Convenzioni tra P.A. e servizi tecnici: no all'elusione delle gare
La delibera ANAC: l'affidamento di servizi tecnici sotto forma di protocolli d'intesa rappresenta un ricorso elusivo agli accordi tra pubbliche amministrazioni in luogo di procedure di evidenza pubblica
Le pubbliche amministrazioni non possono stipulare convenzioni per l'affidamento di servizi tecnici, eludendo le procedure di gara e i principi di libera concorrenza, non discriminazione e trasparenza.
Convenzioni P.A. e servizi di ingegneria e architettura: la delibera ANAC
Così ha deciso ANAC con la delibera n. 179 del 3 maggio 2023 in riferimento al protocollo sottoscritto da una Provincia con alcune Università finalizzato allo svolgimento di attività di ricerca sul tema della gestione, classificazione, valutazione, controllo e monitoraggio di ponti, viadotti e opere d’arte esistenti sulla rete stradale provinciale.
Anac ha osservato che l’accordo tra pubbliche amministrazioni disciplinato dall’articolo 15 della legge n. 241/1990 costituisce un modello convenzionale di esercizio di pubbliche funzioni, avente lo scopo di disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.
Questa norma, trova,compiuta disciplina nell’art. 5 comma 6 del D.lgs. 50/2016 che, prevede la mancata applicazione del Codice negli accordi stipulati “esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici” qualora siano soddisfatte le condizioni previste nella norma ovvero che:
- l’accordo stabilisca o realizzi una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune;
- l’attuazione di tale cooperazione sia retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico
- le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgano sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione.
L’Autorità, muovendo dalla lettura della norma, e sulla scorta di un’ampia giurisprudenza comunitaria, ha precisato, in passato, i limiti del ricorso a tali accordi, ribadendo che “la collaborazione tra amministrazioni non può trasformarsi in una costruzione di puro artificio diretta ad eludere le norme menzionate e gli atti che approvano l’accordo, nella motivazione, devono dar conto di quanto su esposto”.
Se alcune attività oggetto del Protocollo – ovvero la formazione del personale dipendente, nonché il supporto alla ricerca documentale tecnica e alla corretta catalogazione e archiviazione dei dati - possono essere ragionevolmente deducibili in un accordo tra p.a., in quanto ricollegate ad una generale funzione scientifico - didattica propria delle Università e all’attività di ricerca e consulenza, sono stati invece previsti alcuni incarichi che, invece, appaiono strumentali unicamente allo svolgimento dei compiti di interesse pubblico propri dell’ente provinciale con mancanza della comunione dell’interesse pubblico in capo anche all’Università, ovvero:
- attività di ispezione visive di ponti e manufatti minori ed il relativo censimento, con la produzione di 3 report periodici sulle attività ispettive svolte
- sviluppo dell’applicativo per la gestione dei ponti, che costitusce un servizio di ingegneria, non di stretta attinenza con i compiti istituzionali dell'Università;
- esecuzione di eventuali indagini diagnostiche in sito, l’acquisto e/o noleggio di strumentazione innovativa per diagnostica, l’esecuzione di prove in situ e prove di laboratorio a carattere di ricerca scientifico diverse e/o aggiuntive.
I limiti alle attività in convenzione
Come ricorda ANAC, in materia di collaborazioni con le Università il Consiglio di Stato ha osservato che “L’attività di ricerca e consulenza, anche se in favore di enti pubblici, non può essere indiscriminata, sol perché compatibile, ma deve essere strettamente strumentale alle finalità istituzionali dell’Ente, che sono la ricerca e l’insegnamento, nel senso che giova al progresso della ricerca e dell’insegnamento, o procaccia risorse economiche da destinare a ricerca e insegnamento. Non si può pertanto trattare di un’attività lucrativa fine a sé stessa perché l’Università è e rimane un ente senza fine di lucro”.
Pertanto, qualora un’amministrazione si ponga rispetto all’accordo come operatore economico prestatore di servizi e verso un corrispettivo, anche non implicante il riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non è possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi.
Le Università possono operare sul mercato alla stregua degli altri operatori economici, in quanto l’articolo 7 c. 1 lett. c), della L. n. 168/1989, include, tra le entrate degli Atenei, anche i corrispettivi di contratti e convenzioni, ed inoltre l’articolo 66, del d.P.R. n. 382/1980 prevede che le Università possono eseguire attività di ricerca e consulenza, mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati, con l’unico limite della compatibilità delle suddette attività con lo svolgimento della funzione scientifica e didattica. Da ciò, discenderebbe, dunque, l’impossibilità per le Università di ricevere incarichi di servizi che possono essere svolti da ingegneri e architetti, attraverso strumenti diversi da quelli previsti dall’articolo 157 del Codice dei contratti che dispone, appunto, che gli appalti di servizi possono essere affidati solo con le modalità previste dal Codice.
Per altro anche il giudice comunitario ha affermato il principio per cui “il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici osta ad una normativa nazionale che autorizzi la stipulazione, senza previa gara, di un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione, nel caso in cui tale contratto non abbia il fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi, non sia retto unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico, oppure sia tale da porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”.
Secondo ANAC il Protocollo stipulato costituisce, di fatto, appalto di servizi di ingegneria e architettura, ed in quanto tale, ragionevolmente deducibile in una procedura pubblica. La conclusione di un accordo tra p.a. deve, infatti, avvenire “nel rispetto delle finalità perseguite dalle direttive europee in tema di contratti pubblici e concessioni, vale a dire la libera circolazione dei servizi e la libera concorrenza pertanto, detti accordi devono avere ad oggetto attività non deducibili in contratti d’appalto”.
Pur condividendo una politica delle amministrazioni volta a valorizzare l’apporto collaborativo delle Università, in qualità di enti di ricerca e di conoscitori delle realtà in cui si localizzano in virtù del principio di prossimità territoriale, l’Anac non può non stigmatizzare il ricorso elusivo agli accordi tra p.a. per l’affidamento alle medesime di appalti di servizi che dovrebbero essere oggetto di procedure ad evidenza pubblica.
Elusione delle gare d'appalto: il commento di OICE
OICE ha accolto con soddisfazione la delibera, dopo avere appunto segnalato il protocollo di intesa all’Autorità. Nell’esposto l’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria. aveva evidenziato come nel protocollo mancassero i requisiti delineati dalla giurisprudenza e dalla normativa per definire lecito l’accordo e, in particolare, la presenza in ogni sua parte di un obiettivo comune fra i due soggetti pubblici.
L’Anac ha quindi dato ragione all’associazione, evidenziando che la collaborazione è sì finalizzata al comune interesse pubblico di miglioramento della sicurezza, ma per le attività di monitoraggio dei ponti e viadotti, per le ispezioni visive, il censimento delle opere e la produzione di report periodici, l’interesse pubblico appartiene soltanto alla Provincia e quindi queste attività andavano messe sul mercato.
“Siamo particolarmente lieti che l’Autorità abbia accolto le nostre argomentazioni, entrando nel merito del contenuto dell’accordo e chiarendo che determinate attività, costituiscono servizi di ingegneria e architettura che nulla hanno a che fare con i compiti di ricerca e formazione tipici delle Università e quindi, se non di interesse comune sono da mettere sul mercato, ha commentato il Direttore Generale di OICE, Andrea Mascolini. “l’escamotage di avvalersi di strutture specializzate e lavoratori esterni altro non è che un sistema di elusione dell’obbligo di gara, spesso molto usato. D’altro canto sul tema degli accordi collaborativi fra PP.AA. più di dieci anni fa attivammo un contenzioso a livello europeo su un caso simile che coinvolgeva un ateneo salentino e che portò alla definizione dei limiti che la stessa Anac ha utilizzato per questa vicenda e che tante volte, ci segnalano i nostri associati, vengono violati. Nessuna avversione da parte nostra verso questi accordi ma non devono servire ad eludere il ricorso al mercato che, in generale, è sempre strumento che assicura qualità dei servizi resi attraverso la candidatura di più operatori economici. E questo vale soprattutto in un campo così delicato come è quello del monitoraggio dei ponti dove le competenze dell’ingegneria organizzata e non, sono fondamentali”, conclude Mascolini.
Documenti Allegati
Delibera