Sanatoria edilizia e accertamento di conformità: nessun obbligo per la PA
Prima di emettere l'ordine di demolizione, l'Amministrazione non è tenuta a verificare la sanabilità delle opere abusive ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia
L'accertamento di conformità è un'attività che si "innesca" nel momento in cui il responsabile dell'abuso o proprietario del manufatto abusivo presenta un'istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), ma certamente non è una verifica che l'Amministrazione è obbligata ad adempiere prima di emettere l'eventuale ordine di demolizione.
Verifica sanabilità dell'opera: nessun obbligo per la PA
Lo spiega bene il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6774/2023, con la quale ha respinto l'appello contro un ordine di demolizione, già legittimato in primo grado dal TAR.
Preliminarmente, i giudici di Palazzo Spada hanno precisato che l’ordinanza di demolizione costituisce, espressione di un potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato: questo perché “L'attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l'ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso”.
Inoltre, proprio in virtù della natura rigorosamente vincolata dell’ordinanza di demolizione, essa è dotata di un'adeguata e sufficiente motivazione, se contiene la descrizione delle opere abusive e le ragioni della loro abusività. In questo caso, oltre a una puntuale descrizione delle opere, l’atto ha precisato anche il fondamento normativo: “il combinato disposto dell'art. 31, comma 2 del D.P.R. n. 380 del 06 giugno 2001 (Testo Unico dell'Edilizia) e dell'art. 15, comma 1, della legge Regionale n.15 dell'11/08/2008 impongono l'emissione di ingiunzione di demolizione nei casi di opere realizzate in assenza del permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali”.
Ne consegue, spiegano i giudici, che non è necessario che l’amministrazione individui un interesse pubblico idoneo a giustificare l’ordine di demolizione.
Il tempo non estingue l'abuso
Si tratta di principi validi anche qualora l’ordine di demolizione venga adottato a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, atteso che a fronte della realizzazione di un immobile abusivo non è configurabile alcun affidamento del privato meritevole di tutela; l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017 ha infatti chiarito che “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso neanche nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino”.
Accertamento di conformità: la sanabilità (o meno) di un abuso
Infine, di particolare rilievo la precisazione operata dal Consiglio in relazione al fatto che la vigente normativa urbanistica, non pone alcun obbligo in capo all'autorità comunale, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 e tanto si evince chiaramente dagli artt. 27 e 31, del medesimo d.P.R. che obbligano il responsabile del competente ufficio comunale a reprimere l'abuso, senza alcuna valutazione di sanabilità, nonché dallo stesso art. 36 che rimette all'esclusiva iniziativa della parte interessata l'attivazione del procedimento di accertamento di conformità urbanistica.
L’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 dispone infatti che in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Ciò significa che l’accertamento della sanabilità viene “stimolato” dall’istanza del privato, ma non è un’attività spontanea o che l’Amministrazione è obbligata a svolgere.
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Sentenza