Bonus edilizi: come si utilizzano i crediti d'imposta?
Come è possibile utilizzare i bonus edilizi? Cosa si può compensare con la loro rata annuale?
Un dubbio ricorrente tra i contribuenti è la modalità di utilizzo dei crediti d’imposta derivanti dai bonus edilizi. Non è del tutto facile districarsi tra le norme fiscali presenti nel nostro sistema tributario e, spesso, occorre rivolgersi inevitabilmente ad un esperto del settore vista la complessità dei provvedimenti che si sono susseguiti con frequenza non comune negli ultimi tre anni.
Proviamo, in questa sede, a fare un riepilogo e riportare delle casistiche che si potrebbero presentare.
La detrazione diretta
La regola principale è che la detrazione diretta in dichiarazione è consentita solo a chi ha sostenuto la spesa, sia se privato sia se impresa. Invece, chi ha acquistato un credito d’imposta ha la possibilità di compensare il credito con altri debiti fiscali e contributivi che generalmente si pagano con il modello F24.
Di conseguenza, il privato o l’impresa che ha sostenuto delle spese in un determinato anno non potrà utilizzare il credito maturato per compensare debiti tributari e contributivi relativi allo stesso anno o a qualsiasi altro anno. Per esempio: non è possibile compensare crediti maturati nel 2023 per compensare debiti sorti nel 2021. Questi, peraltro, si potranno pagare autonomamente con ravvedimento operoso oppure con avviso bonario dell’Agenzia delle Entrate. Viceversa, chi ha acquistato crediti, non può portarli in detrazione sulla propria dichiarazione dei redditi, ma solo utilizzarli in compensazione nel modello F24.
Per quanto riguarda in modo specifico i bonus edilizi, questi generano un credito fiscale che, quantitativamente, dipende dall’aliquota di detrazione spettante che sarà ripartita in quote uguali per tanti anni quanti sono quelli previsti dalla normativa vigente per il tipo di bonus al momento di sostenimento della spesa. Lo stesso importo e con la stessa ripartizione in quote per gli stessi anni spetta anche a colui che acquista i crediti e li compensa con debiti fiscali e contributivi. In sostanza, chi acquista i crediti riferiti a spese del 2022 riferiti, ad esempio, ad un superbonus, potrà compensare i crediti con i debiti limitatamente alla quota di credito riferita a ciascun anno.
Pertanto, ad esempio, un contribuente che ha sostenuto delle spese nel 2022 per sostituire gli infissi esterni per un importo di 20.000 euro, ha diritto ad una detrazione del 50% da suddividere in 10 quote annuali di importo pari a 1.000 euro. Un cessionario che acquista i crediti da superbonus dal cedente per 44.000 euro per spese sostenute nel 2022 di 40.000 euro, ha la possibilità di compensare una quota annua per 4 anni di 11.000 euro.
La capienza fiscale
La detrazione diretta è possibile per il committente dei lavori edilizi, oltre che conveniente (perché non ha costi di cessione), quando ha capienza fiscale. La capienza fiscale è quell’importo costituito dall’imposta che dovrà pagare in sede di dichiarazione dei redditi. Anche il committente che ha il solo reddito di lavoratore dipendente e non ha mai presentato la dichiarazione dei redditi può avere capienza fiscale che è costituita dall’ammontare delle ritenute che il datore di lavoro trattiene dallo stipendio lordo.
Il lavoratore autonomo che paga le imposte solo in dichiarazione dei redditi saprà se è totalmente capiente solo nel momento in cui viene compilata la dichiarazione dei redditi. Pertanto, occorrerà chiedere al proprio consulente fiscale un’anticipazione del risultato della dichiarazione, visto che il termine per scegliere l’opzione della cessione del credito è precedente (16 marzo dell’anno successivo a quello di sostenimento delle spese) rispetto a quello del pagamento delle imposte (in genere il 30 giugno).
Esempio: un professionista ha fatturato nel 2022 120.000 euro e ha sostenuto spese professionali per 70.000 euro. Il suo reddito ammonta a circa 50.000 euro. Ipotizziamo che le imposte risultanti dalla dichiarazione, dopo le deduzioni per i contributi versati alla Cassa di appartenenza ed altre detrazioni, siano pari a circa 10.000 euro. Nell’anno 2022 ha anche effettuato lavori edili agevolati dal superbonus 110% ed ha speso complessivamente 100.000 euro. In questo caso, il professionista non risulta totalmente capiente perché la detrazione ammessa per il superbonus è pari al 110% di 100.000 euro, quindi 110.000 euro, suddivisi in quattro rate uguali di pari importo, cioè 27.500 euro. In questo caso perderebbe 17.500 euro di detrazione ogni anno (€ 27.500 – € 10.000) che non può essere recuperata in alcun modo. L’importo eccedente, infatti, non può essere richiesto a rimborso né conteggiato in diminuzione dell’imposta dovuta per l’anno successivo. Il professionista potrà decidere, allora, di cedere il credito ad una società di servizi o ad un privato in modo da recuperare ben più del credito che recupererebbe detraendo dalla dichiarazione dei redditi (si ricorda che questa opzione non è più ammessa ai sensi del D.L. 11/2023 che ha precluso la cessione del credito e lo sconto in fattura per coloro che non hanno depositato un titolo abilitativo entro il 16 febbraio 2023).
Imposte sostitutive all’IRPEF e addizionali
Cosa accade quando si pagano le imposte sostitutive all’IRPEF e alle addizionali?
Non tutte le persone fisiche e tutti i lavoratori autonomi, comprendendo in essi le imprese individuali e professionisti, possono detrarre le spese per interventi edili in dichiarazione. Si tratta di coloro che applicano i regimi contabili agevolati che calcolano le imposte in modo forfettario e pagano un’imposta sostitutiva. L’esempio più noto è l’impresa o il professionista che applica il regime forfettario ai sensi della Legge 190/2014. Il motivo è che questi contribuenti non pagano l’IRPEF ma un’imposta sostitutiva all’IRPEF. E poiché le detrazioni derivanti da bonus edilizi sono detrazioni IRPEF, tutti coloro che pagano solo imposte sostitutive sono esclusi dalla possibilità di detrarre le spese.
Ad esempio, un proprietario di immobili residenziali locati con l’opzione della cedolare secca di cui all’art. 3 del Decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23, non pagando l’IRPEF non ha la possibilità di portare in detrazione le spese agevolate con i bonus edilizi.
Stessa cosa per chi percepisce redditi derivanti da interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari per i soggetti residenti ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 1º aprile 1996, n. 239.
Altri redditi soggetti ad imposta sostitutiva e che non danno generalmente la possibilità di portare in detrazione le spese agevolate con i bonus edilizi sono, ad esempio:
- redditi di capitale corrisposti da soggetti non residenti a soggetti residenti ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, del D.Lgs. 1º aprile 1996, n. 239;
- plusvalenze da cessione di immobili, ai sensi dell’art. 1 co. 496 della Legge n. 266/2005, maturate a determinate condizioni;
- plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate.
In alcuni casi, è concesso scegliere tra la tassazione ordinaria e l’imposta sostitutiva. Ad esempio, la plusvalenza determinata con la cessione di immobili potrebbe essere tassata al 26% oppure, a scelta, tassata con le aliquote IRPEF ordinarie che vanno dal 23% al 43%. La scelta non è scontata. Se può sembrare ovvio, ad esempio, scegliere l’aliquota del 26% anziché quella del 35% per redditi tra 28.000 euro e 50.000 euro, non è più scontato qualora ci fossero delle spese per lavori edili da detrarre e non si ha una completa capienza fiscale.
Facciamo un esempio. Il Sig. Bianchi percepisce un reddito lordo da lavoro dipendente per 30.000 euro l’anno e paga imposte per 8.000. Nel 2023 ha ceduto un immobile e ci sono le condizioni per far sorgere una plusvalenza tassabile che, ai sensi dell’art. 68 del TUIR, risulta pari a 40.000 euro. Nello stesso anno il Sig. Bianchi ha realizzato interventi edilizi su un secondo immobile ottenendo un credito d’imposta pari al 110% della spesa per 80.000 euro. In questo caso, occorre pianificare la tassazione valutando l’opportunità di optare per l’una o l’altra modalità.
I dati a disposizione sono i seguenti:
- imposta sostitutiva del 26% su 40.000 euro pari ad € 10.400;
- detrazione IRPEF per superbonus 110 pari a 20.000 euro per 4 anni;
- aliquota da applicare in caso di tassazione ordinaria sulle plusvalenze realizzate pari al 35% per la quota da 30.000 euro (reddito già raggiunto con il lavoro dipendente) a 50.000 euro, 43% per la quota rimanente di plusvalenza di € 20.000. Imposta ordinaria pari ad € 15.600.
Prima opzione: tassazione con imposta sostitutiva. In questo caso, il Sig. Bianchi pagherà 10.400 euro di imposta sostitutiva. Inoltre, potrà detrarre ogni anno dalla dichiarazione dei redditi 8.000 euro di bonus edilizi, quota pari alla sua capienza fiscale. Il risultato è il seguente:
- Imposta sostitutiva sulla plusvalenza = € 10.400;
- Detrazioni ammesse = € 32.000 (cioè € 8.000 x 4 anni);
- Detrazioni perse = € 80.000 - € 32.000 = € 48.000;
- Risultato netto finale = € 32.000 (detrazioni ammesse) – 10.400 (imposta sostitutiva) = € 21.600
Seconda opzione: tassazione ordinaria. In questo caso, il Sig. Bianchi farà confluire la plusvalenza sulla cessione dell’immobile nella sua dichiarazione dei redditi, aumentando la capienza per l’anno 2023. Il risultato è il seguente:
- IRPEF ordinaria da pagare sulla plusvalenza = € 15.600;
- maggiore capienza fiscale per l’anno 2023 = € 8.000 + € 15.600 = € 23.600;
- Detrazioni ammesse = € 20.000 (primo anno) + € 24.000 (€ 8.000 x 3 anni successivi) = € 44.000
- Detrazioni perse = € 80.000 - € 44.000 = € 36.000
- Risultato finale = € 44.000 (detrazioni ammesse) – 15.600 (ulteriore IRPEF da versare) = € 28.400
Pertanto, il risultato è che al Sig. Bianchi converrebbe optare per l’imposta ordinaria in modo da risparmiare € 6.800 euro. Inoltre, scegliendo di portare in detrazione la prima rata che recupererebbe totalmente, il Sig. Bianchi ha anche l’opportunità di cedere le rate residue delle annualità 2024 – 2025 – 2026 in modo da non perdere 36.000 euro per incapienza.
Questo esercizio, francamente complesso per un committente che non si occupa di consulenza fiscale, andrebbe fatto ogni volta che la normativa consente delle opzioni di applicazione della tassazione a cui si aggiungono le detrazioni per bonus edilizi.
Anche il sopra citato “regime forfettario”, scelto da tantissimi professionisti e imprenditori, andrebbe applicato o continuato ad essere applicato, dopo aver pianificato correttamente le conseguenze a cascata che produrrebbe tale scelta in caso di importanti somme di maturazione di crediti d’imposta da bonus edilizi. E ciò vale anche per coloro che già lo applicano da tempo.
Chi sceglie il regime forfettario ha alcune agevolazioni che non sempre sono convenienti. Il reddito imponibile, per esempio, è calcolato in base ad una percentuale forfettaria stabilita per ogni tipologia di attività per tenere in considerazione i costi inerenti che vengono sostenuti durante l’anno. Uno dei motivi principali che mettono in allarme il contribuente è la mancata detrazione degli oneri e, tra questi, le spese per interventi edili sulla propria abitazione come privato o anche sul proprio immobile strumentale con specifico riferimento alle spese di riduzione del rischio sismico, abbattimento delle barriere architettoniche e spese per l’efficientamento energetico, annoverati tra i principali interventi per cui spettano le detrazioni anche per le imprese e professionisti.
Per chi ritiene più importante mantenere il regime forfettario per ragioni contabili o per le minori attenzioni da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sarà d’obbligo un’attenta programmazione delle spese di ristrutturazione che faccia optare per l’attribuzione delle spese ad un soggetto terzo ammesso alle detrazioni sull’immobile (familiare convivente, comodatario, affittuario) e che sia contestualmente capiente. Per chi invece ha motivate ragioni per poter ritornare o optare per il regime contabile ordinario (ad esempio, perché i costi sostenuti fino ad allora calcolati forfettariamente sono ampiamente sotto la media e il reddito imponibile risulta sempre più alto nonostante la percentuale forfettaria prevista dal legislatore), il recupero delle spese da sostenere per la ristrutturazione edilizia potrebbe essere un buon motivo per fare una scelta sensata. Per chi è invece in mezzo al guado (è indeciso se passare da un regime contabile ad un altro e contemporaneamente non ha soggetti ammessi alle detrazioni disponibili a sostenere le spese), la pianificazione fiscale è il passaggio obbligato per verificare qual è la migliore strada per ottenere un risultato conveniente.
A cura di Dott. Luciano
Ficarelli
Dottore Commercialista
Esperto in bonus edilizi
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