Poteri sanzionatori ANAC: no del Consiglio di Stato a provvedimenti immotivati
Nel caso di falsa dichiarazione o falsa documentazione, l'annotazione non costituisce un mero atto dovuto ma impone un giudizio di imputabilità in termini di dolo o colpa grave
L’annotazione al casellario ANAC dovuta alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto, ma impone da parte dell'Autorità una motivazione articolata che giustifichi il giudizio di “colpa grave”.
Poteri sanzionatori di ANAC: il no del Consiglio di Stato senza motivazioni articolate
Sulla base di queste affermazioni, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2790/2023, ha respinto l'appello di ANAC per la riforma della sentenza del TAR, che aveva ritenuto illegittima una delibera con cui l’Autorità aveva irrogato una sanzione pecuniaria, stabilito l’interdizione per 90 giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, oltre che disposto l’annotazione nel casellario informatico di un operatore, per avere reso una falsa dichiarazione connotata dall’elemento soggettivo della colpa grave in relazione alle caratteristiche dei prodotti offerti.
Secondo l'operatore, il provvedimento non era adeguatamente motivato in riferimento al requisito soggettivo della colpa grave, tenuto conto che nel corso del procedimento l'OE aveva fatto presente all’Autorità che la dichiarazione era stata resa in buona fede e che l’errore commesso era scusabile e non imputabile a colpa grave, come ampiamente dimostrato dalla documentazione presentata.
I poteri sanzionatori di ANAC nel Codice dei Contratti Pubblici
Per ANAC, invece, con la sentenza di primo grado sarebbe stato invece violato l’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei Contratti Pubblici), secondo cui “In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a due anni…”.
Il Tar aveva infatti annullato la delibera evidenziando sostanzialmente che il provvedimento sanzionatorio presentava un deficit motivazionale con riferimento alla contestazione della ‘colpa grave’, individuata in un comportamento privo ‘di quelle cautele, cure e conoscenze costituenti lo standard minimo di diligenza richiesto a quel determinato professionista’, posto che non si è tenuto conto, delle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare all’Autorità elementi a comprova della scusabilità dell’errore commesso.
Nel giudicare la questione, Palazzo Spada ha premesso che il potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 ha natura sanzionatoria e afflittiva. Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (in ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che devono essere esplicitati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio.
Lo stesso Consiglio di Stato ha recentemente affermato che “occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo l’esclusione dalle procedure di gara e degli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere, lo si ripete, natura sanzionatoria".
Si deducono le seguenti conclusioni:
- a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale;
- b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.
L’art. 18.1 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC statuisce, infatti, che: “Il dirigente, acquisiti tutti gli elementi di fatto e valutata la sussistenza o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave e, per i casi di falso, tenuto conto della gravità dei fatti oggetto di falso...”.
La sentenza del Consiglio di Stato
Spiega il Consiglio che non può predicarsi, come diversamente sostiene l’Autorità Anticorruzione, che la motivazione sulla colpa grave possa desumersi implicitamente dalla descrizione della condotta posta in essere dalla società incolpata. E neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall’Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall’operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato.
L’ANAC, stante
la natura sanzionatoria del procedimento, e tenuto conto del fatto
che nel comminare una sanzione si effettua una valutazione
discrezionale, era tenuta a motivare adeguatamente “i profili di
gravità dei fatti oggetto di falso ai fini di una declaratoria di
gravità della colpa”.
Come si legge nella sentenza, “Il Legislatore ha, infatti,
posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la
motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento
dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire
formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale
‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della
rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a
procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione,
con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a
non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi
anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la
valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio
procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso
contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe
totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi
vaglio critico”.
L’esame delle osservazioni difensive avrebbe assunto rilievo decisivo, ai fini di un giudizio sulla colpa grave, ma non solo: il profilo motivazionale della delibera avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, posto che l’ANAC ha ritenuto di applicare più sanzioni (interdittiva e pecuniaria) all'operatore, discostandosi dalla determinazione dell’applicazione di un’unica misura sanzionatoria, sicché sarebbe stato necessario spiegare per quale motivi i parametri che si erano giudicati meritavano un intervento così incisivo.
L'appello è stato quindi respinto: l’applicazione della sanzione pecuniaria, contestualmente alla interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, nonché l’annotazione nel casellario informatico, avrebbero implicato un approfondimento motivazionale sulla valutazione della gravità della condotta, in relazione al profilo della colpa grave, che necessitava di essere adeguatamente esplicitato, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo di tale discrezionalità che, concludono i giudici d'appello, in assenza di idonea argomentazione ha perso la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità.
Documenti Allegati
Sentenza