Abusi edilizi: il Consiglio di Stato sulle regole per la demolizione e sanatoria
Palazzo Spada chiarisce l'ambito di applicazione degli articoli 31 e 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia) e dell'accertamento di conformità
Arrivati al 2023, dopo oltre un ventennio di d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) e 3 leggi speciali sul condono (Legge n. 47/1985, Legge n. 724/1994 e Legge 326/2003), le uniche possibilità di sanare un abuso edilizio passano dal concetto di doppia conformità e dalla sanzione alternativa alla demolizione.
Le sanzioni nel Testo Unico Edilizia
In particolare, il T.U. edilizia differenzia le seguenti tipologie di abuso edilizio:
- lottizzazione abusiva (art. 30);
- interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31);
- interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33);
- interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34);
- interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici (art. 35);
- interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (art. 37).
L'art. 32 rimanda alle Regioni il compito di stabilire quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:
- mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
- aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
- modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
- mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
- violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
Viene disposto che non possono ritenersi variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
L'art. 34-bis (introdotto solo nel 2020) definisce il concetto di "tolleranza costruttiva" entro cui non si può parlare di violazione edilizia.
Infine gli art. 36 e 37 definiscono le possibilità di sanatoria di una difformità edilizia ancorandola, come anticipato, alla doppia conformità dell'opera alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda (a cura del privato e non della amministrazione).
Abusi edilizi: nuova sentenza del Consiglio di Stato
Ciò premesso, benché sotto certi aspetti la norma "potrebbe" risultare chiara, per altri versi è sempre necessario l'intervento della giurisprudenza per chiarire l'ambito di applicazione di un articolo o di un altro.
È il caso della sentenza 23 maggio 2023, n. 5092 resa in riferimento alle differenze tra gli articoli 31 e 34 oltre che per chiarire l'applicabilità dell'accertamento di conformità. Nel caso di specie viene appellata una decisione del TAR che aveva dato ragione al Comune per aver ingiunto la demolizione di opere edilizie abusive e il ripristino dello stato dei luoghi contestando la trasformazione in residenza di tre locali aventi destinazione a box cantina siti al quinto piano.
In particolare, locali erano stati ampliati parte in muratura e parte con vetrata in alluminio e vetro realizzando in pratica tre appartamenti. Erano inoltre state realizzate a servizio di ciascuno dei tre appartamenti delle tettoie strutturate e coperte in legno con guaina impermeabilizzante ancorate alla parete esterna del fabbricato e al parapetto dei terrazzi di pertinenza.
Sul concetto di "ampliamento volumetrico" esiste già una copiosa giurisprudenza confermata anche dal Consiglio di Stato nella nuova sentenza del 23 maggio 2023.
Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
Palazzo Spada, richiamando questa giurisprudenza, ha ricordato che l’art. 34 è applicabile solo agli abusi meno gravi riferibili all'ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo, in ragione del minor pregiudizio causato all'interesse urbanistico, e dell'annullamento del permesso di costruire, in ragione della tutela dell'affidamento che il privato ha posto nel titolo edilizio a suo tempo rilasciato e, poi, fatto oggetto di autotutela e della circostanza che l'opera è stata costruita comunque sulla base di un provvedimento abilitativo.
L'art. 34, al comma 2, prevede che qualora la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità (valutazione da effettuare solo nella fase esecutiva della demolizione e dopo l'ordinanza stessa), il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali
Nel caso, invece, di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, la sanzione della demolizione e della riduzione in pristino rimane l’unica applicabile, quale strumento per garantire l'equilibrio urbanistico violato.
La nozione di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall'autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera.
Si è, invece, in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione.
Il caso di specie
Secondo il Consiglio di Stato, nel caso di specie le difformità del fabbricato residenziale rispetto al progetto licenziato sarebbero di indubbia consistenza, con la conseguenza di non potersi appellare alle possibilità di fiscalizzazione contemplate nel citato art. 34 (comma 2) del d.P.R. n. 380/2001.
Gli abusi sanzionati, infatti, hanno obiettivamente trasformato gli originari manufatti in nuovi organismi edilizi, diversi da quelli originari con riferimento alle loro caratteristiche essenziali, sicché in alcun modo potrebbe parlarsi di parziale difformità, tanto che la trasformazione dei luoghi impedisce di distinguere l’immobile originario da quello che ne è derivato a seguito della realizzazione degli illeciti edilizi.
Nella fattispecie in esame, infatti, gli abusi posti in essere concretano una radicale difformità dal titolo originario, in quanto hanno comportato l’ampliamento con cambio di destinazione d’uso di tre box cantina a residenza, realizzato parte in muratura e parte con vetrate in alluminio e vetro, ricavando una nuova superficie utile e un nuovo volume, tra le altre cose arredato ed utilizzato a residenza, presentandosi come bilocali (salone con angolo cottura, camera) e bagni completi di sanitari, con predisposizione degli impianti elettrici, idrici, termici e fognari funzionanti.
Nel caso di specie, dunque, l’abuso riguarda un’opera diversa da quella prevista nel titolo abilitativo, tanto che, in luogo di box cantina di piccole dimensioni sono stati realizzati locali ad uso abitativo di ben più consistenti dimensioni aventi una sostanziale maggiore altezza, con conseguente creazione di organismi edilizi totalmente diversi dai precedenti per caratteristiche tipologiche, volumetriche e di utilizzazione.
Da qui l'applicazione dell'art. 31 a mente del quale la demolizione è inevitabile.
Le possibilità di sanatoria edilizia
Relativamente alle possibilità di accedere all'accertamento di conformità di cui all'art. 36 del T.U. Edilizia, l'amministrazione (come confermato anche in primo grado) ha rilevato nel caso di specie l'insussistenza della. doppia conformità urbanistica, avendo evidenziato che le opere realizzate configurano un aumento di volume non previsto dalle norme regionali.
Per questo motivo, la motivazione del diniego alla sanatoria risulta essere chiara ed esaustiva. Ad ogni modo sarebbe eventualmente spettato agli interessati dimostrare la sussistenza della doppia conformità per ottenere il permesso di costruire in sanatoria. Fatto che non è avvenuto.
In definitiva il ricorso è stato respinto e la demolizione confermata.
Documenti Allegati
Sentenza CdS