Superbonus, condomini e lavori incompiuti: 3 diversi scenari
In caso di blocco dei lavori o, peggio, di fallimento dell’impresa, si possono generare scenari diversificati, in relazione ai contenuti del contratto d’appalto
Di questi tempi, non è raro imbattersi in palazzi ricoperti di impalcature con le reti al vento, segno evidente che il cantiere è fermo al palo, in attesa di tempi migliori. E neanche è raro che i tempi migliori tardino ad arrivare e con loro la data di ultimazione dei lavori. Un bel problema se il condominio ha deliberato sperando di eseguire gli interventi a “costo zero” sfruttando il 110%, ben sapendo che dal 31/12/2023 entreranno in vigore le aliquote ridotte.
Ma quello delle aliquote, e quindi dell’incremento dei costi a carico dei condòmini, è solo uno dei problemi, forse non il maggiore. Con una gradazione via via crescente, si può infatti arrivare fino al caso estremo in cui i lavori si bloccano irreversibilmente, o per talmente tanto tempo da prospettare la decadenza dai bonus fiscali.
Scenario soft: i lavori vanno a rilento
Immaginiamo che il condominio abbia affidato l’esecuzione dei lavori a un’impresa che, dopo averli avviati, tardi a completarli. Un tale scenario può generarsi a causa di un contratto di appalto inadeguato, che ad esempio non specifica un termine di ultimazione delle opere, o che prevede penali troppo basse. Su una simile base contrattuale, l’impresa esecutrice ha ampi margini per rallentare il proprio operato, scelta che potrà perseguire se si trova in situazioni finanziarie difficoltose o sta seguendo anche altri lavori, o ancora perché è alla ricerca di materiali a prezzi più convenienti. In questo caso, il condominio “suda freddo”, essendo consapevole dell’avvicinarsi della fine delle aliquote più vantaggiose. Purtroppo, però, se il contratto è inadeguato o non garantito, il condominio non ha armi, perché portare il caso all’attenzione di un tribunale potrebbe ancor di più allungare tempi e costi.
Lo scenario appena descritto, derivante da una base contrattuale inadeguata, può aggravarsi nel caso in cui l’impresa decida di trattare con il condominio, magari chiedendo un adeguamento dei prezzi o, da un certo punto in avanti, l’eliminazione del pagamento mediante “sconto in fattura”.
Scenario strong: i condòmini litigano
A rendere ancor meno gestibile la situazione, potrebbero aggiungersi discussioni tra i condòmini. Infatti, per deliberare l’esecuzione di lavori agevolabili con Superbonus è sufficiente l’approvazione di “un numero di voti che rappresenti […] almeno 1/3 del valore dell'edificio” (DL 34/2020, art. 119, co. 9 bis). In altre parole, gli interventi possono partire se ad essere d’accordo sono i condòmini titolari di 333 millesimi dell’edificio, con la conseguenza che di fronte ai problemi delineati, coloro che erano (e rimangono) dissenzienti possono ostacolare ancora di più le attività di risoluzione. In questo modo può esserci terreno fertile per contenziosi tra chi vorrebbe fermare tutto il procedimento, chi vorrebbe mediare, e chi invece è disposto a pagare pur di completare l’opera.
Scenario very strong: l’impresa fallisce
Lo scenario probabilmente più problematico è quello in cui l’impresa esecutrice fallisce, perché in tal caso subentra una figura terza: il curatore fallimentare. A questo, nominato dal giudice fallimentare con funzione di pubblico ufficiale, viene attribuito il compito di gestire la procedura e amministrare il patrimonio del soggetto fallito al fine di liquidarlo e di soddisfare le ragioni dei creditori ammessi al passivo. Il curatore deve quindi portare avanti il fallimento compiendo tutte le attività necessarie alla conservazione e alla liquidazione dell’attivo, che, a loro volta, sono finalizzate al pagamento dei creditori ammessi al passivo. Tra i suoi doveri, in particolare, vi è quello del recupero dei crediti pendenti: dunque, se i lavori sono rimasti a metà (ipotesi 50%) e l’impresa ha magari fatturato solo il primo SAL (30%), il curatore potrà richiedere al condominio il pagamento del 20% mancante, il tutto chiaramente in base a quanto stabilito nel contratto d’appalto.
Quesito
Nel nostro stabile sono stati deliberati dei lavori di efficientamento energetico nel 2021, appaltati a una ditta che, raggiunto il 30%, ha regolarmente emesso fattura con sconto e che poi, dopo aver eseguito una serie di altre opere (ma senza raggiungere il successivo SAL), ha abbandonato il cantiere per mancanza di liquidità.
Vorremmo sapere come tutelarci, anche perché ci risulta che la ditta in questione sia in forte difficoltà economica e temiamo che possa fallire.
In tal caso, cosa accade ai bonus edilizi? Il tempo passa e non solo temiamo di perdere i bonus, ma anche di trovarci a dover pagare di tasca nostra i lavori e non sappiamo se in tal caso siamo responsabili solidalmente.
La risposta dell’esperto
Il legislatore ha da un lato imposto scadenze molto ravvicinate per il sostenimento delle spese agevolate, ma dall’altro non ha regolamentato cosa accade in caso di fallimento dell’impresa quando di mezzo c’è la fruizione di bonus edilizi. Vengono così ad applicarsi le normali procedure previste dal codice civile, che richiedono tempistiche notoriamente lunghe e incompatibili con le norme fiscali.
Per tale motivo è fondamentale verificare i contenuti del contratto di appalto. Potrebbe essere buona norma, anche se non sempre accettabile dall’appaltatore, quella di chiedere il deposito di somme a garanzia per tutelare il committente di fronte al blocco del cantiere, con conseguente perdita dei benefici fiscali.
Ciò che può accadere ai gentili lettori che pongono il quesito dipende dalla sorte che effettivamente avranno i lavori. Se questi, infatti, non venissero terminati entro il 31/12/2023, sconto in fattura o cessione del credito di potrebbero applicare solo ai SAL minimi del 30% maturati entro questa data. I SAL successivi, invece, andrebbero con aliquota del 70% (sempre con possibilità di applicare le opzioni alternativa alla detrazione diretta). Se addirittura l’impresa fallisse, il rischio sarebbe effettivamente quello di vedersi richiesti i pagamenti per i lavori svolti dall’impresa fino alla liquidazione della stessa, come illustrato sopra. Qualora i lavori, per qualche motivo, non venissero portati a termine entro la data di scadenza del titolo edilizio, verrà l’Agenzia delle Entrate provvederà al recupero delle agevolazioni indebitamente percepite (1°SAL), con aggravio di interessi e sanzioni.
La responsabilità solidale dei condomini
In via del tutto semplificativa, si può affermare che nei condomìni generalmente non vale il principio della solidarietà, almeno nelle obbligazioni assunte in relazione alle parti comuni, deliberate a maggioranza e aventi ad oggetto obbligazioni di natura contrattuale.
Si tratta di una tematica complessa, oggetto di molteplici pronunce della Cassazione, dalle quali emerge che a regolare una tale situazione è il principio della “parziarietà”, riconosciuto dall’art. 1123 del c.c. Detto principio impone che “le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno”.
Di conseguenza, sposando la tesi della Cassazione a sez. unite (sentenza 9148/2008), il creditore parzialmente insoddisfatto può agire per il recupero dei propri crediti nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti, ma solo dopo l’escussione dei condòmini morosi, così come tra l’altro confermato dalla modifica che il legislatore ha apportato nel 2012 (L. 220/2012) all’art. 63 delle disposizioni attuative del c.c., che ora espressamente lo prevede.
A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di detrazioni fiscali applicate all’edilizia
www.cristianangeli.it