Condono edilizio e distanze minime tra fabbricati: interviene il Consiglio di Stato
La violazione della distanza minima preclude ogni condizione di sanabilità delle opere, anche se si trovano sulla stessa proprietà e appartengono alla stessa persona
Nonostante il vincolo di inedificabilità relativa possa rappresentare uno spiraglio per ottenere il condono edilizio in area sottoposta a tutela, esso viene chiuso definitivamente nel caso in cui l’edificio abusivo non rispetti le distanze minime tra fabbricati, anche se si trova sulla stessa proprietà e appartiene allo stesso proprietario.
Terzo condono edilizio, distanze tra fabbricati e vincolo ambientale: l'intervento di Palazzo Spada
Tanti sono i concetti interessanti in tema di abusi edilizi che si ravvisano nella sentenza n. 5663/2023 del Consiglio di Stato, con cui Palazzo Spada ha respinto l’appello proposto contro il diniego di condono edilizio per un manufatto costruito in adiacenza di una pertinenza e destinato a locale deposito, situato in un’area sottoposta a vincolo ambientale e idrogeologico
Per il manufatto, il proprietario aveva presentato domanda di condono ex art. 32, comma 26, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 convertito in legge n. 326/2003 (c.d. “Terzo Condono Edilizio”), che il Comune aveva rigettato specificando che esso era stato costruito in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e in violazione delle distanze minime tra fabbricati previste dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444.
Nonostante già il TAR avesse ritenuto legittimo il provvedimento dell’Amministrazione, il proprietario ha presentato appello al Consiglio di Stato.
Condono edilizio e abusi in aree vincolate: condizioni di sanabilità
Ricorda Palazzo Spada che, secondo un principio ormai consolidato, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), d.l. n. 269/2003, le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, sono sanabili solo se, oltre al ricorrere delle ulteriori condizioni - e cioè che le opere siano realizzate prima della imposizione del vincolo, che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e che vi sia il previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo - siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria).
Pertanto, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, come nel caso in esame, non può essere sanato.
Distanze legali tra edifici: niente condono se non sono rispettate
Quanto al tema delle distanze tra edifici collocati nella stessa area di proprietà, i giudici hanno ricordato che le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e prescindendo dall'appartenenza di tale spazio a terzi.
Un’affermazione supportata anche dalla Corte di Cassazione, per cui la previsione regolamentare è posta a tutela dell’interesse pubblico in materia di igiene e sanità, con la conseguenza che lo strumento urbanistico comunale, nel disciplinare il territorio individuando le zone territoriali omogenee di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 2, deve osservare le prescrizioni dettate in materia di distanze minime tra fabbricati previste per ciascuna delle dette zone dal primo comma dell'art. 9 del medesimo decreto ministeriale, quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva, oltre che integrativa rispetto all'art. 873 cod. civ.
Ma questo vale anche per la costante giurisprudenza del Consiglio, secondo la quale la disposizione contenuta nell'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968, che prescrive la distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza; tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile.
Ne deriva che le norme si applicano anche in materia di distanze tra edifici in caso di strutture edilizie di pertinenza e di proprietà della stessa persona.
Terzo Condono Edilizio: le disposizioni su aree vincolate
In relazione alla presunta illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 27, d.l. 269/2003, conv. con l. 326/2003 nonché dell’art. 2, comma 5, lett. a), l.r. Toscana 53/2004, Palazzo Spada ricorda che la norma disciplina la sanatoria edilizia in modo apparentemente più restrittivo rispetto ai precedenti condoni edilizi di cui all'art. 31 e ss. della legge n. 47/1985 e all'art. 39 della legge n. 724/1994 posto che, pur mantenendo fermo il regime del previo parere espresso dall'autorità preposta alla tutela dei vincoli, contemplato dall'art. 32 della predetta l. 47/1985 e successive modifiche, si dispone nel senso che “le opere non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (...) siano realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi (...) dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Secondo il legislatore statale, pertanto, la circostanza che il vincolo paesaggistico preesista rispetto alla realizzazione dell'abuso rende quest'ultimo non sanabile se realizzato o in difformità del titolo edilizio ovvero in difformità alla disciplina urbanistica vigente.
Inedificabilità assoluta e inedificabilità relativa
Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, il c.d. terzo condono (previsto dall'art. 32, comma 27, d.l. 269/2003 e dall'art. 2 l.r. Toscana 53/2004) esige, ai fini della condonabilità delle opere abusive realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico che non implica l'inedificabilità assoluta, il parere favorevole espresso dall'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo.
In altri termini, l'insistenza dell'intervento in un'area protetta da un vincolo paesaggistico relativo non comporta un impedimento automatico del condono, ma postula, al contrario, una verifica di compatibilità delle opere con le esigenze di tutela implicate dal vincolo, che compete all'Autorità incaricata dell'amministrazione del regime di tutela, e non al Comune, che deve provvedere in via definiva sull'istanza di condono e che resta, quindi, onerato, prima di definire il procedimento, di acquisire il parere della competente Soprintendenza.
La previsione della non sanabilità delle opere realizzate su immobili soggetti a vincolo, di cui all'art. 32, comma 27, lett. d) d.l. 269/2003, non può che essere intesa, sottolinea il Consiglio di Stato ,come riferita alle sole ipotesi di inedificabilità assoluta dell'area, e non anche ai casi di inedificabilità relativa, in cui, quindi, la valutazione della compatibilità dell'intervento edilizio con la disciplina di tutela resta rimessa all'apprezzamento dell'Autorità preposta all'amministrazione del vincolo.
In ogni caso il condono non è ammissibile per la violazione delle distanze minime degli edifici.
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Sentenza