Demolizione abusi edilizi: nuovo intervento del Consiglio di Stato
Una mansarda con struttura portante in ferro e sovrastanti lamiere coibentate a falda inclinata e una tettoia. Abusi edilizi da demolire?
Procedimento di demolizione, sanzione alternativa (fiscalizzazione dell'abuso), pertinenzialità delle opere abusive rispetto all’originario fabbricato realizzato in forza di un regolare permesso di costruire e recupero dei sottotetti. C'è davvero di tutto nel nuovo intervento del Consiglio di Stato che riguarda una delle zone grigie dell'edilizia: le strutture "minori".
Mansarde e tettoie: interviene il Consiglio di Stato
È proprio in queste zone grigie che si registrano i maggiori contenzioni ed interventi della giurisprudenza, sempre più stressata da argomenti che meriterebbero più attenzione da parte del legislatore. Si parla di mansarde e tettoie nella sentenza 1 agosto 2023, n. 7453 resa dal Consiglio di Stato in riferimento al ricorso presentato per la riforma di una decisione di primo grado che aveva rigettato la richiesta di annullamento di un'ordinanza di sospensione dei lavori e demolizione.
L'oggetto della controversia sono:
- una mansarda, a quota piano terzo di fabbricato pre-esistente, con struttura portante in ferro e sovrastanti lamiere coibentate a falda inclinata, di circa mq. 160;
- una tettoia di circa mq. 35 prospiciente la cucina.
Altro aspetto da considerare nella vicenda riguarda il fatto che gli abusi sono stati commessi in un’area sottoposta ai seguenti vincoli di inedificabilità assoluta:
- vincolo paesaggistico ambientale di cui al d. lgs. n.42 del 2004;
- vincolo archeologico;
- zona RUA del Piano territoriale Paesistico dei comuni Vesuviani;
- zona di grado di sismicità S9: 5. “zona rossa”, ossia ad alto rischio vulcanico ex lege Regione Campania n.21 del 2003.
I motivi del ricorso
In secondo grado, tra le altre cose, vengono contestati:
- l’illegittimità del comportamento tenuto dall’autorità procedente che, dopo avere comunicato l’avvio del procedimento di demolizione, ha emesso il provvedimento definitivo il giorno successivo, senza concedere un ragionevole termine ai destinatari dell’ordine per consentirgli di controdedurre in merito, dopo avere eventualmente visionato la documentazione presente agli atti del procedimento;
- violazione degli articoli 33 e 34 del D.P.R. 380 del 2001 per non avere l’amministrazione valutato l’applicabilità della sola sanzione pecuniaria, stante il pregiudizio statico che deriverebbe all’intero immobile dalla disposta demolizione;
- l'avere escluso la pertinenzialità delle opere realizzate rispetto all’originario fabbricato, realizzato in forza di un regolare permesso di costruire.
Il procedimento di demolizione
Relativamente alla prima contestazione, a maggior ragione per essere in area con vincoli di inedificabilità assoluta, il Consiglio di Stato ha confermato che non era possibile alcun aumento di volumetria.
Secondo i ricorrenti i vincoli sarebbero sopravvenuti rispetto alla data dei lavori. Eccezione palesemente infondata considerato che il regime urbanistico applicabile all’abuso, che è un illecito permanente, è quello vigente al momento del suo accertamento. Oltretutto, è stato accertato che i lavori erano in corso al momento dell’accertamento, il che ne escluderebbe priori la risalenza a un periodo remoto.
Come affermato parecchie volte dalla giurisprudenza, la realizzazione di nuovi volumi esclude che l’intervento potesse essere qualificato quale ristrutturazione e/o riqualificazione edilizia.
Fatta questa premessa, viene ricordata la precisazione dell'Adunanza Plenaria secondo la quale la doverosità nell’applicazione della sanzione esonera l’amministrazione da uno specifico onere motivazionale, persino quando sia intercorso un notevole lasso di tempo tra la realizzazione dell’illecito e l’ordine di demolizione. Circostanza che, nel caso di specie, comunque non ricorre, atteso che l’accertamento della Polizia Municipale risale all’ottobre del 2013 e l’atto impugnato risulta emesso il mese successivo.
In definitiva, considerata la natura dell'abuso, l'ordine di demolizione era da considerarsi un atto dovuto, preceduto tra le altre cose dalla comunicazione di avvio del procedimento, che ha dato modo alla parte di venire a conoscenza del rischio della demolizione e, anche se in lasso temporale ridotto, di controdedurre in merito.
Sanzione alternativa alla demolizione
Relativamente alla mancata applicazione della sanzione alternativa alla demolizione, vale la pena ricordare che la stessa è prevista in 3 diversi articoli del d.P.R. n. 380/2001, utilizzabili in casi specifici e con effetti diversi:
- art. 33 (comma 2) - interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- art. 34 (comma 2) - interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- art. 38 (commi 1 e 2) - interventi eseguiti in base a permesso annullato.
Solo nel caso degli interventi eseguiti in base a permesso annullato, il pagamento della sanzione produce gli stessi effetti dell'accertamento di conformità (art. 36) e quindi la sanatoria dell'abuso. Negli altri due casi, la corresponsione della sanzione non produce alcun effetto sanante, l'abuso resta ma viene "tollerato" dall'amministrazione. Il fatto che l'abuso resti ha, però, effetti diretti sullo stato legittimo dell'immobile (che viene a mancare) e sulle possibilità di intervenire nuovamente.
Nel caso di specie, evidentemente, l'applicazione della sanzione alternativa non è possibile per due ordini di motivi:
- intanto non è stato provato il pregiudizio statico della parte dell'edificio conferme, ovvero la prima condizione richiesta per la fiscalizzazione dell'abuso;
- in secondo luogo, l’articolo 33 del T.U. Edilizia configura l’applicazione della sanzione pecuniaria come misura eccezionale e non alternativa, eccezionalità che evidentemente è destinata a divenire rarissima se non addirittura destinata a non ricorrere mai, quando, come nel caso di specie, nell’area in cui è collocato l’immobile abusivo, insistano stringenti vincoli di inedificabilità.
Da ogni modo è opportuno ricordare che l'applicazione della sanzione alternativa rientra nella discrezionalità tecnica dell’autorità procedente che non é sindacabile in sede giurisdizionale.
Non si può applicare neanche la sanzione alternativa di cui all'art. 34 che tratta gli interventi in parziale difformità dal permesso di costruire. Parliamo, dunque, dei soli casi di difformità di quanto realizzato dal titolo abilitativo e non in carenza assoluta di quest’ultimo, come nel caso oggetto della nuova sentenza.
La pertinenzialità delle opere e recupero dei sottotetti
Relativamente alla pertinenzialità delle opere (esclusa dal TAR), anche secondo il Consiglio di Stato non vi sarebbe alcuna traccia di un collegamento funzionale della nuova volumetria con il fabbricato pre-esistente. Per contro, le caratteristiche dell’intervento, (l’immobile si presentava completo sia strutturalmente che nelle rifiniture, ed in uso, adibito a civile abitazione), indicano che si tratta di un’unità funzionalmente autonoma, ad uso abitativo.
A maggior ragione a nulla vale il richiamo al 20% di volumetria aggiuntiva che sarebbe concessa dalla legge regionale, in caso di realizzazione di opere pertinenziali.
Allo stesso modo non è possibile applicare la normativa regionale in materia di recupero abitativo dei sotto-tetti esistenti. Per prima cosa perché il volume di cui si tratta non era pre-esistente, ma è stato creato ex novo. In secondo luogo perché detta legge, in ragione dei vincoli di inedificabilità esistenti sull’area, non sarebbe comunque applicabile nel caso di specie.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 1 agosto 2023, n. 7453