis applicabile anteriore alla riforma del 2020) ha avuto, a più riprese, occasione di ribadire che “la mancata comunicazione del preavviso di rigetto da parte del Comune, lungi dall'atteggiarsi a vizio meramente formale, è tale da potenzialmente pregiudicare dal punto di vista sostanziale gli interessi delle appellanti, poiché qualora alle stesse fosse stato comunicato il preavviso di rigetto e le motivazioni su cui esso si basava, queste ultime avrebbero potuto senz'altro orientare l'Amministrazione ad adottare un provvedimento, quanto meno in linea teorica, diverso” ma con la condivisibile precisazione che “La violazione del contraddittorio procedimentale è idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati, quale quello di sanatoria, quando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all'Amministrazione elementi utili ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all'esatta interpretazione delle norme da applicare”.
Più recentemente il Consiglio di Stato ha ribadito che “il diniego di sanatoria è atto vincolato, cosicché la mancata comunicazione del relativo preavviso non comporta, in base al principio di cui all' art. 21-octies, comma 2, l. 241/1990 effetti vizianti, ove il Comune non avrebbe potuto emanare provvedimenti differenti”.
E nel caso di specie, secondo i giudici del Consiglio di Stato appare evidente che il contenuto dispositivo di provvedimento non avrebbe potuto essere diverso alla luce di quelle che sono le consolidate coordinate interpretative in materia di accertamento del requisito del cd. “doppia conformità”.
La doppia conformità
Andiamo adesso alla parte interessante della sentenza. Tralasciando il fatto che l’intervento non risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica in quanto avrebbe determinato un ampliamento volumetrico fortemente esorbitante la soglia massima consentita, è interessante l'analisi effettuata dai giudici sulla doppia conformità.
Il requisito della “doppia conformità” spinge a ritenere inammissibile la concessione di una sanatoria con prescrizioni atteso che in giurisprudenza il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria richiede che l'intervento edilizio risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
Corollario di questo requisito è che il titolo in sanatoria non può contenere alcuna prescrizione, poiché altrimenti postulerebbe, in contrasto con l'art. 36, non già la «doppia conformità» delle opere abusive, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all'esecuzione delle prescrizioni e, quindi, non esistente né al momento della realizzazione delle opere, né al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, bensì eventualmente solo alla data futura e incerta in cui il ricorrente abbia ottemperato a tali prescrizioni.
Ai fini del diniego della sanatoria edilizia, è richiesta solo una verifica di carattere vincolato circa la conformità della richiesta con la normativa urbanistico-edilizia che non necessita motivazione ulteriore rispetto a quella relativa alla rispondenza dell'istanza alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie vigenti al momento dell'esame della domanda e al momento di realizzazione delle opere.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 6 aprile 2023, n. 3549