Demolizione abusi edilizi: si può regolarizzare con CILA?
Il Consiglio di Stato sulla natura e sui presupposti di adozione del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale e sulla natura della CILA
Quali sono i presupposti per l'adozione di un provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale? Qual è la "natura" della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) e quali sono i suoi limiti applicativi? Quando può essere considerata inefficace una CILA?
Demolizione abusi edilizi: nuovo intervento del Consiglio di Stato
Ha risposto a queste domande il Consiglio di Stato con la recentissima sentenza 12 aprile 2023, n. 3674 che interviene su un caso "tipico" in cui a seguito di ordinanza di demolizione viene presentata (quando era possibile farlo) un'istanza di condono edilizio che viene rigettata. A seguito del rigetto, l'ordinanza di demolizione viene confermata e dopo le tempistiche previste (90 giorni dall'ingiunzione) viene emesso il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale.
A questo punto gli odierni appellanti presentano una CILA per il ripristino con demolizione e ricostruzione dello stato dei luoghi alla data dell’ordinanza, attraverso la demolizione totale e parziale di una parte del fabbricato e l’ampliamento della stessa.
L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale
Nel rispondere all'appello, che era già stato rigettato dal TAR, i giudici di Palazzo Spada confermano che il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale costituisce una misura sanzionatoria che consegue automaticamente all'inottemperanza dell'ordine di demolizione, non potendo essere opposta né una qualsivoglia rilevanza del tempo trascorso dalla realizzazione dell'abuso, né l'affidamento riposto eventualmente dall'interessato sulla legittimità delle opere da realizzare, né l'assenza di motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite con l'acquisizione stessa.
L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale rappresenta una sanzione avente come presupposto la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione entro il termine fissato dalla legge; l'effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l'effetto automatico della mancata ottemperanza all'ingiunzione a demolire l’abuso, ragion per cui il provvedimento di acquisizione presenta per detta parte una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale.
Tra le altre cose, tale provvedimento, di regola, non deve essere preceduto da una comunicazione di avvio, trattandosi di un'azione amministrativa dovuta e rigidamente vincolata, con riferimento alla quale non sono richiesti apporti partecipativi del privato.
I presupposti giustificativi dell’atto di acquisizione gratuita sono rappresentati:
- dall’esistenza di un ordine di demolizione;
- dalla sua ingiustificata e imputabile inottemperanza, protrattasi oltre novanta giorni, da parte del soggetto tenuto a darvi attuazione.
In definitiva, l’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale di un'opera abusiva si configura quale atto dovuto, privo di discrezionalità, subordinato al solo accertamento dell'inottemperanza dell’ingiunzione di demolizione ed al decorso del termine di legge.
La natura della CILA
Relativamente alla presentazione della CILA da parte dell'interessato per ottemperare all'ordine di demolizione, il Consiglio di Stato evidenzia due distinte problematiche:
- la legittimità alla presentazione della CILA oltre i tempi per l'acquisizione gratuita;
- la natura della CILA ai sensi dell'art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
I giudici di secondo grado ricordano subito che la CILA rappresenta uno strumento di liberalizzazione delle attività economiche, non più sottoposte ad un controllo amministrativo di tipo preventivo, ma avviabili sulla base di una mera comunicazione da sottoporre al successivo controllo amministrativo. L'attività viene consentita direttamente per effetto della dichiarazione con cui il privato attesta la sussistenza dei presupposti prescritti dalla legge.
Affinché la CILA possa produrre effetti giuridici deve rispondere al modello tipizzato dal legislatore, occorrendo, pertanto, che le attività in concreto avviate siano riconducibili alle fattispecie astratte per cui è ammesso l’utilizzo del relativo istituto (la CILA può essere presentata solo per le opere indicate al citato art. 6-bis).
La CILA è, dunque, un ulteriore titolo (non avente natura amministrativa) abilitativo all’esecuzione di interventi edilizi, teso a permettere lo svolgimento di attività non obbligatorie, che la parte intende avviare per la realizzazione di un proprio interesse concreto.
Tali premesse sono sufficienti per confermare che la CILA non può essere utilizzata per ottemperare ad un ordine di demolizione e, per questo motivo, può essere considerata "inefficace", non producendo alcun effetto.
Oltretutto, la CILA in questione può essere considerata inefficace anche perché presentata da soggetti che non potevano più ritenersi titolari dei beni in parola. L’ingiustificata inottemperanza, nel termine di novanta giorni, dell’ordine di demolizione comporta, quale conseguenza automatica, l’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale, con la conseguenza che l'interessato non è più proprietario del bene.
In assenza di una spontanea ottemperanza dell’ordine di demolizione, le opere dovevano ritenersi già apprese al patrimonio comunale, quale conseguenza automatica dell’ingiustificata inottemperanza della sanzione ripristinatoria.
Nel caso di specie, gli appellanti che hanno presentato la CILA non potevano ritenersi titolari delle opere oggetto di comunicazione, facendosi questione di beni già appresi al patrimonio comunale: ne deriva il difetto di legittimazione a comunicare lo svolgimento di interventi edilizi su beni altrui, non più rientranti nella disponibilità giuridica dei soggetti procedenti.
Concludendo i giudici hanno confermato che la CILA non costituisce un titolo abilitativo alla demolizione di opere abusive. Tale comunicazione mira a soddisfare l’interesse della parte procedente ad eseguire un intervento edilizio non imposto, ma programmato ed eseguito spontaneamente, nell’esercizio dello ius aedificandi, per la realizzazione di proprie esigenze.
Attraverso la CILA non potrebbe mutarsi il regime dell’ottemperanza dell’ordine demolitorio, direttamente delineato dal legislatore (art. 31, comma 3, DPR n. 380/01) e incentrato sulla doverosa attivazione della parte proprietaria o responsabile dell’abuso, nel termine di novanta giorni dall’irrogazione della sanzione ripristinatoria.
Nella caso di specie, dunque, a fronte di un ordine di demolizione risalente ad anni prima, gli odierni appellanti non avrebbero potuto, attraverso la CILA, fissare nuovi termini di ottemperanza o definire diverse modalità di demolizione, risultando l’attività ripristinatoria interamente regolata da disposizioni imperative e da titoli amministrativi, che definiscono il dies ad quem per la tempestiva demolizione e le opere all’uopo da rimuovere.
Inoltre, a fronte di un ordine di demolizione (risalente ad anni prima e pure confermato nel doppio grado di giudizio) non tempestivamente osservato, ai fini della dichiarazione di un effetto acquisitivo già prodottosi, ope legis, sul piano sostanziale, l’Amministrazione comunale non era, pertanto, tenuta a svolgere un accertamento ulteriore rispetto a quello concretamente operato, riferito all’ingiustificata inottemperanza della sanzione ripristinatoria entro il termine di legge.
L’appello è, pertanto, infondato nella parte in cui tende a dedurre una carenza motivazionale dell’agire amministrativo o, comunque, un difetto di istruttoria, per la mancata considerazione della presentazione di una CILA influente sulla demolizione.
Conclusioni
Tale comunicazione non soltanto risultava inefficace perché promanante da soggetti non più nella disponibilità dei beni cui la stessa si riferiva, ma anche perché impiegata in relazione ad un’attività edilizia (demolizione imposta da un pregresso ordine di demolizione) non rientrante nell’ambito applicativo tipico del relativo istituto, per come delineato dall’art. 6-bis DPR n. 380/01.
A fronte di una comunicazione inefficace, nessun obbligo motivazionale incombeva sull’Amministrazione procedente, difettando un titolo idoneo ad impedire l’adozione del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale, sufficientemente motivato sulla base della constatazione della ingiustificata mancata tempestiva ottemperanza di un ordine demolitorio.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 12 aprile 2023, n. 3674