Condono edilizio e certificato di agibilità: occhio alle differenze
Il rilascio del permesso in sanatoria non può generare un legittimo affidamento del privato sul sicuro rilascio del certificato di agibilità
Condono edilizio e certificato di agibilità sono provvedimenti diversi e che attengono appunto a differenti idoneità di un edificio alla normativa: nel primo caso, si tratta di riconoscere la rispondenza dell’immobile alla normativa vigente al momento della costruzione e al momento della richiesta del rilascio del titolo in sanatoria, nell’altro invece viene certificato il possesso di requisiti igineico-sanitari.
Abitabilità e condono edilizio: chiarimenti dal TAR
Questo significa che il rilascio di sanatoria edilizia non corrisponde, automaticamente, all’ottenimento del certificato di abitabilità. Lo ribadisce il TAR Campania, con la sentenza n. 3705/2023, con la quale ha confermato l’improcedibilità del rilascio di una SCA su un immobile sanato ai sensi della legge n. 47/1985 (cd. Primo Condono Edilizio) e della legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio), in quanto non rispettava in alcuni ambienti il requisito minimo delle altezze ai sensi del D.M. 5.07.1975, “limiti inderogabili costituzionalmente garantiti".
Secondo il ricorrente, per il rilascio del certificato di abitabilità si sarebbe dovuto applicare non il procedimento previsto dall’art. 24 D.P.R. n. 380/2001(Testo Unico Edilizia), bensì l’art. 4 D.P.R. n. 425/1994, in quanto tale rilascio avrebbe rappresentato il momento conclusivo e perfezionante della procedura volta ad ottenere il condono edilizio in forza del quale il comune avrebbe rilasciato precedentemente la concessione edilizia nel 2022.
Di diverso avviso il TAR, per il quale la tesi della parte ricorrente contrasta con il principio del “tempus regit actum” che impone all’amministrazione di adottare un provvedimento in base alla legge vigente al tempo della sua adozione.
Conseguentemente, non può trovare applicazione il procedimento di cui all’art. 4 d.P.R. n.425/1994 poiché abrogato dall’art. 136 d.P.R. n. 380/2001 e sostituito dagli artt. da 24 e 26 dello stesso Testo Unico Edilizia, in base ai quali, attualmente, la sussistenza delle condizioni di sicurezza, salubrità e agibilità viene attestata mediante segnalazione certificata, da presentare allo sportello unico per l’edilizia entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori, non potendosi, dunque, invocare la formazione del silenzio assenso dell’amministrazione, non contemplato.
Condono e certificato di agibilità: differenti presupposti, differenti permessi
Inoltre, ribadisce il TAR, il provvedimento di condono edilizio e il certificato di agibilità sono titoli aventi presupposti e finalità differenti:
- Il primo attiene all’osservanza delle norme urbanistico-edilizie;
- il secondo, invece, serve ad accertare che l’immobile cui si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme relative alla sicurezza, salubrità, igiene e risparmio energetico degli edifici e degli impianti.
Il fatto di aver ottenuto il provvedimento di sanatoria edilizia non può quindi dar luogo ad un legittimo affidamento del privato circa il sicuro rilascio del certificato di agibilità, ben potendo, ad esempio, un edificio essere conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia (ipotesi che nel caso di specie neppure sussiste, essendo un edificio realizzato abusivamente e solo successivamente sanato) ma carente delle condizioni di salubrità ed abitabilità.
Ne deriva che il tempo trascorso fra il rilascio della sanatoria edilizia e la presentazione della richiesta di agibilità dell’immobile non è un elemento idoneo a derogare al principio di legalità e, dunque, l’eventuale affidamento riposto sulla concessione dell’agibilità è illegittimo e, come tale, non tutelabile.
L’ art. 35 L. n. 47/1985, così come interpretato dalla giurisprudenza, conclude il TAR, respingendo il ricorso, non consente la deroga cui il ricorrente ambisce: “il rilascio del certificato di abitabilità di un fabbricato, conseguente al condono edilizio, può legittimamente avvenire in deroga solo ad autonome e autosufficienti disposizioni regolamentari e non anche quando siano carenti condizioni di salubrità richieste da fonti normative di rango primario”, fra cui anche quelle igienico-sanitarie relative alle altezze minime degli ambienti, previste dal D.M. 5.7.1975.
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Sentenza