Ante '67 e sanatoria edilizia: con Google Earth non si scappa
Tramite i rilievi satellitari è facile constatare la presenza di ampliamenti volumetrici non autorizzati e soprattutto non conformi alla normativa vigente
La presunta anteriorità di un’opera edilizia alla legge n. 765/1967 può essere ormai facilmente affermata o smentita tramite le rilevazioni satellitari, come dimostra un nuovo caso di abusi edilizi affrontato dal TAR Campania con la sentenza n. 3801/2023. Perché, se l’espressione “ante ‘67” suona per molti come un “liberi tutti” in relazione alla realizzazione di manufatti abusivi, la comprova dell’epoca di costruzione di un edificio può avvenire adesso facilmente, utilizzando strumenti informatici come Google Earth, in abbinamento ai rilievi aerofotogrammetrici.
Immobili ante '67 e prove documentali: le rilevazioni satellitari
Ed è proprio così che un'Amministrazione Comunale ha confermato l’ordine di demolizione di alcune opere abusive, realizzate in assenza di titolo edilizio e per altro in area sottoposta a vincolo paesaggistico dal 1957, consistenti in un muro di contenimento, in una struttura di circa 70 mq e di un terrazino di 60 mq antistante.
Secondo il ricorrente si trattava di un manufatto rurale ante ’67 sul quale non era stata operata alcuna trasformazione urbanistica e che alcune delle opere realizzate, quali il muro di contenimento, rientravano fra quelle previste dall’art. 2, comma 1 del d.P.R. n. 31/2017 (Interventi in edilizia libera) di cui all’allegato “A” punto A 13: “interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno ... che non interessino beni vincolati ai sensi del Codice, art. 136, comma 1, ...” ed eseguibile con una semplice SCIA.
Inoltre il Comune avrebbe dovuto sospendere il provvedimento di ripristino delle opere in questione, in pendenza dell’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Accertamento di conformità: come datare l'epoca di costruzione e di eventuali interventi?
Il TAR ha respinto quindi il ricorso, specificando che dagli accertamenti eseguiti dagli uffici comunali con rilevazioni satellitari tratte da Google Earth è risultato presente un piccolo manufatto, di modeste dimensioni, mentre da un rilievo aerofotogrammetrico dell’anno 1983 non compare alcuna costruzione, a comprova che l’opera non solo non poteva essere datata ante 1967, ma fosse sicuramente successiva almeno al 1983. Da rilevazione satellitare del 2013, l’immobile risultava, per di più, vistosamente ampliato e trasformato, con un ampliamento ammesso dallo stesso propriatrio. Un intervento che non poteva certamente essere ricondotto né nell’alveo dell’art. 3, co. 1, lett. b) del d.P.R. n. 380/2001, né del successivo art. 3bis.
Non solo: tutti gli abusi sono stati realizzati in un territorio dichiarato di notevole interesse pubblico ex d.m. del 12/09/1957, motivo per cui correttamente l’Amministrazione Comunale ha ritenuto che non si potesse procedere con l’accertamento di conformità ex art. 36 e 37 del Testo Unico escludendo la sanatoria per interventi di ampliamento volumetrico, non conformi alle norme urbanistiche vigenti anche per l’incompatibilità dei manufatti con i vincoli ambientali di riferimento.
Ricordiamo che ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia (accertamento di conformità), nel caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa a permesso di costruire o in difformità da essa, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità).
Muro di contenimento: pertinenza o nuova costruzione?
La realizzazione di un muro di contenimento necessitava, del previo rilascio del permesso di costruire, rientrando tra gli interventi di “nuova costruzione” che non può considerarsi come un intervento di restauro e risanamento conservativo. Richiamando una precedente sentenza del Consiglio di Stato, il TAR ha ricordato che “Il muro di cinta o di contenimento è struttura che - differenziandosi dalla semplice recinzione, la quale ha caratteristiche tipologiche di minima entità al fine della mera delimitazione della proprietà - non ha natura pertinenziale, in quanto opera dotata di specificità ed autonomia soprattutto in relazione alla funzione assolta, consistente nel sostenere il terreno al fine di evitarne movimenti franosi in caso di dislivello, originario o incrementato”.
Per altro nessuna delle opere poteva essere consiederata pertinenziale e andava considerata nel complesso con le altre: la valutazione dell’abuso edilizio presuppone infatti una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, quindi nel loro contestuale impatto edilizio e non il singolo intervento. I pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante, bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.
Infine, il TAR ha ribadito che per girisprudenza costante:
- l’ordine di demolizione è sufficientemente motivato con l’individuazione delle opere contestate e delle ragioni della loro illiceità;
- la comunicazione di avvio del procedimento deve ritenersi superflua ai fini dell’adozione degli atti di repressione degli illeciti edilizi, trattandosi di atti espressione di attività vincolata sulla base del carattere abusivo delle opere realizzate.
Documenti Allegati
Sentenza