Condono edilizio e revoca ordine di demolizione: occhio alla legittimità del titolo in sanatoria

In presenza di un condono o una sanatoria illegittimi, tutto l'immobile deve ritenersi tuttora abusivo e quindi non è possibile procedere alla regolarizzazione mediante SCIA di ulteriori difformità

di Redazione tecnica - 18/05/2023

Il rilascio del titolo abilitativo conseguente alla procedura di condono edilizio non determina l'automatica revoca dell'ordine di demolizione, permanendo in capo al giudice dell'esecuzione l'obbligo di accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge.

Condono edilizio e revoca ordine di demolizione: occhio alla legittimità del titolo

Condono non significa quindi automatica revoca dell'ordine di demolizione, se l'accertamento non va a buon fine: lo spiega bene una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20286/2023, con la quale gli ermellini hanno ritenuto inammissibile il ricorso per la revoca di un ordine di demolizione, presentato sul presupposto che nel 2013 era stata rilasciata una concessione edilizia in sanatoria e che, pertantoi l’immobile risultava regolarmente assentito.

Il Tribunale invece aveva successivamente rilevato che la sanatoria era stata rilasciata sulla base di uno stato dei luoghi diverso da quello effettivamente esistente, motivo per cui la concessione edilizia in sanatoria andava considerata inefficace. Il ricorrente aveva quindi richiesto nuovamente la revoca dell'ordine di demolizione, dopo avere presentato una SCIA in sanatoria per le difformità riscontrate rispetto alla concessione edilizia.

Condono inefficace: ulteriori opere sono abusive

E anche qui il giudice dell'esecuzione è intervenuto rigettando l'istanza: l'assenza di conformità tra le opere oggetto di permesso di costruire in sanatoria e quelle effettivamente realizzate (preclusivo alla sanabilità dell'intervento edilizio) non potevano essere surrettiziamente eleminate mediante presentazione di una SCIA avente ad oggetto una parte degli interventi edilizi che, in quanto eseguiti su immobile abusivo, non possono che ripetere le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale cui accedono.

Sulla questione, gli ermellini hanno ricordato che il  rilascio del titolo abilitativo conseguente alla procedura di «condono edilizio» non determina l'automatica revoca dell'ordine di demolizione, permanendo in capo al giudice l'obbligo di accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge. Il giudice dell'esecuzione dovrà pertanto procedere ad una valutazione unitaria di quanto realizzato.

Come reiteratamente affermato dalla Corte, infatti, «qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l'abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell'attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente".

Analogamente, «non si possono realizzare interventi di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria su un manufatto abusivo, che non sia stato oggetto di sanatoria edilizia, e che tale ulteriore attività costruttiva va valutata in modo unitario rispetto alle opere precedentemente realizzate».

E ancora: non è possibile eseguire interventi soggetti a D.I.A. (ora S.C.I.A.) su manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, poiché gli interventi ulteriori, sia pure riconducibili nella loro oggettività alle categorie di opere realizzabili tramite tale strumento autorizzativo, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente.

Analoga posizione assume la giurisprudenza amministrativa, la quale ha ribadito che «in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche d'illiceità dell'opera abusiva cui ineriscono strutturalmente».

Revoca o conferma ordine di demolizione: il ruolo del giudice dell'esecuzione

Se è ben vero che l'ordine di demolizione legittimamente impartito dal giudice con la sentenza di condanna per un reato edilizio è suscettibile di revoca quando esso risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività, è altrettanto vero che il giudice dell'esecuzione ha il potere/dovere di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale.

Nel caso concreto, il giudice ha valutato i titoli abilitativi rilasciati ed è pervenuto ad un giudizio negativo in ordine alla validità ed efficacia dei provvedimenti, ritenendo, correttamente, che in presenza di un condono o una sanatoria illegittimi per mancata corrispondenza tra le opere effettivamente realizzate e quelle per le quali è stata ottenuta la sanatoria, tutto l'immobile deve ritenersi tuttora abusivo e quindi non sia possibile procedere alla regolarizzazione mediante SCIA delle difformità riscontrate.

Di conseguenza il ricorso è stato ritenuto inammissibile, in quanto il giudice ha correttamente accertato:

  • l’originaria natura abusiva delle opere realizzate, accertata con sentenza irrevocabile;
  • l’illegittimità della procedura di condono, per non conformità delle opere e quindi della loro perdurante abusività;
  • la loro insanabilità mediante semplice SCIA, essendo ancora abusivo l'immobile nel suo complesso.

 

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