La tariffa professionale fa l’occhiolino ai corrispettivi
Il calcolo dei corrispettivi da porre a base di gara e la "demolizione" del ribasso partecipanti. Riflessioni sul compenso dei professionisti
Parlare di “tariffa professionale” in poche righe non è cosa semplice perché ha una genesi lunga e ricca di concetti. Forse parlarne oggi che le tariffe professionali risultano abrogate, poi vedremo ciò che vuol dire, risulta anche un po’ improprio, sarebbe più corretto utilizzare il termine “corrispettivi”, ma a noi piace chiamarla ancora così, noi che siamo ancora legati ad una visione poetica della professione, quella che con tanta “dignità” ci hanno trasmesso i nostri professori all’università; professori che avevano attraversato il XX secolo, per non tornare più indietro, facendo grande l’ingegneria e l’architettura italiana.
Sicuramente è un tema che riguarda tutti noi tecnici, professionisti, che operiamo in particolare nel mondo dei Lavori Pubblici.
Il calcolo dei corrispettivi professionali
Coinvolge tutti, anche se nasce sulla scia della tariffa di ingegneri e architetti (ultimo atto il D.M. 143/13), perché costituisce, almeno fino ad oggi, il riferimento per il calcolo dei corrispettivi da porre a base di gara per i servizi di progettazione e controllo in esecuzione. Ci interessa perché parla a tante figure professionali che operano lungo il percorso tecnico-amministrativo dell’Opera Pubblica: RUP, progettisti, direttori dei lavori, direttori dell’esecuzione, coordinatori per la sicurezza, assistenti, istruttori tecnici e tanti altri.
Si parte dalla L. 143/49, passando attraverso il D.M. 04/04/01, per arrivare all’abolizione delle tariffe professionali nel 2012, per approdare infine nel 2013 al cd. “Decreto Parametri” poi aggiornato nel 2016 (ultimo riferimento vigente - D.M. 17/06/16), che le ha in parte “ripristinate”.
E proprio nel passaggio fra il D.M. 143/13 ed il D.M. 17/06/16 che si perde il riferimento alla categoria degli ingegneri e degli architetti.
Il D.M. 143/13 titola: “Regolamento recante determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura ed all'ingegneria”.
Il D.M. 17/06/16 invece titola: “Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell'art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016”.
Il D.M. 17/06/16, pertanto, costituiva una risposta a quanto previsto nel D.Lgs 50/16.
Ma che vuol dire abolizione delle tariffe?
Vuol dire che prima del 2012 sia la L. 143/49 che il D.M. 04/04/01 costituivano, almeno nel mondo del Pubblico, non solo il riferimento ma anche il “minimo tariffario”, a cui si applicava lo sconto del 20% della L. 155/89. Dopo tale data non solo non esiterà più un riferimento, anche se la norma lascerà degli spazi di aleatorietà rispetto alla determinazione del corrispettivo da porre a base di gara con la previgente tariffa, ma non esisterà neanche più un limite minimo da corrispondere e tutta le prestazione diventerà ribassabile, con qualche limite che i vari bandi di gara potevano disciplinare.
Capite bene come questa discutibile “liberalizzazione”, a mio avviso chiaramente, questa illusoria “concorrenza” che non si è mai tradotta in rinnovata, sincera ed auspicabile “competitività”, abbia altresì aperto il mercato a buoni e cattivi, indiscriminatamente; tutti si sono ritrovati sullo stesso piano con i secondi però estremamente avvantaggiati.
Un premessa è d’obbligo prima di continuare: esprimiamo un punto di vista non una verità assoluta, quindi parliamone, confrontiamoci, perché di tempo per fare del bene alla “professione” per fortuna ancora ce n’è.
Riprendiamo dicendo che purtroppo i risultati si sono visti sia in termini di progettazioni scadenti che controlli in corso d’esecuzione “deficitari”. D’altra parte quando la coperta è corta è la qualità la prima ad essere sacrificata.
Abbiamo visto qualche “risoluzione”, poche rispetto a quello che si vedeva in giro, qualche “contenzioso”, anch’essi in minima parte rispetto alla qualità di ciò che veniva prodotto, e tanto impoverimento della professione e della professionalità.
I buoni, i nostri magnifici eroi, sono rimasti isolati, forti solo di sé stessi, delle proprie convinzioni e di tanta speranza, non trovando nessun conforto e protezione!
A me piace ripetere sempre una frase che ho messo anche in chiusura della pagina home del mio sito:
“Nei lavori pubblici il pallino in mano non va tenuto troppo a lungo, altrimenti poi qualcuno ce ne può chiedere conto. Ciò non vuol dire essere istintivi ed irruenti, tutt'altro, ma che si rende opportuno e necessario compiere atti ed azioni codificati/e in tempi ragionevolmente brevi, compatibilmente con la complessità del tema che si tratta. Bisogna sempre evitare, in parole povere, di cadere nel tranello che qualcuno un giorno ci possa chiedere: "... sì tutto vero, ma tu che hai fatto?”
Ecco questa frase come “categoria professionale” ce la dovremmo ogni tanto ripetere anche noi, perché non essendo né dei “vittimisti”, né dei “complottisti”, che pensano che la colpa sia sempre degli altri, riteniamo che qualche responsabilità ogni tanto ce la dobbiamo pur dare.
Chiaramente, ripeto, questo è il mio pensiero e non pretendo che raccolga una condivisione totale, ma auspico che costituisca un punto di riflessione per migliorare.
Ma che vuol dire “ripristino” della tariffa?
Vuol dire che con il cd. “Decreto Paramenti” (D.M. 143/13) e poi con il successivo D.M. 17/06/16, la tariffa è tornata quanto meno ad essere la base di riferimento per il calcolo dei corrispettivi da porre a base di gara. Una tariffa uguale per tutti, che conteneva tante più prestazioni rispetto al passato, e questo è stato un punto di merito, ma che poi veniva “demolita” dal ribasso degli offerenti.
In particolare nei primi anni dalla sua nascita, ma direi anche qualcosa prima a partire dal 2012, abbiamo assistito a ribassi sproporzionati che lasciavano poi grandi lacune nella qualità del prodotto. Per fortuna oggi questa tendenza sembra andando a scemare ma non perché il mercato si sia riequilibrato, ma perché si è decimato. Quindi direi che è stata “una vittoria a tavolino” o meglio “per abbandono del campo”.
Il D.M. 17/06/16 nasceva in parte già obsoleto, in quanto lo stesso D.Lgs 50/16 (nuova Legge Quadro dei Lavori Pubblici), alcuni mesi prima, aveva eliminato la fase del “progetto preliminare”, che il D.M. 17/06/16 ancora contiene, introducendo quella del “PFTE”. A quasi sette anni di distanza, la tariffa non è stata ancora adeguata, anche se a “onor del vero” bisogna dire che la precisazione fatta nell’Allegato I.13 del Nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs 36/23), consente almeno oggi di utilizzarla con un certo criterio.
Domanda: ma questa precisazione non poteva essere fatta prima? Occorreva aspettare sette anni per metterci una “pezza”?
Bisogna comunque porre con una certa urgenza un rimedio un po’ più organico e complessivo della materia.
E tanto ci sei, caro legislatore, aggiusta anche il fatto che al direttore dei lavori vanno riconosciuti gli oneri per la gestione delle riserve; che al collaudatore questo sia stato da sempre riconosciuto a partire dalla L. 143/49 ed al direttore dei lavori mai, è una cosa che proprio “frustrante”, oltre che in taluni casi estremamente penalizzante.
Dopodiché arriva l’EQUO COMPENSO!
Citiamo in particolare il punto 2 del comma 1, dell’art. 19-quaterdecies del D.Lgs 148/17:
“… 2. Ai fini del presente articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6. …”
In merito a questo acceso dibattito, che ha portato proprio in questi giorni alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della L.49/23, credo che ne vedremo ancora tante di posizioni espresse e disquisizioni; ma credo anche che allo stesso tempo potremmo non vederne affatto e che di questo argomento passato il momento “auge” non ne sentiremo più parlare, se non forse raramente.
Sono combattuto, speriamo di sbagliarsi.
C’è grande fermento intorno ad un principio che non è un criterio, l’ho già detto anche in altre sedi.
Occorre invece una tariffa chiara ed univoca, completa e adeguatamente remunerativa in riferimento agli “attuali costi”, non è possibile assistere a compensazioni per lavori e “frustrare”, che guarda un po’ fa rima con “frustare”, sempre le attese “eque” di tanti “buoni professionisti”. Le “prestazioni intellettuali” sono imprescindibili. Senza “intelletto” il genere umano non sarebbe arrivato fino a qui.
Infine sull’Equo Compenso mi sento di dire una cosa molto semplice: questo non può non passare che da una corretta applicazione sia del D.M. 17/06/16 (oggi ancora vigente con la precisazione fatta dal D.Lgs 36/23), che, non dimentichiamocelo mai, della Costituzione e del Codice Civile. Che ogni prestazione richiesta deve essere remunerata, e remunerata adeguatamente, è già nei dettami della legge basta applicarla con rigore e dove questa non arriva ci vuole la giurisprudenza.
Art. 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro …”.
Art. 2225 del Codice Civile: “Il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo.”
Art. 2233 del Codice Civile: “Il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell'associazione professionale a cui il professionista appartiene.”
In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.
In un Comunicato del Presidente, a novembre 2022, l’ANAC puntualizzava come ogni attività aggiuntiva rispetto alla prestazione originaria dovesse essere compensata, come ad esempio quelle relative al Decreto Aiuti.
Grazie ANAC, tu sei autorevole più di noi quindi forse qualcuno a te ascolterà e se ne farà una ragione.
Io personalmente l’ho sempre sostenuto quando ho parlato di “prestazioni intellettuali” ma anche di “lavori/servizi/forniture a corpo/misura” e di “varianti” che: “l’immodificabilità del prezzo nei contratti a corpo specificatamente, ma anche a misura in senso più ampio del termine, non è un principio assoluto ed inderogabile”.
Qualche tempo fa, a gennaio 2023 per la precisione, commentavo in un post su LinkedIn in merito all’Equo Compenso, prendendo atto da persona che vive in questo mondo che al passato non ci si ritornerà più e per certi versi forse è anche giusto così, nel seguente modo:
“Secondo me ci si è già trasformata in una trappola, perché definisce un principio che non è un criterio. Occorre che ci sia una tariffa chiara e di riferimento per tutti. Che tenga conto della molteplicità di prestazioni. Il D.M. 17/06/2016 non è male va solo aggiornato ed integrato. Il ribasso si lascia libero e da applicare a tutto senza differenziazione di componenti e poi se la prestazione non è all’altezza si punisce con gli strumenti che la legge ha previsto ma che sono stati in rari casi applicati. Il mercato così trova il suo equilibrio. È evidente che tutti devono essere giusti ed equi nelle scelte, nei tempi e nei costi a partire dalle stazioni appaltanti altrimenti questo meccanismo diventa un cane che si morde la coda. Non siamo alla ricerca di un capo espiatorio ma di un sistema giusto!”
Eravamo in un periodo in cui il Nuovo Codice degli Appalti, il D.Lgs 36/23, non era stato ancora emesso ed in merito all’Equo Compenso si ragionava solo intorno all’art. 19-quaterdecies del D.Lgs 148/17.
Oggi sappiamo che la legge sull’Equo Compenso è stata approvata definitivamente alla Camera il 12/04/2023 ed approdata in Gazzetta Ufficiale il 05/05/2023 n. 104 (L. 49/23).
La definizione di Equo Compenso riportata all’art. 1 ci parla di: “Ai fini della presente legge, per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente: …”
Quindi si definisce un principio che rimanda ad un criterio.
Ben venga ogni legge e principio che contribuisca a ridare un po’ di dignità alla professione, che nel corso degli anni 2000, ha subito delle vere e proprie “bastonate”, ma sulla formulazione di un principio che rimanda principalmente ad una legge, per la categoria dei tecnici alla legge valida in sede giudiziaria, ovvero il D.M. 140/12, e non alla legge attualmente vigente in campo delle Opere Pubbliche ovvero il D.M. 17/06/16, con le precisazioni introdotte dall’Allegato I.13 del D.Lgs 36/23, sinceramente qualche perplessità mi rimane e me la desta. Almeno da quello che si legge in giro per la rete mi sembra che sia così che debba funzionare e che si debba interpretare.
Personalmente confido e spero più, per non dire molto, sull’art. 9, in particolare il comma 1, del D.Lgs 36/23, ovvero il “Principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale”:
“1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all'ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l'equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. …”.
Potremmo dire tante cose su questo articolo, passarci delle ore sopra e forse lo faremo in un altro commento, ma certo è che a mio personalissimo avviso questo costituisce la grande novità, la grande rivoluzione del D.Lgs 36/23.
Io ci credo molto, fa tesoro di tanta acqua passata sotto i ponti: tanta giurisprudenza, il Comunicato Presidente dell’ANAC dell’08/11/2022, l’Equo Compenso, e soprattutto tanta, in termini di portata, Costituzione e Codice Civile.
Avere un principio così, sancito in una norma di settore non è cosa da poco, almeno abbiamo qualcosa di legiferato in mano per discutere con le nostre Committenze.